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da qualche parte nascerà

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Da qualche parte nascerà il mondo nuovo,
non dubitatene.
Scorre nel sangue,
s’ annida nei pensieri,
la realtà lo alimenta e lo fa crescere.
Sarà con noi oltre la convenienza,
oltre la cupidigia,
oltre l’egoismo.
I sentimenti hanno misura
solo nell’uomo senza amore
assieme diventano fiume e mare.
E’ un bisogno di vita,
non un desiderio e così emergerà,
prima, come grido di pochi,
poi crescerà
e dilagando farà battere i cuori,
scaldare le tempie.
Farà esercitare le intelligenze,
per mostrare l’evidenza a chi non vuol vedere.


Del resto vediamo, subiamo, sentiamo cosa produce un capitalismo senza dialettica.
Lo viviamo nell’ambiente che si deteriora E ci rifiuta, nel lavoro che manca, nelle crisi che non trovano soluzioni, nel distacco sempre più forte tra chi ha e chi non ha.
Lo sentiamo nei diritti che si affievoliscono, nell’uomo che conta meno del denaro, lo vediamo nella diseguaglianza che cresce, nella povertà senza riscatto, nella ingiusta lotta tra poveri per strapparsi un diritto.
Perché consumata la democrazia, il rispetto, la dignità degli uomini, il denaro lucra sulla crisi, sulla salute, sui settarismi, sull’intolleranza.


Nascerà da qualche parte, avrà un nome antico, rivoluzione, e parlerà ancora con parole antiche: uguaglianza, fraternità, libertà, ma tutto sembrerà nuovo a chi lo vivrà.
Non è una speranza, è una certezza, è sempre stato così, la storia non si ripete ma obbedisce alla spinta verso l’essere assieme, verso il costruirla assieme.
Non prevalebunt è l’equivalente del no pasaran, sempre le stesse parole, sempre gli stessi bisogni.
Profondi, radicati, incoercibili, certi.

25aprile25

IL 25 APRILE DI SINISTRA FUTURA

appello a chi ha smesso di pensare che le cose si possano cambiare

Appello ai compagni che non votano o che lo fanno senza sperare

Care compagne e cari compagni, ormai da molto tempo la Sinistra vive di insoddisfazione, di battaglie insufficienti, di una lenta perdita dei diritti faticosamente conquistati in anni di lotte che avevano cambiato, la cultura sociale del paese.

I milioni di voti perduti dal Partito Democratico negli ultimi 10 anni testimoniano un ritrarsi nell’ombra delle speranze, degli ideali, delle motivazioni forti che sole potevano e possono cambiare la condizione sociale del nostro Paese e di chi lo abita. Partiamo da questa constatazione per vedere la condizione della sinistra in Italia e in Europa, dove il calcolo politico e l’indifferenza, non colgono il futuro comune in una visione di speranza di pace e di benessere.

Tutto questo ha permesso alla destra neofascista di conquistare la guida di Paesi che si dovevano considerare immuni da questa minaccia proprio per le sofferenze patite nell’ultima esperienza dello scorso secolo, quando l’intera Europa fu travolta prima dalla destra e poi dalla guerra che ridusse in macerie famiglie e continente.

Oggi abbiamo una guerra alle porte di casa, dentro l’Europa. Nel mare Mediterraneo si sta consumando il genocidio che riguarda il popolo Palestinese e che travolge i popoli vicini.

Questa minaccia non ha raccolto, né provocato una sufficiente reazione nella Sinistra di popolo, quello che ancora vota e quello che più non vota.  In Italia solo la CGIL sembra aver compreso appieno che le condizioni di vita di larghe fasce della popolazione sono precarie e che la guerra è un male assoluto. Le parole di Landini hanno posto il tema che non solo è possibile protestare ma che la protesta deve avere la forza necessaria per raggiungere obiettivi che migliorino e cambino questa società così diseguale, guerrafondaia, insensibile ai bisogni delle persone.

È possibile cambiare la società senza cambiare la Sinistra? La risposta è no, ma non possiamo attendere che siano altri a farlo o peggio, che sia il tracollo economico ambientale a determinare il cambiamento.

Cambiare la società, ovvero far sì che essa risponda a quei criteri di solidarietà, giustizia, libertà come parte di tutti gli uomini e che sembravano acquisiti come cultura politica, non può essere delegato se non alle persone che ancora credono che sia possibile fondare su questi principi la pace e la convivenza tra i popoli.

