Uscirne del tutto non può accadere, conviveremo, se va bene, con una nuova influenza, che muterà di anno in anno e ci sarà un vaccino che la inseguirà. Troppo arduo vaccinare il mondo e rinunciare agli egoismi. Troppo difficile debellare una cosa semplice, apparentemente rozza come un pugnale di selce e con effetti variabili. La luce in fondo al tunnel parla di una nuova normalità, ancora da definire, che si aggiusta per suo conto e in forza di ciò che le viene lasciato a disposizione. La “grippe” o la febbre inglese che per qualche anno alla fine del 1400 fece più morti di una pestilenza, sparì com’era venuta e sopportata da uomini che non potevano capire solo sperare passasse, ma avevano a disposizione un mondo che era assieme passato e futuro, ora sembra che solo il presente sia a disposizione e che questo sia necessario per costruire colossali fortune. Parlano di questo quando parlano di normalità? Oppure ci si riferisce a un seguirsi di abitudinio e di possibilità note che pian piano vengono inglobate nell’algoritmo globale, nella politica di potenza di calcolo, dove chi possiede gli archivi e ciò che serve per elaborarli è in grado di controllare le abitudini e le vite. Oppure, ancora, la normalità è un susseguirsi di possibilità che non vengono esercitate, ma che fanno compagnia alla libertà presunta in cui ci pare di nuotare?. Comunque sia una normalità arriverà e sarà nuova, come cambierà il mondo velocemente, ma se in pace o in sussulti e conati di violenza dipenderà dalla formazione di una coscienza comune. Dovremmo elevarci e guardarci dall’alto, vedere il nostro egoismo sciocco e pensare che solo nella misura dei rapporti positivi con chi ci è vicino, con la società in cui viviamo, con il genere e con le specie c’è una possibilità di armonia e quindi di una normalità buona, mutevole, che fa bene. Ma ciò non avviene e lo stare nella stessa barca è solo un’immagine che serve per chiedere qualcosa a chi è vicino. La fragilità ci mostra come siamo, era ora, perché ci credevamo onnipotenti, ma questo non basta a cambiare per chi il delirio di onnipotenza lo confonde con l’identità. Cambiare, mutare forma e colore alla luce significa uscire dal tunnel e vedere un mondo nuovo, cose da giganti e se volessimo ognuno di noi lo è quando allarga lo spirito e vede nelle cose piccole l’intero universo, sente in un rapporto il bene che si fa materia, ascolta in un suono che è armonico la lingua che ci accomuna. I sensi, adoperiamoli tutti, mettiamoli insieme alla libertà, uniamo ciò che è sensibilità ed è stata negletta. Guardiamo, tocchiamo, ascoltiamo, annusiamo e assaporiamo ogni cosa, ogni rapporto fatto di senso, aggiungiamo ciò che non ha nome eppure ci fa sentire il mondo e ciò che abbiamo vicino. Usiamo il sogno e togliamo il giudizio, ma preserviamo l’uomo, rendiamolo persona, non moltitudine o cosa, diamogli l’infinito valore che ha e comportiamoci quietamente di conseguenza. Basta un saluto, un bene gratuito, un gesto amoroso, un’attenzione che rimetta in moto la meraviglia. Così ogni giorno e senza accettare che qualcuno ci dica cosa bisogna fare per essere parte di un gruppo, di una nazione, di una specie. Lo sappiamo, è dalla normalità che deve essere tolta la differenza negativa, quella che toglie ai molti per dare ai pochi, non l’inventiva, non la volontà di capire, non l’intelligenza dei sentimenti, dell’amore. È questa una luce possibile in fondo al tunnel, che ci farà vedere il mondo diversamente e ci fornirà gli elementi di un nuovo vivere. Poi anche il virus capirà e sarà sconfitto, ma dal nuovo, non dal vecchio che viene promesso come la normalità di un mondo fatto di ingiustizie e diseguaglianze, di disamore. Dicono le statistiche che si sciolgono convivenze, che i matrimoni vanno in crisi per la vicinanza, nessuno sopporta la verità vivendola se essa non gli appartiene, altrimenti diventa altro, finzione, convenienza, equilibrio cercato altrove. Ciò che resiste alla prova è luce nel tunnel, è riscoperta, attenzione, piccola verità da consumare assieme. Ogni situazione di limite ci rivela a noi stessi, per questo non approfittare di questo vedersi è un’occasione sprecata, immolata a un come prima impossibile da raggiungere, perché quel prima non esiste più. Guardiamo dentro e avanti e forse il disaccordo si accorderà alla sintonia, con noi stessi. La domanda è proprio questa, siamo in sintonia con noi, ci assomigliamo in questa presunta normalità? E la risposta non è nel testo, ma nel commento.
Ho il vago presentimento che questa situazione ce la porteremo avanti ancora per molto. Pertanto avremo molto tempo a disposizione per cambiare qualcosa che e’ dentro ciascuno di noi, come singoli, ma anche come societa’ e soprattuto come “economia”, il paradigma su cui si fonda l’attuale visione del mondo, o almeno quella prima del virus.
Credo anch’io sia così, cioè che oltre la pandemia ci sarà una situazione di malessere che continuerà e o ripenserà in termini importanti le vite che facciamo oppure genererà situazioni di depressione e/o indifferenza fatalistic a. Nel frattempo la crisi ambientale continua e avrà ulteriori effetti sulle vite. Insomma è tempo di consapevolezza e di guidare il proprio vivere chiedendo anche che paradigmi ed economie che aggiungono sofferenza vengano mutati.