La frattura dapprima è impercettibile, una piccola resistenza al conosciuto che diviene pian piano tensione e incrinatura. È un mutare la certezza perché la realtà muta e ciò induce un uscire di abitudine, il porsi domande senza rifugiarsi in risposte non ragionate. Quando non c’è indifferenza è naturale porsi domande, far spazio al dubbio e guardare con occhi diversi, anche se questo produce un piccolo iniziale spaesamento e deriva. Stiamo parlando di persone socialmente attente, che hanno fatto scelte in passato, provato passioni forti, hanno cercato di capire e interpretare la realtà per poi schierarsi senza criteri di convenienza.
Si potrebbe dire che se a dubbi e domande nuove ci fossero risposte convincenti la frattura si ricomporrebbe, ma purtroppo quasi mai è così. Credo avvenga una svolta in chi dovrebbe rispondere, che è ben conosciuta in economia, viene applicata la risk analysis, ovvero si pensa che la fatica che fare per mantenere nello stesso progetto le persone che pongono domande non giustifichi la fatica del rispondere e magari il mettersi in discussione. La risposta quindi è sempre negativa perché chi ha il potere pensa che questo sia a tempo indeterminato, e resta fermo ai paradigmi che gli hanno consentito di conquistarlo, scivolando in una coazione a ripetere. Così quella che potrebbe essere una evoluzione comune scivola verso la frattura della reciproca disistima. Qui avviene una cosa strana perché mentre l’avversario può godere della stima, colui che era amico attraverso l’insensibilità alle domande e alla non condivisione induce la sensazione del tradimento e quindi perde la stima riservata a chi ha da sempre idee differenti. Sembra che la domanda che nasce in chi condivideva sia : ma come, eravamo assieme, avevamo le stesse priorità, lo stesso modo di vedere il futuro e ora mi cambi tutto senza coinvolgermi, senza discutere con me, senza accettare che anche tu possa sbagliare? Sono solo io che sbaglio? A queste domande non c’è una risposta che sembra veritiera e si ha la sensazione di una comunicazione unidirezionale, puro esercizio di potere che afferma la sua maggioranza. Così si approfondisce la frattura e poco conta che l’esperienza dica che extra ecclesiam nulla salus, chi diventa eretico è stato spinto fuori dalla conservazione che esclude una crescita e una passione comune. Se questo vale per lo spirito, a maggior ragione vale per quell’insieme di volontà senza assiomi ma con molti tabù, che è la società. Finché si capisce che la salus è proprio fuori della chiesa perché consente di rispettare la realtà che si vede e i principi su cui si sono costruite le scelte della vita.
Dicevo che il conto cinico del potere è fatto tra ciò che si perde e ciò che si acquisisce. È un conto conservativo che vale proprio per il potere e per le sue nuove giustificazioni non per la risposta ai problemi di disagio sociale. Neppure tocca le consorterie, i privilegi acquisiti, le tolleranze per l’illegalità, i favori da elargire, perché questi sono funzionali a quel potere che si dice nuovo ma si regge sul vecchio.
Ecco perché la frattura diventa irreparabile, poteva essere mutazione ovvero un cambiare comune ma è stato prima disinteresse e poi scontro, infine impossibilità del proseguire assieme perché l’ambito non era più condivisibile. In fondo resta il riconoscimento di due fallimenti, anche se credo siano sbilanciati, ovvero da una parte c’è l’idea che ciò che si è rotto era parte di sé e dall’altra invece la considerazione che ciò sia un evolvere necessario delle cose. I problemi veri non sono stati toccati, si è spostato l’ago dell’equilibrio da una all’altra parte ma con una variazione che non ha fatto percepire una direzione, un nuovo che finalmente disegnasse ed attuasse una visione differente del vivere comune. Il campo resta lo stesso, diversi i compagni d’avventura, non i problemi che non sono mai semplici ma esigono verità e pazienza. Doti che il potere difficilmente ha se non è davvero nuovo.
Ragionamento interessante! Ti ho letto per due volte, la prima senza fermarmi e la seconda soffermandomi su due punti che mi hanno colpita …
Non mi sono fermata in principio, perché credo che il sentire d’insieme, così come la visione d’insieme sia molto, molto importante per cogliere se possiamo oppure no affrontare l’argomento (cosa che non è detto che infine io riesca a fare) 🙂
Poi mi sono soffermata sul punto in cui scrivi che la fatica di dover dare delle risposte non viene assolta da quella dello sforzo per mantenere tutto intatto … e mi sono detta: a scuola mi hanno sempre insegnato il contrario; ogni volta che ponevo una domanda mi gratificavano; non così per le risposte …
Poi sul punto (in realtà non è un punto, ma un concetto) in cui spieghi che la curiosità non esiste più … questo mi ha rattristata. In luogo della curiosità troviamo la frattura …
Beh, si, ci vuole coraggio ad essere curiosi! Però credo ne valga sempre la pena 🙂
Ciao Willy, grazie per la lettura, buona serata!!!
Benvenuta Norma 🙂
Lo sforzo della conservazione in realtà corrisponde al mantenimento delle posizioni di potere raggiunto, per sua natura diviene divaricante rispetto alla realtà che invece continua a mutare e scorrere. Eraclito lo rappresentava mirabilmente, ma molto più vicino a noi basta considerare la differenza tra le risposte e le domande. E’ vero che a scuola gratificavano per le domande, credo che una buona cosa sarebbe invece unire domanda e risposta sin da piccoli, ovvero legare ciò che si affaccia alla nostra testa con quello che ci pare lo risolva. E vedere perché ciò sia giusto oppure sbagliato. In politica c’è una a-sincronia tra domande e la cura che dovrebbero ricevere. E’ vero che nulla è semplice ma quello che è complesso può essere scomposto e ricevere parziale e incrementante risposta.
Non avere attenzione e curiosità per l’altro significa presumerlo, non ascoltarlo più. Credo che questa sordità e mancanza di comunicazione sia uno dei grandi problemi che investe tutti e ci rende soli, pur essendo in società.
Buona notte Norma.
Salus extra ecclesiam non est.
Probabilmente la salvezza è solo quella che esiste fuori dalla Chiesa! Nella perfetta consapevolezza che il vecchio, che non è mai stato, potrebbe essere il divenire per una nuova classe dirigente; con verità ma senza pazienza, prima che gli “altri” possano impossessarsi delle NOSTRE Verità!
Mi piace molto l’idea che nel divenire ci possa essere un divenire che comprende e attua un’idea della politica fatta di verità, attenzione e cura sociale, equità, onestà, che sarnno pure cose vecchie ma non scadono.