Abbiamo innumerevoli problemi davanti, primo fra tutti quello di far tacere le armi, di facilitare un nuovo ordine mondiale fondato non più sulla potenza, ma sulla pari dignità dei popoli. Ma la pace così urgente per le sue conseguenze catastrofiche, per il dolore che genera, per l’odio che radica, non può essere disgiunta da un prendersi cura della vita propria e delle altre persone nel territorio in cui si vive.

E non basta: occorre parlare con chi ci è vicino, non rinchiudersi in se stessi o in piccoli gruppi che la pensano già allo stesso modo, bisogna parlare con il diverso da sé, rompere la crosta del sentimento di sconfitta storica o ancor peggio, dell’indifferenza verso ciò che accade appena fuori delle nostre case.  Bisogna soprattutto fare quello che la sinistra a volte si scorda come ragion d’essere : parlare con gli ultimi, i non garantiti, i più deboli e convincerli ad unirsi e a lottare

Se Sinistra non è politica che persegue il benessere e lo vuole come diritto comune, se non rifiuta il potere discriminatorio nell’accesso ai diritti fondamentali che conservano la vita e danno dignità alla persona, se non crede possibile crescere rispettando l’equilibrio con le altre specie e il pianeta, a cosa serve?.

Sentire tutto questo come problema personale e comune significa partecipare alla politica e non più turarsi il naso ma votare, urlando la nostra insofferenza per l’insufficienza e la qualità della rappresentanza.

Non si scappa davanti all’avversario se si vuole affermare un’idea differente di società, di rapporti, di vita. La Destra non è stata mai forte come adesso. Cambia le menti e la storia.  Parla di una crescita  e chi lavora si impoverisce, confonde i bisogni e i diritti con la carità. Mantiene e accresce i privilegi. Accentua le differenze, demolisce lo Stato sociale fondato sulla soddisfazione dei bisogni eguali che danno libertà e dignità alle persone. La sanità, le pensioni, l’assistenza, la scuola, il lavoro, la giustizia, la libertà di manifestare il proprio pensiero sono elementi della società di eguali oggi sotto attacco.

Pensiamo che se i nostri territori verranno consegnato alla Destra, come ormai da troppo tempo sta avvenendo, vivremo in un mondo migliore?

La risposta è NO, e si deve impedire con il voto che la Destra conquisti regioni come l’Emilia Romagna oppure l’Umbria, ma allo stesso tempo deve restare alta in noi la consapevolezza che non basta votare, che la Sinistra istituzionale deve mutare sé stessa e riportare al centro della politica la persona e i suoi diritti, sia nel territorio che nel mondo.

Nessuna alleanza elettorale giustificherà che poi si taccia di fronte ai diritti affievoliti o negati. Il problema oggi è far sì che la rappresentanza corrisponda alle parole e ai bisogni, che essa sia radicale.

Avere una prestazione sanitaria dal servizio pubblico, adeguata e in tempi certi, è un bisogno radicale non solo della persona ma dell’intera comunità.

Così come avere un lavoro che permetta di mantenere la propria famiglia e sé stessi, in condizione di dignità, riaprire la possibilità di avere un’ascesa sociale come diritto dell’ingegno e della capacità, sono parte della ridiscussione dell’economia, di come dev’essere il lavoro, ovvero, sano, equamente pagato, stabile, sicuro, sufficiente per sopperire ai bisogni di chi lavora e della sua famiglia. E questa ridiscussione, rispetto ai termini ormai abusati che provengono dall’ interpretazione neoliberistica del significato del produrre, deve essere patrimonio di una nuova Sinistra che metta insieme chi crede in una società diversa.

Patrimonio della Sinistra è l’insieme dei valori, delle volontà, delle rivendicazioni, delle proposte che consentano la partecipazione di chi ha voglia di cambiare. Il bisogno di una nuova Sinistra, nasce da chi non vota più ed è insoddisfatto. A queste persone, si devono unire i compagni e le compagne che all’interno dei partiti cercano di proseguire gli ideali per cui hanno lottato l’intera vita. Si deve trovare una nuova risposta politica in una aggregazione che parte da quello che esiste ma che non può fermarsi ad esso.

