Dovrei cominciare con un “ti ricordi”, ma forse non ricordi affatto e tutto si è sovrapposto nell’urgenza di un presente che si racchiude nella triade, desiderio, soddisfazione, tempo. Domani è il primo maggio, una data che da quando è stata conquistata si è privata dell’anno ed è diventata un’icona da vivere come il 25 aprile è l’8 marzo, in libertà.
Lo facevamo anche noi quando ai cortei si sono sovrapposte altre necessità, di amore, di svago, di vacanza prima delle vacanze. Qualsiasi urgenza “vitale” poteva essere spesa in giorni che già avevano il calore del giugno, la sabbia da mettere nelle scarpe, il primo falò e le grigliate notturne con i racconti, i motti di spirito, tutto il teatro dell’assurdo che si consumava in gruppo. Il primo maggio in piazza, con la banda e l’inno dei lavoratori, i discorsi dei sindacalisti poteva essere un preparare la partenza o il sancire il ritorno, spesso il secondo, dopo aver preparato con cura certosina e ilare il ponte al mare che lo precedeva.
Tu nonl ricordi di nulla, hai scelto di vivere altrove e in quella parte di mondo dove si radunano i vecchi ancora desiderosi di essere giovani. Anche lì si festeggia il primo maggio ma sono sicuro che non ci a drai, sceglierai il vestito da mettere alla festa della sera, il ristorante e la compagnia sarà sempre la stessa però priva di ricordi comuni e con un presente pieno di ammiccamenti da vivere.
Non sono invidioso, le vite hanno portato benessere a noi fortunati che possiamo parlarne, non ai nostri nipoti che ancora non si pongono il problema di cosa sia il lavoro e del perché debba avere una festa vista la precarietà che lo circonda. C’è un tempo per ogni cosa, per noi è stato così e il tempo della festa entrava nel calendario come una eccezione che lo muoveva, lo faceva folleggiare, esprimeva passioni che si comunicavano nel privato. Tu la ricordi quell’energia allegra che rendeva possibile ogni cosa, che faceva sognare e toccare con mano il futuro unendolo lieta ente al presente?
Credo che ormai per te queste cose siano mutate in questi gerontocomi dove il mondo è bello, i servizi a disposizione, purché si abbia una rendita sufficiente a pagare la nuova giovinezza. Hanno un effetto annichilente per la memoria ed è giusto che sia così perché gli altri i rimasti, i sopravvissuti, i coetanei a basso reddito si dibattono ancora in problemi e ideali più grandi di loro. Pensano ai figli e ai nipoti, all’ambiente e alla follia della guerra, pensano ai pericoli della tecnologia sen, a etica e all’inflazione che alleggerisce la spesa. Hanno ricordi di cui sono contenti e passioni che non si sono spente, parlano con persone che non conoscono chiedendo della loro vita. Con allegra delicatezza, vivono cercando di capire dove hanno sbagliato perché il mondo non sia migliore. Festeggiano anche se la parola lavoro ha oggi un significato diverso, vanno in piazza, cercano di capire e ancora festeggiano assieme Con i compagni di una vita di battaglie perdute a mezzo.
Fanno cose che ora giudicheresti strane, e ridono con le protesi pagate a rate, ridono perché sperano e non si sono stancati di stare dalla parte che perde ma è quella giusta e così ogni tanto, con fatica vince. C’è un tempo per ogni cosa, verrà il tempo buono che abbiamo preparato anche in quei lontani giorni felici.