quisquilie

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Mettere a posto un particolare, una cosa minuta che nessuno noterebbe. Prendere qualcosa da uno scaffale seguendo un pensiero. Accanirsi nel riparare un oggetto che non vale nulla, eppure vale. Cose importanti a noi, in quel momento, urgenze che celano la mania. Qual era la mania che ci avrebbe fatto grandi, quella che se portata a compimento avrebbe colmato quella crepa con il noi  irrealizzato? Ed essa che relazione ha con la felicità? La stessa felicità  che s’affaccia quando tutto va a posto e ritrova un ordine solo nostro, una tranquillità e un deporre le armi.

Quisquilie

gaudeamus igitur

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Lionel Barber, il direttore del Financial Times, ha scritto una lettera ai suoi redattori che dice in modo esplicito ciò che sta avvenendo nel mondo della propagazione della conoscenza: la parte cartacea del giornale sarà il risultato della edizione web e non viceversa. Quindi chi lavora nel giornale cambi e si adegui al mondo.

Davanti al Bò, cinque o sei feste di laurea con tortura del laureato seminudo, getti di talco e schiume, canti, un tempo sboccati, che si ripetono senza fantasia. Cerimonie festose di parenti attoniti che saranno seguite da altre tutto il giorno. Ogni anno 7000 laureati. Nel chiostro del cortile antico, tra gli stemmi di professori e studenti di 400 anni fa, un funerale con l’alzabara di un professore. Le feluche nere dei commessi sono attorno in un triangolo perfetto, massonico, gli allievi e gli amici ai lati del cortile. Alcuni studenti hanno i mantelli degli ordini goliardici e i cappelli colorati di facoltà.  Sollevano il feretro tre volte al cielo. Poi passano la mano e cantano il Gaudeamus igitur. Al primo piano del cortile, ci sono le sale museali del Bò che conservano i teschi dei professori che lasciavano il corpo agli anatomisti dell’università. L’anatomia è nata qui. Vicino all’aula magna la cattedra di legno grezzo, dove la tradizione mette il Galilei a insegnare.

Fuori e dentro, speranze e tradizioni fortissime che regolano un mondo a parte, chiuso, dove la cultura si è tramandata, ha creato gerarchie, certezze e rivoluzioni. Ma da troppo tempo non si apre, non abbatte i propri steccati. Il Financial Times sta insegnando qualcosa che riguarda i modi di trasmissione del sapere e ridisegna professioni e modi. In quanti qui dentro si stanno accorgendo che questo riguarderà tutto il modo di apprendere?

Ogni curiosità trova una risposta nei motori di ricerca, manca la verifica, si dice, ma la verifica della rete è superiore a quella universitaria per democrazia e apporti. Ed è proprio il ridurre la cultura a curiosità che sta mutando l’approccio al mondo. Molto è mutato negli ordinamenti scolastici, ma come questi siano in grado di affrontare assieme i privilegi dei detentori di cultura e chi ne fruisce ancora non si capisce. Quel che è certo è che il mondo che vedo ogni giorno passando tra gli edifici dell’università è affascinante proprio per la sua “esclusività” che è esclusione. Extra Gottingam non est vita, ancora attrae, come l’alma mater studiorum, il sapere come sazietà di bisogno di conoscere. Un luogo e una madre che nutre. Solo che all’esterno di quelle mura è avvenuto, e avviene una rivoluzione, i libri si dematerializzano, il sapere diventa altro e ciò che sta dentro quei palazzi onusti di gloria, si avvia a diventare un unico grande museo.

In questo si misurerà il coraggio della sfida dell’intelligenza al mondo: chi saprà per primo interpretare il nuovo e farne una nuova modalità di lavoro anche per la conoscenza, vincerà. Come ai tempi di Marsilio, di Galilei, o di Morgagni, stavolta rovesciando i flussi, non si andrà dal docente, ma questo verrà a chi vuole apprendere. Sembra facile, ma non lo è e sopratutto non ha il fascino e i privilegi di adesso. Resterà la conoscenza come motore. Non è poco.