Senza una nuova Sinistra non cambia né il Paese né la condizione di bisogno in cui vive una parte sempre più importante dei cittadini, non si abbatte il muro dell’indifferenza.

Sconfiggere la Destra, perseguire la pace come bene supremo, praticare il rispetto dell’umanità non sono più una priorità per tanti che prima votavano a sinistra e questo è grave perché toglie la consapevolezza che in un mondo globale ogni dominio è interconnesso, ogni pericolo è comune. Abbiamo bisogno oggi più che mai che il nuovo si costruisca all’interno di una Sinistra Nuova.

I liberi, i forti nelle convinzioni che cambiare è possibile devono prendere le ragioni dei deboli in una visione che parte dai propri territori e che guarda lo stato del mondo.

Queste sono tra le ore più buie che ne abbiamo vissuto negli ultimi anni. La vittoria di Trump negli Stati Uniti, l’avvento incontrastato di nuovi poteri, testimonia la sconfitta del Partito Democratico che ha abbandonato il suo elettorato, il suo popolo. C’è una simmetria in ciò che accade quando un abbandono priva della speranza del cambiamento e tra chi si è sentito tradito. Tra questi ci sono i lavoratori che ora credono che il loro bisogno dipenda da chi è più povero di loro. Non sappiamo cosa farà la nuova presidenza degli Stati Uniti, ma vediamo cosa fa la destra in Italia e in Europa.

Grave oggi è il dire che non dipende da noi. Che il governo di destra si spera non porti il peggio. La destra porterà la sua natura ovvero il potere dei pochi sui molti e la soggezione di ogni libertà che lo metta in discussione

Ma noi possiamo vivere nella speranza che ciò che accadrà non sia peggio? Sarebbe la speranza della disperazione. E la Sinistra non può vivere di essa, oggi deve affrontare quella grande prova che non finisce e che è quella di trasformare la società perché essa risponda all’umanità e ai bisogni che esistono in ogni singola persona.

passerà…

C’è una parola veneta, transete, che probabilmente deriva dal latino transeat, ed esprime il portar pazienza, il farsene una ragione. Credo sia un sentimento comune che, ad onta delle dichiarazioni roboanti della destra, coinvolge il Paese e i suoi abitanti. Però questo attendere che passi, non ha la filosofia e gli occhi antichi di chi ne aveva viste tante e sapeva che anche i forti, gli arroganti, i dominatori, passavano davvero, ma è più una sfiducia sulla possibilità di cambiare. La mobilità sociale non esiste più, i dati sul l’occupazione migliorano ma se si guarda a cosa c’è dietro, oltre al modo di rilevarli ( basta che una persona lavori un giorno a settimana per definirla occupata), c’è un mondo di voucher, di lavori presi e lasciati, di nero, di precariato senza speranza e un terzo dei giovani senza occupazione. Questo non è un dato transitorio, ma ormai strutturale se non si interviene sulle modalità di lavoro. Il sud cresce più del nord, è un buon segnale ma significa anche che il nord non cresce più, che le banche cedono i crediti difficili, cedono i prestiti fatti alle aziende in difficoltà e le condannano a morte. C’è un corpo ferito che aspetta succeda qualcosa che lo riguardi davvero, che il profluvio di parole porti via la spazzatura della corruzione, dei furbi che infestano ogni angolo di vita. Aspetta attenzione questo nuovo proletariato senza prole, ma non fa, non si muove.
Un politico che stimo, ai suoi tempi democristiano, si chiedeva qualche giorno fa, cosa fa la sinistra di fronte ai grandi problemi dell’immigrazione, della povertà crescente, della sanità negata, dell’insicurezza diffusa. Diceva che una risposta la destra la dava togliendo libertà e promettendo l’impossibile a tutti per premiare i pochi, ma mancava la risposta della sinistra, che non può essere che nuova e diversa dal passato. Parlava del PD e il PD non è la sinistra ma al più un centro riformista che contiene pulsioni minoritarie di sinistra. E allora la domanda è: cosa fa il centro riformista di fronte a questi problemi, come pensa di rispondervi? Ancora con un neo liberismo che è l’antitesi del cambiamento reale dello status quo? Molti sono stanchi di parole, di obiettivi fasulli e non può essere il solo sindacato, la CGIL a coniugare la politica alla sofferenza sociale.

