Con la pioggia di stravento, il freddo ha aggredito sotto i portici,
e lì sostano pedoni indecisi su dove ripararsi,
e andare,
chissà perché diviene urgente l’andare,
che poi è un tornare,
forse desiderio di caldo, di cura?
E che fa la voglia di fuggire che sembriamo contenere,
mentre spruzzi di pioggia lavano persone e vetrine?
Hanno acceso le luci e il primo pomeriggio
si scioglie nella luce autunnale, che copre d’un giallo malato le cose,
ma in pasticceria ci sono le favette dei morti,
e si spande un profumo lieve di mandorle nell’aria.
Camminando lenti e vicini ai muri, si notano le porte delle case,
c’è una città vecchia che ha stipiti lucidi di vernice antica,
e larghe crepe che mostrano legni stanchi,
tra inserti di vetro goffrato e inferriate polverose
di ferro battuto,
ha aggredito, il freddo, sulla soglia di una consapevolezza,
che in realtà non c’è posto a cui tornare,
c’è solo la paura che sconfigge la voglia di andare.
Attorno, le voci si sgranano come la luce che frange gli oggetti,
e ne succhia l’anima per invogliare all’acquisto.
Il freddo, il primo, è la sera
d’un giorno che stermina secondi di noia.
“…che in realtà non c’è posto a cui tornare,
c’è solo la paura che sconfigge la voglia di andare.”
Come le sento mie le tue parole…
Nei tuoi versi trovo sempre le risposte che cerco.
Grazie PindaricaMente, fa che sia una buona giornata 😊