Quante volte me lo sarò chiesto a fronte dei silenzi e degli equivoci, delle parole ricevute per rasserenare ciò che non si rasserena. La risposta, poi, avrà abbozzato, oppure tirato in lungo fino a trovare una ragione per tornare a scrivere e raccontare le stesse diverse cose che tanti hanno vissuto, ma ciascuno a loro modo. Le vite si assomigliano, ma non tanto. Pare che l’ominide si sia affrancato dalla condizione di branco esposto ai capricci del fato attraverso il raccontare, che questa sia stata pian piano l’origine di una consapevolezza superiore, di una coscienza che evolveva. Quindi è una perdita quella del non saper più raccontare e se altri sono i modi per trasmettere conoscenza, nessuno ha le peculiarità di un dire che è come il DNA, unico. Non significa che sia buono o cattivo, è unico, il giudizio sull’abilità e sull’eccellenza viene poi e quelli che davvero sanno raccontare e trasmettere il sentire sono pochi, ma ciò non può elidere la necessità del dirsi.
Nei pomeriggi in cui leggevo sino ad avere le guance che scottavano, quando scrivevo versi senza un senso che non fosse mio, sentivo il tempo che premeva ad una porta che avevo chiuso. Sapevo che sarebbe entrato avvolgendomi di colpe per il “dovere” trascurato, per i compiti che attendevano assieme allo studio. Allora uscivo nella sera e cercavo, nei visi, nelle luci che si accendevano fioche (in quel tempo non si illuminava molto), una conferma della tristezza che montava dentro, nata in un dividere ciò che desideravo da ciò che era necessario. Volevo che ci fosse un barlume di condivisione in quei passi veloci verso casa, in quel soffermarsi nei negozi per l’ultimo acquisto. Sembrerà strano ma vedevo solo nei seduti ai tavolini dei bar, le vite che erano rifuggite da un senso che fosse comune. Parlavano, ridevano, sciupavano il tempo senza timore, erano spenditori di parole vacue, di racconti quasi verosimili, ristretti a un uditorio di due o tre sodali attratti più dagli aperitivi e dalle patatine che dalla qualità delle storie. Erano perditempo, anch’io lo ero e se rivendicavo una differenza, era in un sentire e in una solitudine generata dal non poter comunicare ciò che mi sembrava grande e forte, mentre mi avrebbero chiesto conto di ciò che non facevo.
Anche oggi mi accade e lo sento più acuto perché i doveri non ci sono più, una buona parte del vivere ha avuto il suo senso e le sue scelte, se scrivo da troppo tempo conosco il mio limite e la sottigliezza che rende grandi, so che non è la combinazione delle parole ma la forza che esse emanano a condurre verso una meta, colui che legge. Allora mi chiedo, non se ne sarò mai capace, delle mie limitatezze ho coscienza, ma se il luogo sia adatto, se la fatica che impongo all’eventuale lettore, ovvero quella di capire non solo il senso, ma ciò che sta oltre lo scrivere, sia giustificata.
Chi scrive è un’anima persa, che è vibrazione e rappresenta la tensione del diventare materia, ma all’inizio è unicamente vibrazione. Questi sono i sentimenti a senso unico se si provano davvero e scrivere è un sentimento a senso unico. Non ha alcuna utilità apparente, scrivere, molto soddisfa quando trova chi lo comprende ma è una voce senza risposta. Il narcisismo lo si può mettere da parte, non è mai stato amore, la comunicazione profonda è altra cosa, ricevere un complimento fa e dà piacere, ma si esaurisce in attimo. Cerini che rischiarano angoli di notte. La scelta è sempre tra stare e andare sapendo che l’una equivale l’altra, che un’assenza viene rimpiazzata da altro e che solo pochi, pochissimi, conserveranno una traccia di ciò che è stato un sentire rivestito di un corpo invisibile. Così si decide se andar via, con difficoltà e trovando ragioni per restare e parlarsi addosso, perché un distacco è una fatica e una solitudine che si aggiunge.
Però c’è il mondo reale e questo ha urgenze che esulano dai perditempo, dallo scrivere e dal solipsistico vedere il proprio sentire tradotto in parole. Strana condizione quella di un mondo che esalta i rapporti e usa a man salva nella pubblicità i sorrisi, le immagini serene che traboccano nelle felicità e al tempo stesso colloca tutto questo in una sorta di meta universo perché poi viene il telegiornale oppure il film, oppure il pezzo di teatro che riporta sulla terra i sognatori per 10 minuti. Non so se l’abbiate notato ma tutto deve restare in superficie perché se il mondo, le notizie venissero raccontate con i sentimenti che contengono ci sarebbe una ribellione immediata. I vecchi piangono come i bambini, perché manca loro l’amore non la sua narrazione, ma si accontentano di quello che passa il convento e soprattutto devono restare innamorati della vita senza ancorarsi al loro raccontare che è sempre più esigente della realtà. Per questo mi chiedo spesso che ci faccio qui e la risposta è interlocutoria, per andar via servono almeno tre condizioni, una spinta forte, una strada o un sentiero, un luogo che si costruisce nella testa e che non si raggiungerà mai ma motiverà il camminare.
Pensare ciò che è utile a chi ci legge è quasi una necessità. Ma bisogna sentirne il limite e lasciare che scorra la felicità com’essa crede in noi, lasciare che il flusso non si arresti, per averne, di rimando, il calore.
Nel raccontare/raccontarsi non trascurare il bene creato e dato, l’amore generato, far sentire la bellezza come si può e che già averla colta dovrebbe rendere fieri, e ancor più averla vissuta. Forse tutto si può riassumere in poche parole: hai amato, ami, vivi anche le difficoltà con l’inerme forza di chi sa volare eppure sta a terra. Raccontare l’inutile e la bellezza del percorso che si fa, volare dentro e fuori di noi. Non attendere nulla che molto ci verrà dato, anche se non sarà l’atteso e ascoltare, raccontando, la propria voce che parla della meraviglia di vivere con passione.
“ Raccontare l’inutile e la bellezza del percorso che si fa, volare dentro e fuori di noi. Non attendere […] »
Non è sufficiente, in questo nostro pazzo mondo?
Si, è sufficiente Marina, a volte porta con sé l’euforia del capire una propria verità coincidente ele verità coincidenti sono l’anticamera di un amore bellissimo con il vivere.