taxis

Mi piace l’idea che i nostri tassisti prendano nome dai Thurn und Taxis, che oltre a fare gli esattori e i principi (e ospitare Rilke a Duino), gestivano il servizio postale nei paesi del sacro romano impero. Mi piace perché un’ascendenza nobile giustifica l’attaccamento al passato, ai privilegi, mentre il mondo cambia e mette i villani nei castelli. Ma in realtà non è così, e le regole che valgono nel nostro paese, buone o cattive che siano, non sono assolute. Nel paese in cui ero sino a qualche giorno fa, il Senegal,  i taxi erano tantissimi e scalcinati. Si contrattava il prezzo prima di salire, il tempo per arrivare era un problema del tassista. Tutto questo in un traffico caotico, con pochissime norme, e pieno di eccezioni: bastava non farsi male. Questa è una liberalizzazione selvaggia, non priva di fascino devo dire, perché se uno ha i soldi e vuole la macchina bella, chiama un’agenzia specifica, altrimenti tutti uguali nel traffico. Lo stesso sistema non l’ho visto solo in Africa, ma in sud America, in Cina, in medio oriente, nei paesi dell’Est, ecc. ecc.  E non significa nulla, se non che i sistemi non sono immutabili e nessuno è perfetto. Così vengo a casa nostra, premetto che ho conoscenza delle cose come stanno, e quindi mi sono formato un’opinione, che non è più autorevole, ma si può fare. Bene, mi pare sbagliato che una licenza pubblica possa essere oggetto di eredità senza un limite, questo vale per uno stabilimento balneare, per un suolo con diritto di superficie, per un plateatico, ecc. ecc. quindi essa dovrebbe avere una durata, essere onerosamente rinnovata, decadere con il mancato esercizio da parte del titolare, stabilendo casomai, una prelazione nella continuità dell’attività, e così via. E’ troppo difficile? Mah, non credo, se si esce dall’età di mezzo in cui c’erano sì i privilegi regi o papali, ma anche i ducati venivano riconcessi alla morte del duca. Se una persona compra una licenza è per usarla, non per rivenderla. Magari questo principio avrà bisogno di gradualità, e questo va bene, facciamo 5 anni? Poi tutti alla pari e quando l’ esercizio della concessione cessa, farmacie comprese, si va a concorso, magari ricomprendendo una buonauscita per chi cessa l’attività. In realtà quello che non si vuole smantellare è un mercato drogato dove si vende qualcosa che ha un valore fittizio, e per mantenere il quale bisogna che cessi il libero mercato e la concorrenza. Ma se non c’è un cambiamento tangibile, in un tempo certo, come lo spieghiamo a quelli che dovevano andare in pensione quest’anno e ci andranno, forse, tra cinque anni? In realtà alcune categorie, non persone, difendono se stesse a prescindere, oltre il merito e il momento, però credo anche che generalizzare non faccia mai bene, molti tassisti non hanno redditi da professionisti, e casomai bisognerebbe cercare tra gli orafi, i bar, i ristoranti, ecc. ecc. qualche tesoro nascosto. Devo anche dire che i tassisti non hanno fatto molto per far  essere simpaticamente ligi: cosa sono quegli straccetti di carta pubblicitaria, magari di night club, che mi vengono dati per ricevuta? Più di una volta ho dovuto protestare perché non si capiva nulla, oltre l’importo, anzi un abusivo mi ha dato una ricevuta di un’altro taxi, e mica si capiva, il taxi era eguale agli altri,  poi cercando il mio telefonino smarrito ho scoperto che era abusivo. Poi perché il metodo per tariffare una corsa è il tempo e non il percorso? Perché devo pagare l’inefficienza del comune nel regolare il traffico, che è anche quello che mi impone la tariffa. Doppia beffa. E’ ora di stabilire che nessun mercato è privilegiato, che i monopoli non esistono e che gli utenti devono poter contrattare i servizi. Quanto questo costi in termini elettorali ce lo potrebbe spiegare il sindaco Alemanno, ma se i tassisti, i farmacisti, i tabaccai, gli edicolanti, i baristi, i notai, gli avvocati, i commercialisti, ecc. ecc.  sono un’eccezione intoccabile, alla fine sappiamo bene chi resta. Pagassero almeno le tasse fino in fondo, ma neppure questo è concesso verso chi ogni mese scopre che lo stipendio si decurta ed ha il rischio assoluto del licenziamento. Bisogna mettere mano al sistema delle caste, non perché questo ci porterà fuori dalla crisi, ma perché lo stato, le regole, il lavoro, i pesi e i diritti devono essere uguali, altrimenti ogni efficienza, ogni cambiamento sarà impossibile, e la gestione della cosa pubblica dovrà procedere per eccezioni. E sulle eccezioni si reggeva il sistema feudale, non lo stato democratico.

p.s. leggo che nel provvedimento del CdM i taxi sono stati tolti e demandati all’autorità sui trasporti. Tutti bravi a bastonare chi lavora a reddito fisso.