È così raro tenere il filo dei ricordi senza tempo,
cucirli d’ordinato andare
mentre gli occhi s’alzano verso il vetro e il cielo.
Dolce è passare il dorso della mano,
e scrivere immemori il vapore,
presi dalla trama delle gocce
che corrono e cancellano la storia.
Pomeriggio d’autunno di cui amare il calore immoto,
è tenera la penombra della quiete prima della lampada,
che rammenta il segno d’un rumore antico.
Il pensiero annusa il tempo
e taglia il cotone con forbice affilata,
attento al gesso dei confini,
per cucire una sorpresa stata.
Come voce nel teatro vuoto,
nella casa dagli accostati scuri,
la notte entra staffilando la residua luce,
il credo dell’amare
è rimasto a guardia del sentire.
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la giovinezza non finisce mai
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Forse perché la giovinezza non finisce mai
il tempo scorre, ma amico a noi rallenta,
e trascina nel vivere tristezze e gioie
che sgorgano in progetti
e incauti entusiasmi,
così si vedono le giornate che aggiungono e poi tolgono,
mai banali per davvero,
mai prive d’un colore, d’uno sguardo che stupisce e allegra,
ed è scoperta d’un vivere
in cui v’è posto per diversa attenzione
e meraviglia.
In questo vivere gli anni,
come costruzione
e attendere ch’essi donino cura,
s’anima la speranza dell’amore.
Sentire di cui si sa molto e nulla,
oggetto per timido timore
d’infingimenti e oneste ritrosie,
ma vitale e vivo, come usa la perfezione senza pretese,
ch’è finestra felice aperta all’aria.
E anche quando l’impalpabile è freddo
Il desiderio alla limpidezza muove gli occhi,
dice che tutto è difficile e promette,
ma che anche il bianco e nero
è così ricco e profondo di colore.
si sta così bene qui
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La sera ghermisce luce e case,
spinge il pensiero dentro bozzoli sicuri,
è l’aria che distrae,
sceglie colori,
coglie attese,
mette improvvisa fretta a gambe e auto.
Nella luce che traccia grumi d’ombra
c’è un riposo del sentire fatto di garza,
pronto a rapprendere in parole,
e sorrisi, e dita che sfiorano le dita.
Parla il tempo con la luce,
ora è foglie e cioccolata,
sussurri ritmati dai cucchiaini nelle tazze,
occhi che cercano,
e la voglia che la notte non porti altrove.
Si sta così bene qui,
tra luci gialle e voci sovrapposte,
si sta bene nel pensiero traboccato,
spanto sui tavolini come sentire.
Immersi in luci che sembrano riflessi
le parole ancora taciute,
sono calde di azzardo e timidezza.
Gli occhi s’alzano,
benedicono la stagione del tepore,
guardano nella via
dove scorrono auto e gambe veloci,
e s’intrecciano I destini
evocati dai portoni aperti con intenzione.
Sopra la città una cupola di luci
tiene assieme ciò che non si conosce
con i sentieri dei corpi e dei pensieri.
Scie scrivono ovunque,
il desiderio di non essere
mai davvero soli.
il vero si nasconde
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I gesti che si ripetevano erano aria smossa
che subito si ricomponeva,
ma serbava memoria
come accade alle cose e ai suoni.
Gli anni chiedono dell’amore,
delle sue occasioni,
a chi accumula tenerezze e malinconia,
e ne tesse abiti per la notte
quando gli occhi guardano il soffitto
e i minuscoli chiarori sembrano lampade
che rivelano il senso di ciò che è stato.
Nelle stanze, sulle pareti
e nelle parole che piano si rincorrono
stanno viottoli nell’erba,
strade senza pretesa che conducono lontano,
vicino è tutto ciò che è pace
nel cuore inquieto il vero si nasconde
ma interroga e conta le albe passate.
e i giorni e le vie percorse,
tra pietre divelte dalla furia del nuovo.
Sui muri il segno aggiusta
l’inquietudine di tante proteste,
e il luogo dove tornare
ha perduto le tracce dei colpi di tosse,
gli scalini scavati,
il profumo di caldo e di cibo, la sera.
Il passo ha il presente e il futuro
e i particolari s’affollano,
vociano e mostrano istantanee
su cui scorre il pensiero
e morde l’assenza.
.
ogni emozione è nuova
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Ogni emozione è nuova,
così la gioia, il timore,
e mentre il nuovo non ricorda,
la passione scrive un nuovo senso.
Mi soffermo per sentire appieno,
sta accanto il ricordo
eppure ogni pensiero scopre
verità prima celate.
E sotto ci saranno nuove verità,
feconde nel far nascere,
accoglienti per scomporre il già vissuto
che da esso vita s’alimenta.
Vedi che tutto s’assomiglia,
ma è se stesso
e nulla si confonde,
ogni filo d’erba nato,
l’acqua nuova, il cielo che la dona,
anche il vento è sempre nuovo
e scava la pietra con rinnovata lena.
Ogni cosa costantemente nasce
ed è la vita il sicuro porto,
il pensiero ch’essa genera,
che guida,
così verrà serenità nel tempo del ferro
e dell’oscuro.
