Ci si lamenta anche nel descriversi. Male perché il lamento è una richiesta di comunicazione inevasa o comunque non soddisfacente che aggiunge malessere senza dare soddisfazione. Quando si nascondevano i sentimenti profondi per educazione, si dissimulava un poco di apparenza buona per aiutare il disagio ad evolvere. Neppure questo andava bene e comunque l’epoca dell’educazione e della discrezione è passata, travolta con il romanticismo, con le guerre, le passioni che si sono spente. Ora ci si da del tu, si racconta tutto e non si riesce a dare un nome alla carenza di comunicazione che si nasconde sotto il troppo comunicare, forse per questo si parla d’altro oppure ci si lamenta.
Sembra che i vestiti che l’età ci confeziona non siano mai giusti. Tornano alla mente le parole: Manca qualcosa o qualcosa è troppo, entrambi accentuano un disagio privo di nome. Oppure c’è la gloria, propria o altrui, come se la vita fosse un trionfo di obiettivi raggiunti. L’adolescenza è l’età del desiderio sconnesso, non finisce mai, ma come ogni commedia a lungo andare, diventa farsa.
P. S. Un poco de queo che se ghe dise era l’innominata decenza che doveva accompagnare i gesti e il dire, frenare con l’educazione l’eccesso.
Il linguaggio costituisce la cultura di un popolo .
Modificare il modo di comunicare , andando contro corrente è un messaggio da diffondere quel poco che si può .
“La commedia a lungo andare diventa farsa ” È vero .
I fattori che hanno contribuito sono molteplici , restiamo nella realtà che viviamo .
Da un rigore eccessivo siamo balzati ad una lassezza eccessiva , più che una gradualità abbiamo vissuto uno scivolamento .
Meglio frenare.
La tua riflessione e la tua presa di posizione sono realistiche ed utili .
L’idioma aiuta a riappropriarsi di valori sempre attuali che ci appartengono 🤗
Grazie Francesca 🤗