La risposta alla precarietà, latita e prende forma l’accettazione di una normalità, dove è solo il merito non il diritto o la dignità a cambiare le vite, è una non risposta perché quella normalità è l’omissione della gravità dei problemi e la difficoltà della loro soluzione. La normalità in un mondo globalizzato e interconnesso, cos’è?
Far finta di niente e sperare che passi, ma se non passa? Una ricetta sull’affrontare l’ineguaglianza crescente, l’impoverimento delle classi medie, l’illegalità e la corruzione come prassi economica e sociale è stata proposta dalla sinistra radicale europea, Pichetty  ha trovato modo di rappresentare correttivi economici in tempi moderatamente brevi. Altra sinistra si sforza nel mostrare una realtà che vuole mutare in tempi lunghi e azioni costanti di riequilibrio sociale, economico. Ma questo elettoralmente non paga, chi vuole passi la nottata, lo vuole subito e soprattutto non ha intenzione di coinvolgersi se non vede certezze nel mutamento. Così il problema non sono le proposte ma quanto queste possano diventare un orizzonte condiviso, un modo per costruire le vite. Ripeto bisogna chiedersi cos’è la normalità e se quella attuale è quella che vogliamo conservare. Questo è il tema della sinistra, anche per tutti quelli che seppelliscono l’insoddisfazione in un’ attesa catatonica di qualcosa che comunque verrà ma non sarà quello che si voleva perché fatto da altri e per altri fini.

P. S. Cara Elly a calcio, in una partita di beneficenza, si può esultare con Renzi ma per fare riforme radicali che cambino davvero la vita delle persone e le convicano che la sinistra è alternativa alla destra, bisogna giocare con altri giocatori.

umano non è mai troppo

75 anni di speranza senza mutare il mondo

Ormai certe notizie non riesco più a leggerle, c’è un limite al sapere quando si sa che l’orrore corre e che non c’è più pietà. Mi chiedo come quei soldati, quegli uomini riescano a non vedere ciò che vedono, a fare ciò che fanno. Quale ideologia stravolga così tanto l’umanità, ciò che si è considerato giusto, rispettoso delle vite.

Noi viviamo lontani e vicini e percepisco una dimensione di disillusione nel futuro, che si è interrotta l’attesa del meglio e con essa la sospensione del giudizio. Sostanzialmente con il mutare dei governi non è mutato nulla per l’umanità crudele ma anche per gli aventi bisogno di una prospettiva positiva che cambi la visione del mondo e nel piccolo, la situazione del lavoro, del benessere familiare, mentre i furbi traccheggiano come prima. Si va consolidando e purtroppo accettando, la novità del presidente del consiglio, donna di destra destra, che porta avanti una politica liberista di destra, con continui annunci di distrazione dimassa a fronte di una realtà pessima, nazionale e internazionale. Provate a pensare a cos’era l’Europa fino al Covid, pur con le sue crisi e iniquità era un protagonista della politica internazionale. Ora non esiste più un leader, una nazione guida, un patto di crescita mentre ci sono nazioni un tempo traina ti in recessione, la Brexit è stata derubricata da problema continentale di libero scambio, la dipendenza e l’ossequio verso gli Stati Uniti si è trasformato in appiattimento politico e industriale. L’Europa è un insieme di stati dipendenti che accettano l’idea della guerra e della propria distruzione. Pazzia, ancora pazzia oltre l’inanità.
La politica nazionale d’opposizione è sempre in frenesia elettorale e mai attenta al cambiamento delle necessità di chi è in sofferenza. I silenzi del presidente del consiglio sulle derive para fasciste vecchie e nuove, sono ancor più evidenti nel clamore competitivo delle singole forze di questo governo e la narrazione fluisce nel disincanto di una opinione pubblica inerte e atona. Si capisce che ciò che si decide in Italia al più compiace i mercati, segue la corrente ma non la dirige. Se si pensasse a ciò che si spegne e a ciò che si accende, in termini di speranze di futuro positivo il bilancio sarebbe impietoso dal punto di vista del cambiamento. Continueranno a darelper tutti, i soliti noti.
Sostanzialmente, oltre la deriva di destra culturale e ideologica, il governo è neoliberista come purtroppo quelli che l’hanno preceduto, ma con una accentuazione nuova che toglie la speranza di cambiamento:accelera la privatizzazione dei diritti, muore lo stato sociale e questo avviene con la sola protesta del sindacato. È neppure tutto, mentre l’opposizione non riesce neppure a contrattare un salario minimo di 9 euro. Gli aventi bisogno avranno sempre più bisogno e meno prospettiva di mutare le loro vite. Se si pensasse a ciò che si spegne e a ciò che si accende il bilancio sarebbe impietoso dal punto di vista della partecipazione.e solo una rivendicazione radicale dei diritti e della dignità dovuta a ogni uomo di questo Paese, di questa Europa, di questo mondo potrebbe ridare speranza. Si celebrano i 75 anni della dichiarazione universale dell’O.N.U. per la pace e i diritti umani ma ciò che accade nel mondo, a Gaza, è morte, distruzione di speranza e di vita, è il fallimento di una speranza.

