auto recensione

Leggo abbastanza addietro e trovo una scrittura puntuta, asciutta. A tratti nervosa. Ricca di insoluti. Un pensiero che borbotta tra sé e poi esce per incontinenza. Più sotto, sento il raffrenarsi perché dire troppo non conviene mai. Spesso le chiusure si sospendono, lasciano i compiti per casa, le soluzioni aperte. E cosa c’è di meglio di una chiusura che apre?

Gli aggettivi non ridondano, c’è una ricerca delle parole nella memoria, non nel vocabolario, si sente che esse portano ad altro e affascinano. Mancano, o sono rare, le similitudini e quindi è attenuata la voglia di trarre un insegnamento generale dal particolare. L’aforisma però è presente, la sua asciuttezza ammalia lo scrivere. È pur sempre un po’ moralistico, ma ha la funzione di mettere in ordine le idee e aiuta chi si contrappone: a nettezza si risponde con nettezza.

Complessivamente è il giorno a fare da padrone: ciò che accade urge e trabocca. C’è un piacere nell’urgenza, ovvero quello del consumare perché il tempo lineare non concede ripetizioni. Emerge la necessità di avere più tempi a disposizione, e lasciare che ognuno possa dare ciò che può. Sono scritti notturni o diurni, formazione che è salita, con gioie e fatiche inattese. Insoddisfazione, che implica necessità di soddisfare. Perfezione e innocenza per andare oltre alla realtà, così imperfetta e complicata di colpe non sue. Autoironia e consapevolezza dei limiti messi in una tensione febbrile, vissuta molto più dentro che nelle parole che anzitutto parlano al sé. Priorità, per fortuna, alterate rispetto a ciò che conviene ed è utile. La ricerca di un equilibrio non è pace, ma oltre. E in questo oltre c’è il futuro.

menta piemontese

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Doveva essere un caldo terribile quell’anno se la madre di uno di noi, ci aveva lasciato, insistendo molto sull’uso, un fiasco di menta piemontese. Proprio un fiasco di quelli impagliati col tappo di sughero, col cui contenuto avremmo dovuto trasformare ettolitri di semplice, buona, fresca acqua in bevanda dissetante e toglierci la sete de-fi-ni-ti-va-men-te durante la giornata. Proprio così disse: definitivamente. E ci vedeva al sole che sorseggiavamo, finalmente liberi dall’arsura. E invece dopo il primo litro buttato quasi tutto, ne era seguito un altro con l’idrolitina che aveva fatto la stessa fine. E poi basta perché ci riempivamo di birra, cocacola e facevamo mattina raccontandoci quello che avremmo fatto l’indomani, pasticciavamo con patatine, salame e sozzerie, dormivamo fino alle 11 quando in tenda era impossibile stare. Ed era una vacanza epica, sempre pieni di sale e in spiaggia fino a notte, mai nessuno che ti chiamasse, se non per prenderti in giro, mai nessuno che ti dicesse fai questo, fai quello. Avevamo 17 anni, la menta era il legame con la fanciullezza, il sostituto del tamarindo Erba, in spiaggia, il pomeriggio, la mamma e la famiglia. Via tutto, eravamo uomini che ansavano vita vera.

Alla partenza, il fiasco lo regalammo al tedesco della tenda di fianco, e mentre ci salutavamo dall’auto in movimento, alla prima curva, vedemmo che, felice, lo brandiva. E ci salutava. E lo stappava. E stava per berne dal collo una lunga sorsata. Era scritto “soave” sul fiasco e il tedesco non doveva contare molto se la Germania non ha poi dichiarato guerra all’Italia.

palextra

Gli iper determinati spingono il petto in avanti e finiscono in iper lordosi. La velleità in eccesso non fa mai bene, genera chiusura, repulsione, ansia. La spina dorsale assume un arco inverso e trattiene il respiro. 

Una sindrome da tette che non guarda in faccia il portatore, ma solo dentro la sua testa, ché se vedesse la sua faccia nei momenti bui, magari ci ripenserebbe. La sindrome.

Usando la schiena dritta come metafora, m’ aveva colpito, molti anni fa, un modo di camminare da città che proponeva di mettere la testa alla ricerca di qualcosa che si trovava sopra di essa di un paio di centimetri, naturalmente non lo trovava, ma distendeva la colonna ed allungava il collo. Ed aiutava a guardare in faccia le persone. Mi piace ancora l’idea, perché allunga e non si cura del resto che la segue, come un appendersi al cielo. Chissà quanto bene fa al petto, e alla respirazione che si stende verso il basso e poi risale. Chissà?

E la postura dei dubbiosi qual’è? Abbastanza seduta, credo ed in piedi, molto sciolta perché può andare ovunque. Mi viene in mente una donna che fuma, accavalla le gambe, guarda negli occhi e sorride, anzi ride, ma solo quando è ora e lo pensa davvero.