Gli alberi, a volte, sono fuoco incombusto,
possibilità rosse del tramonto
e tempo snocciolato al giorno
appena tolto dalla notte.
Negli anni in cui il quattro esce dalla vaghezza,
e riporta il suo senso di coppia di numeri primi,
giovane o vecchia d’anni,
mette l’une davanti all’altre le ore intime d’ incontri
voluti, cercati, perseguiti nel tempo che s’e’aggiunto.
Quel quattro che si contiene e dilata, è l’origine del giorno,
la somma dei minuti perduti e raccolti con pazienza
e messi in una strana giornata che non esiste,
perché esiste solo il tempo seminato,
mietuto, reso dolce e consumato.
Invece siamo circondati da venditori di calendari,
di numeri che da interi e lunghi d’infinito
frangono in particelle d’attimi senza tempo per i sogni
e così il reale s’ approssima, diviene numero e cosa.
Come questi alberi che stendono le braccia a gennaio,
altro nome bruciante di tempo incombusto:
e sono possibilità e destino,
traccia lieve del possibile
che prima radica e si nutre
e poi s’arrende,
al tramonto, al giorno
ma non alla notte.
Alla notte non cede i suoi sogni.