75 anni di promessa di eguaglianza, di riconoscimento di diritti fondamentali alla vita e alla dignità di ogni essere umano spente nelle mura, nei reticolato, nelle avi affondato, nelle frontiere bloccate alla pietà, nelle bombe intelligenti, negli odi a cresciuti, delle diaspore e nei genocidio, nel benessere stivato dove non c’è bisogno, nella realtà occultatano, mutata, smentita, resa virtuale così il dolore altrui non si percepisce. Non c’è nulla da celebrare se le parole non diventano sostanza e vita, dignità e possibilità concreta di esistere. Non si può celebrare nulla se l’ingiustizia, l’arbitro, la discriminazione regnano e regolano i rapporti tra stati e tra uomini.

Ogni parola diviene ipocrisia, ogni fascismo, dittatura, libertà violata, compatibile con una politica che mistifica la realtà e pone la domanda:volete ciò che avete oppure che vi sia tolto?

lo stato che predica bene e razzola male

Nella solita ripartizione tra trasgressivi e benpensanti, in particolare nei governi che mettono la famiglia come centro del loro interesse si sorvola comunque su un fatto, che in questo paese ci sono più sepolcri imbiancati che chiese, che abbiamo tristi primati di turismo sessuale, che non esiste una educazione ai sentimenti che faccia bene all’amore e ai rapporti di coppia. Tra poco mi aspetto che torni alla ribalta il tema della prostituzione, perché non solo esiste, ma riguarda almeno 6 milioni di clienti, e un numero che si avvicina alle 100.000 prostitute, con un fatturato di almeno 90 milioni/mese esentasse ma rilevato in parte nel Pil. Quindi affrontare temi etici, portando alla luce la realtà non è una caratteristica della politica che ha sempre un doppio binario tra le virtù civili e morali e il laissez faire della pratica comune. Questi ultimi 30 anni non hanno chiarito la vita sociale, se non per il fatto che l’etica si basa sul potere e così hanno glorificato il furbo, il potente, colui a cui tutto è permesso perché neppure l’infrangere la legge alla luce del sole è un limite se si hanno buoni avvocati e prescrizioni favorevoli. A volte basta chiudere un occhio, a volte entrambi per non cogliere le contraddizioni, come tutti fossero conniventi e nulla di ciò che viene detto avesse un qualche valore civile. Siamo lo stato dell’etilometro che impone la tassa sull’alcool, che lucra sul fumo, che guadagna sui carburanti inquinanti, che ha un tasso di corruzione elevato e diminuisce i controlli, che respinge in mare gli emigranti e non controlla le disumane condizioni di lavoro di molti di essi nell’agricoltura, nella logistica, nei servizi. Un sentire comune si è fatto strada ovvero che la legalità sia un optional, che la sicurezza riguardi solo alcuni e alcune parti del paese, che i servizi pubblici che rendono eguali i cittadini possano diventare accessibili solo per chi può pagarli.

Viene da chiedersi se l’unico discrimine non sia etico o civile (qual è il grado di civiltà di un paese che dice una cosa e ne ne permette un’altra), ma basato sull’utile che può essere tratto da una pratica di massa, da un sentire comune che rende prioritario il proprio desiderio o tornaconto e neppure esamina come evolve la libertà individuale e quella collettiva secondo regole che devono essere comuni. Non si può discutere di suicidio assistito ma si può rendere la sanità e il sociale così impervio per i 10 milioni di poveri o quasi tali, da non poter accedere in tempo alle cure o vivere una vita dignitosa. In questo pervertirsi del bene comune, della politica come servizio ci sono le deviazioni di una intera comunità fatta di eccezioni e non di regole. Anche in passato ci sono stati tempi terribili e bui, ma ciò che mi sorprende è che l’indignazione si sia smarrita, che comunque tutto diventi normale e sparisca il legante sociale. Nelle fiabe si dice la verità, il re è nudo, nelle nostre fiabe, la realtà scompare e con essa ciò che ha valore e può far crescere un popolo, una comunità.

