lettera a un’amica sull’andare in direzione contraria

Ti ho detto cose poco rigorose, seguendo il cuore e praticando la razionalità non è una proposta politica, e ho messo in comune con te la difficoltà di trovare un portolano per mettere assieme le idee e capire, in questa orgia verbale, dove sia il cambiamento vero. Oggi si proclama la retorica del cambiar verso, poi ci si accorge che è la risposta ad una fame e un’insofferenza, non un mutare davvero le abitudini profonde, le regole che ci tengono assieme. Poco o nulla viene toccato dei privilegi veri, degli sprechi senza fine, dell’inefficienza strutturale. Come da tempo accade, si risponde ancora una volta alla cosa più volatile che esista, ovvero i mercati. Come può diventare questo, nuova coscienza, nuova eguaglianza, nuova giustizia?

In questi anni di apnea delle idee forti e delle coscienze, oltre l’evidenza di una realtà passata di bocca in bocca, e resa vera, più dagli atti senza razionalità e dalle omissioni che da una sua effettualità comune, la speranza consapevole e la forza del sentimento civile sono rimasti per me, e spero molti, l’elemento guida per continuare a procedere in direzione ostinata e contraria. La sconfitta, amica mia, è lasciare che la notte sia senza sogni, che la disperazione passi di bocca in bocca. In ogni guerra, rivoluzione, direi in ogni amore che si volta indietro, la somma delle speranze, dei mondi possibili, di ciò che poteva essere, si scontra con la morta acqua dei compromessi. E’ successo sempre e ad ogni caduta qualcuno si è rialzato, ha cominciato a pensare e parlare di un mondo possibile, più vicino ai desideri, qualche altro l’ha ascoltato e il mormorio ha alzato la voce. Ha riconosciuto la sua forza, la stessa che oggi tanti giovani o oppressi non riconoscono e mendicano dall’oppressore, come se chi toglie potesse dare. La cosa che ci sconvolge, è l’assenza di un risultato di fronte a tanti sforzi, come se questa scontentezza fosse il giudizio della storia su tutti noi. La misura della nostra insoddisfazione è determinata da chi ci è accanto e non reagisce, non spera o sogna come noi. Purtroppo però tutte queste parole non attenuano l’inverno del nostro scontento: ci manca il caldo sole di una battaglia vinta per determinare il nostro futuro. Eppure penso, amica mia, che questa battaglia non mancherà, come non mancheranno nuove sconfitte perché la razza umana non si è estinta mentre il conservatorismo estingue i sogni e gli uomini. Ti sei mai chiesta cosa sognano quanti votano per conformismo o, ancor peggio, gli indifferenti, quelli che tanto tutto è eguale? Io credo che abbiano sogni concentrati esclusivamente su desideri personali, su traguardi molto vicini e intrisi di realtà spendibile immediatamente. Le loro insoddisfazioni sono fatte di oggetti, di sentimenti negati, della sensazione di non emergere, dal timore di essere sfuocati. Sanno come va a finire ma non sono felici anzi, sono depressi esattamente come chi sogna un futuro che riguardi il bene di tutti. E’ vero, non c’è differenza nel dolore e nelle disperazioni, ma quelle di chi si sente tradito nella speranza sono un lago nero di consapevolezza, ed insieme lo stimolo a ritrovare se stessi. Tu sai dove sei, come sei, spesso quello che vuoi può sembrare semplice e comune ma, in realtà, la differenza è nel tuo sentire che il mondo e la storia non riguardano solo te, ma te insieme agli altri e che ciò che è possibile dovrebbe essere un obiettivo comune.

Penso a chi, uscito dalla guerra di resistenza tornò semplicemente a fare ciò che faceva prima, convinto che quello che lo aveva coinvolto fosse solo una necessità normale, di persone normali. Nella retorica della resistenza a poco a poco si è smarrito l’oggetto della lotta, non si è detto che in fondo era servita più ai fascisti costretti a misurarsi con la democrazia e con le opinioni altrui e che erano tranquillamente riemersi dopo la guerra, più che a chi era salito in montagna perché non tollerava più la propria condizione di non umanità nel tacere, nel non essere ciò che sentiva. Ricordi la notte di san Lorenzo dei fratelli Taviani, la battaglia nel grano e l’atrocità di chi si conosce e si uccide? Dopo gli eccidi sono rimasti gli uomini, ma quelli che più ne hanno avuto vantaggio sono stati proprio quelli che erano dall’altra parte. Credo che anche oggi sia così ogni volta che si fa la fatica di impegnarsi per cambiare e soprattutto ci si impegna in un sogno di un mondo possibile: chi ne beneficerà di più sarà chi è dall’altra parte. Avrà più diritti, più giustizia, più possibilità. Ma noi lo facciamo per noi, ti pare poco? Per questo val la pena di tirarsi fuori dal disperare, perché il bisogno di cambiamento e di equità è infinitamente più importante della fuga o del rinserrarsi in casa, perché abbiamo sensi che hanno bisogno di vedere e sentire e perché, nonostante tutto, crediamo sia possibile il cambiamento e ancora ci commuoviamo e sentiamo il sangue scorrere e il cuore battere forte per un’idea, un simbolo, una musica che racchiude tutti gli altri. Gli stessi che vorremmo come noi e insieme diversi. Credo che abbiamo diritto alla disperazione e all’amore e che questo non ce lo possa togliere nessuno. Tantomeno questa finta realtà fatta di mode che cambia con una frequenza e indifferenza comune,  e noi siamo più noi stessi quando mostriamo alla realtà che c’è un’ alternativa, una possibilità, un motivo per trepidare ed amare. Non è neppure più necessario avere una ideologia, ma piuttosto condividere un disagio, una voglia di cambiare e oggi se questo spinge a capire e poi ad esserci, non è davvero poco.

con affetto

Willy