
Se ogni uomo sogna d’essere Odisseo, almeno in qualche parte della sua vita, esso porta alla coscienza il desiderio e lo trasforma in agire. È ciò che pensa e fa, questo è la cifra di ciascuno. Nel romanzo “col soffio delle piume” di Francesca Sapienza, l’avventura del vivere è nel percorso apparentemente limitato del protagonista. Non ci sono le grandi distanze ma le “stanze” degli uomini e delle donne che sono oltre i personaggi. Ciascuno di essi incarna la risposta a una domanda esistenziale e ciascuno di essi ha una risposta che s’addentra nello spirito del protagonista. Se Ulisse è un costruttore di cose che sono altro dall’apparenza, maestro d’inganni, il protagonista è raccoglitore di verità che sente diverse da sé, costruttore di barche destinate a percorrere e a racchiudere la vita nel loro interno.
La casa spoglia in cui vive è la raffigurazione del partire. Ogni casa può divenire una stazione e in essa si può accoccolare il possibile, il kairos, ciò che può ancora accadere. Così il confronto con l’inconoscibile, il segno delle piume, diviene un percorso parallelo dove la strada è indicata dalla presenza della proiezione di sé, di ciò che è ancora vincolo per lo spirito, una sorta di discesa senza inferi e dove la forza di Odisseo è quella di conservare il senso del proprio andare. Questo gli consente di navigare con i propri dubbi tra le domande e le contraddizioni degli altri personaggi. Non c’è una verità, c’è una strada, un insieme di debolezze e di ribellioni, di tensioni che fanno vibrare l’aria pur usando parole che sono nel lessico di chi legge. Il protagonista compie un percorso interiore che non finisce, le scelte fatte sono occasione di un nuovo ordine vitale. Come un’analisi ben riuscita, tutto muta ma nulla è definitivo. Questa analisi dell’animo maschile fatta dall’autrice, mi affascina proprio perché nasce in una donna, c’è una pietas che osserva e capisce. Le donne del romanzo sono portatrici di ribellione e di conformismo, ma sembrano cercare più una pace, un consenso interiore che coincide con la sosta definitiva in un luogo, piuttosto che il viaggio. Risolti i problemi che annodavano le loro vite, ora possono essere se stesse. Questo non appartiene a Odisseo, che è un ordinatore, un costruttore, a lui resterà l’andare. Sia pure per stanze, per incontri, per persone che si rivelano spesso altro dall’apparenza, per lui è la strada che scioglie gli enigmi, che concilia lo spirito con la materia, con il corpo. Sono passi successivi che diventano stati di coscienza. E anche quando trova in una persona semplice l’equilibrio del vivere, una piuma gli ricorda che anche quella condizione deve essere in sé stessi, non può copiarla o farla propria perché il confronto è con il proprio profondo.
Il bisogno di andare è il bisogno di trovarsi, di costruire ciò che può navigare nella vita dove lo sconosciuto è sempre un volto di sé non ancora esplorato e con cui trovare una nuova sintesi vitale.
Ho letto e riletto il libro con il piacere della scoperta di sentirlo parlare con accenti diversi. Sono grato a Francesca Sapienza per avermi distolto dalle analisi e dalle vite delle mie letture, portandomi nella riflessione. E questo in un fluire che diviene denso quando le vicende si annodano nel dolore delle storie e nuovamente scorrono nel procedere delle vite. Anche i luoghi della serenità non sono definitivi, ci sono altre tappe da raggiungere. Altra vita da vivere. I disegni dell’autrice sono parte del romanzo, li avrei preferiti senza lo sfondo grigio, in quel bianco che è la pagina non scritta e che incontra i dubbi di chi legge. Credo che ogni lettore possa trovare nella scrittura fluida e apparentemente semplice, il genere che lo rappresenta, perché “con il soffio delle piume” è una guida interiore in forma di racconto, un giallo che ha materia e apparente colpa, un romanzo che conduce per racconti di personaggi che si rappresentano e compongono una coralità. Ulisse non ha nome, è nessuno e quindi tutti, naviga tra le vite e le domande che esse esprimono, è affascinato dallo spirito che lascia tracce e trova in esso la materia per continuare il proprio viaggio, anche dopo le colonne d’Ercole, anche dopo ogni epilogo che non è mai tale finché vita continua.