apolidi in patria


Alcuni di noi, io ad esempio, abbiamo una Patria, un paese che amiamo, una cultura comune. Sappiamo cose, magari non tutte così precise, e non tutti le stesse. Ci formiamo idee, un’analisi della realtà, pensiamo soluzioni. Di sicuro non abbiamo, da molto tempo, verità assolute e il relativo ci sembra un buon modo per accogliere differenza e ragionamento contrario, ma pretendiamo rispetto. Per i principi fondanti, ad esempio, che se tali non sono il palazzo sociale barcolla, non è più casa comune e a che serve un paese se non ha principi, rispetto e solidarietà? Ciò vale per noi e per chiunque. E nel rispetto sono comprese le regole che devono valere per tutti, prima tra tutte la verità dei comportamenti. Per questo e per altro, non ci piacciono i furbi, quelli che dicono una cosa e ne pensano un’altra, quelli che cercano di fregarti dicendo e ritrattando. E neppure gli arroganti ci piacciono perché usano la forza per imporre verità non vere. Non ci piacciono gli irresponsabili che dicono cose che non faranno, oppure fanno guai e li attribuiscono ad altri. Non ci piace chi la racconta pressapoco, chi imbonisce, chi prende in giro la speranza comune di star meglio.

Sappiamo che la colpa di ciò che accade non è sempre altrove, che un motivo per tutto non giustifica niente, e quindi facciamo autocritica. Spesso. L’onestà ci sembra una precondizione in ogni rapporto, e non è un fine. Bisogna essere onesti, anche con se stessi. Vediamo i nostri limiti, sappiamo che sono importanti, però abbiamo sogni grandi e piccoli, vecchi e nuovi. Sappiamo che il mondo è complesso, che bisogna semplificare le cose per capirlo, ma nessuno di noi banalizza la realtà e sappiamo che semplificare è difficile e non lo si fa a colpi di slogan e tanto meno con l’accetta. Pensiamo che ci sia un primato del capire e dell’intelligenza nel fare, e che quest’ultimo abbia bisogno, almeno, di essere pensato.

Siamo stanchi degli annunci, vogliamo partecipare e l’abbiamo sempre fatto. Oggi siamo coscienti che i problemi sono la pace subito in Ucraina e altrove, prima che deflagri il disastro. Vediamo il pianeta che degrada rapidamente e crea nuove povertà oltre al pericolo di annientare la specie. Cogliamo nella realtà la società che non rispetta i principi, che pochi sono molto voracità e generano diseguaglianza, affievolirsi della solidarietà, corruzione, malaffare. Pochi che interpretano la legalità e il rispetto delle regole solo a loro favore e tolgono a tutti parti importanti del bene comune. Essere umani, vivere assieme in libertà ed eguaglianza non sono parole devono valore ovunque e comunque.

Per noi le istituzioni non sono immutabili, ma sono il nostro patrimonio e baluardo democratico comune e quindi pensiamo si debba agire partendo dal rispetto del futuro e del presente nel modificarle, che ogni fascismo debba essere bandito dalla concezione individuale e collettiva, che ciò che è stato conquistato a duro prezzo di sangue e sofferenza, libertà e democrazia, eguaglianza ed equità, legalità e dignità umana siano fondamenta intangibili della casa comune.

