Noi siamo il nostro destino ed esso comunque giunge a compimento, ma è diverso accettarlo supinamente oppure lottare perché esso sia differente dall’apparenza. In entrambi i casi interagiamo con esso e ciò che si produce è un poligono di volontà che genera situazioni, fatti, realtà.
E’ solo più difficile esserne consapevoli sino in fondo e trovare l’energia necessaria perché non tanto l’obbiettivo, poca cosa spesso, si realizzi, ma perché ci sia la coincidenza di noi con l’azione, o con ciò che avviene. Quindi il conformarsi al caso è un agire conformandosi a sé, accompagnati dalla coscienza di noi stessi: essere nella corrente e gestire la nostra direzione conformemente a noi. Perché la diversità ci rende differenti, ci toglie l’alibi delle abitudini e del conosciuto e soprattutto ci estrae dal bozzolo della predestinazione in cui noi, non il destino, ci siamo ficcati.
La lotta con il daemon apparente ci spinge avanti verso quello profondo. E’ movimento ed è fatica muoversi.
Se non lo si fa, se si attende e si pensa sia solo il destino a governarci, cosa resterà di noi? Come ci assomiglieremo davvero?
Verrai solo tu a questo appuntamento,
vuoto di te,
e ancora non ti riconoscerai.