La città tonante s’è acquattata,
tra vene di luce, dorme avvolta nel suo pelo,
percorre di brividi e di sogni le periferie,
Apre appena gli occhi per accogliere il primo albore della notte,
si muove, s’acquieta e si ritrae in spirali di tepore,
pensa e sogna,
indifferente.
Piccoli fremiti la disturbano:
caduta di nani, altisonanti d’effimero e suoni gracidanti,
allora ascolta distratta, fantasie e l’ uso degli umani.
immagina che nei formicai spezzati
restino memorie d’artificiali cunicoli.
Sorride al pensiero che fornicare è luce in un buio che vuol sentire,
e si chiede perche l’uomo,
al pari degli insetti senza il dono del volo,
costruisca cunicoli e li chiami palazzi.
Cunicoli “all’aperto” giusto perché ha bisogno di respirare, non perché cerca l’aria….
Mi piace questa possibilità, Marta 🙂