Riconosciamo il nuovo che si mostra,
il perenne dire che non tace
e mentre affossa l’urlo della furia
il suo silenzio affolla per far nascere la vita.
Gentile, la contempla mentre s’appressa,
e ascolta il suo suono incoercibile che sorge.
ci sarà tempo
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Ci sarà un tempo per l’irrilevanza
con il colore che estenua I visi e fugge dalle cose
Ci sarà un tempo in cui si sgrana l’acqua e cadono le pietre,
i nomi sciolgono le labbra
e cio ch’era solido si disfa per suo conto.
Ci sarà un tempo di luce grigia
in cui l’esecrare non avrà più senso,
dei nuovi popoli sarà pronta la memoria
e del vecchio solo polvere per vento.
Ci saranno notti che negano all’anima la luce,
solitudini nel buio che ricama domande accantonate,
e mentre i cani abbaiano lontano,
occhi aperti attenderanno
una fede che cancelli la ragione.
in città l’autunno
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Penso al tuo autunno
così eguale e così diverso,
qui gli alberi ancora sentono l’estate
quella che da te rifulge piena.
La città si è scrollata la calura,
corre nelle gambe degli scolari,
allegri per l’aria e per gli amici.
Nelle strade troppe auto
visi sempre tesi di ritardo,
più tardi aprono i negozi,
ma chi cammina ha una meta, un luogo,
e il passo dell’affanno.
Ci sono da te i ragazzi in strada?
Qui escono alla sera
mentre il rosso nel cielo già s’estenua,
si siedono nei bar, ridono, passeggiano,
I baci non attendono la notte
ed è un scivolar di passi
indifferenti al traffico,
mentre fervono attese e parole sussurrate,
nelle strade colme di chi torna.
Nella mattina I ragazzi erano in piazza,
le bandiere sventolavano,
cartelli e slogan ritmavano l’andare,
loro sentivano le grida da lontano,
l’autunno a Gaza, l’omicidio
che non rispetta l’età e le stagioni.
Avevano Il cuore colmo,
che traboccava rabbia, compassione e pianto,
e hanno camminato a lungo,
gridato e chiesto pace
sino ad essere afoni
maltrattati mai muti.
Con loro camminava l’amore,
felice di aver chiesto vita.
un prisma il silenzio
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Nel consueto persiste una luce
e non si coglie
se non viene mostrata,
è l’intorno che l’aiuta,
un riflesso, un cremisi, un indaco,
qualcosa che tolga
mentre si versa e riempie.
Guarda nello specchio,
oltre te posa lo sguardo e vedi
ciò che da dietro muto ti osserva.
Non è silente, ti scruta,
in te cerca la luce
e ciò che la mostra.
Come fa la roccia prima d’esser capita,
dall’acqua che distrattamente la lucida,
e tra altri infiniti sassi, non s’accorge
che tutti le danno qualcosa
avanti l’esser limacciosa.
Intanto si concede
e scorre spensierata,
felice d’essere sapore e densità,
fresca come il nuovo che si scarta
e ci sorprende ciechi al suo sguardo.
Così ho visto te che bevevi la luce
e il volto troppo schiariva,
pur sorridendo ha i suoi diritti la pelle
e non merita la consuetudine del vedere.
L’acqua era poco distante,
aggiungeva un lampo al pensiero,
e cadeva nel silenzio
ch’è prisma del sentire
mentre scompone suoni e colori:
tenevi il rosso nelle gote
Il carminio delle labbra
e posavi in essi la fiducia del cuore.
allora è musica
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Hanno ossa cave come gli uccelli,
le donne,
e gli servono per volare.
Ma hanno anche i passi del piombo,
le donne.
Il loro cuore muove l’aria e la terra.
Così lasciano impronte profonde
quando non volano,
le donne.
Eppure l’amore sempre le libera,
e dopo il silenzio più duro,
il loro udito si riempie,
coglie i suoni attorno,
li sceglie e mescola
risente la dolcezza dei pensieri.
Il cuore canta ed è musica,
nelle donne.
dove siamo noi quest’oggi
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Nella mattina di luce, l’aereo non scendeva,
volteggiava tra Roma e il Tirreno,
gli dicevano la terra infida e nemica.
Ma può essere nemica la terra che accoglie,
il suo fiorire, la sua solida certezza
che rende l’aria leggera?
Eppure, a terra il buio venne,
e in esso mancava la sostanza del giusto,
ma fu per ciascuno a suo modo.
Molti anni prima, il giorno era lo stesso,
qui era sera e mattina nel Cile,
anche allora parve morisse un mondo.
Un altro mondo, pieno di amore,
non quello che ora scinde
l’inquietudine e l’attesa
e senza sapere per cosa e da chi
continua a tagliare vite e speranze.
S’era aggiunta all’ansia la paura, ma oggi
ancor più,
l’11 settembre ci chiede dov’eravamo negli anni
e dove saremo in futuro,
mentre il timore storce le bocche
scuote capelli e teste.
Non nobis Domine non basta più,
dove siamo noi quest’oggi?