Abbiamo un Paese che amiamo, una cultura e volontà comuni e non siamo pochi eredi di quella che non a caso si chiama lotta di Liberazionema, non abbiamo più una parte sociale e politica forte che riconosca che le fondamenta comuni vanno sempre difese. Temiamo di non avere più un partito in cui riconoscerci e pur essendo tanti, ci sentiamo soli in questa lotta dove resistere è la condizione per non sentirci apolidi in Patria.

lettera dall’insoddisfazione di come cambia il mio mondo

buon giorno Amico mio. Ogni mattina quando leggo i commenti alle “imprese dei nostri” del giorno precedente ho l’impressione di un cupio dissolvi illimitato. All’incapacità di mettere d’accordo ciò che si dice con ciò che viene fatto e di usare parole civetta come costituente per mascherare ciò che non si vuol mutare ovvero la gestione del potere interno e la congruenza di questo con gli ideali professati. Questo mi fa stare male senza ragione che lenisca, nè la speranza soccorre che questo mal stare finisca presto. Appena fuori di queste baruffe banali ci sono questioni grandi e davvero epocali, omesse o affrontate con sufficienza: la fine dellea guerra e la pace come necessità vitale oltre che bene politico comune, il cambiamento dell’atmosfera e il suo inquinamento che mette a repentaglio le specie, anche la nostra, la crescita di un capitalismo vorace, senza limiti, che è più forte di ogni logica, divora diritti, dignità umana oltre alle risorse del pianeta. E poi la corruzione dilagante, sotterranea, fatta di furbizie e di colpevole disattenzione. Ti sei mai chiesto perché le tasse vengono evase in misura abnorme, perché c’è tanto lavoro e prodotto nero non perseguito? Perché è consustanziale al modo di pensare il rapporto con lo stato e con gli altri cittadini, perché i servizi non si vuol capire chi li paga, perché arricchirsi comunque è una virtù sociale. Ma non tutti la pensano così, non tutti si comportano in questo modo altrimenti non ci sarebbe Stato.

Ti sembrerò troppo romantico, ma anche in questa debacle della sinistra, che troppo spesso scambia i diritti per concessioni e usa quella maledetta parola: compatibilità per togliere anziché dare, ancora credo in un paese buono, dove esistono buone pratiche e persone che le perseguono. Dove i peccati veniali per chi crede, sono piccoli rimorsi per chi non crede e li spinge a migliorare. Credo in un paese che vuole cambiare e non sa come, dove le persone non capiscono più chi fa il loro bene ma vogliono vivere ed ogni giorno si misurano con problemi concreti. In più credo che le persone che conosco siano frequentabili, ovvero che abbiano un codice etico simile al mio e che quelli che non ce l’hanno non meritano la mia amicizia.

Ma credo anche che sia stato fatto molto danno dal punto di vista morale e che la maggioranza di questo paese, pur con l’impegno di papa Francesco, abbia sviluppato un relativismo etico importante sui problemi veri e nel rapporto con chi ha meno. Un relativismo che smorza le coscienze e gli atti quotidiani nel decidere, che inficia il concetto di legalità, toglie il senso di appartenere allo stesso paese. Ma ripeto, per me questo non è un paese di malfattori ed ogni giorno nella scuola, negli uffici, negli ospedali, nelle fabbriche, gran parte delle persone fanno quello che serve a mandare avanti la nave. Quella in cui siamo tutti. Credo anche che la sinistra nelle sue colpe e omissioni non abbia intera la responsabilità di ciò che accade a chi è più debole e ti dirò di più, penso non ci siano partiti di malfattori, ma malfattori che si servono di partiti. E che questo, nonostante tutto non sia così forte da essere la prassi che non si può cambiare. In sostanza penso che mettere un’etichetta impedisca di vedere davvero cosa c’è sotto.

Vorrei, non desidererei, dare un senso costruttivo a ciò che faccio assieme ad altri, partendo dalla mia vita, da ciò in credo. Una prospettiva, un orizzonte o cui camminare. Non mi importa di zigzagare, di fare più strada, ma una direzione serve. Questo vorrei e forse molti altri lo vogliono. Io credo in quelli che fanno le cose gratis, che, se hanno obbiettivi personali, sono leciti, e credo siano tanti. Quelli che pensano, come noi, che il bene di tutti non sia una cosa astratta, ma una parte della vita dei singoli, che la vita sia preziosa e che non deve dipendere da un pezzo di carta e che chi condanna a morte chi cerca un futuro per sé e per i propri figli, commetta un assassinio. Mi interessa sempre meno il nominalismo della politica, del Pd o di altro, non mi interessano i congressi in cui non viene proposto un futuro, atti concreti da perseguire per risolvere i problemi quotidiani, mi interessa una ragione al fare e non la mia demoralizzazione quotidiana perché il mondo non è come lo vorrei. Vorrei cambiare, cambiare il mondo, amico mio, un poco, quello che è possibile, non fare il cronista del mio tempo.