la complessità

Prima ho assaggiato e poi bevuto, un Lison bianco. 2013, ben conservato e fresco. Continuava a mutare man mano si accompagnava al cibo, conservando la sua identità morbida. Era tenero ma non arrendevole e non si lasciava racchiudere in definizioni, preferiva essere assaporato e bevuto. Poi è seguito uno Chardonnay del 2015, leggermente frizzante. Si mascherava di poche bollicine per giocare col gusto. Anche lui esigente e dotato di più anime, sembrava chiedere una preferenza tra esse per poi negarla. Un vino deve essere complesso, forse in questo assomiglia all’uomo che ha sfumature differenti e profumi nelle situazioni che lo rendono centrale in un rapporto.
La complessità esige pazienza, la nudità raggiunta nello sciogliere gli enigmi e i nodi non ne esaurisce l’essenza ma ne palesa la difficoltà. Due essenze si incontrano quando l’una non ascolta il suo profumo ma si integra, assapora, è consapevolmente pervasa dall’altro.

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