
Stamattina, ma era ancora notte, il sogno era troppo impegnativo. Ne sono uscito e mi sono alzato. Le case sono piene di luci piccole che tracciano i possibili cammini fino all’acqua o al dubbio di un pensiero scacciato prima di dormire. Una finestra era molto illuminata dall’esterno, scostata la tenda è apparsa la fonte: una lampada sopra la porta della terrazza di una casa vicina. Le case attorno ne erano illuminate con una ricchezza di particolari che di giorno non si nota. Le ombre giocavano con le piante e con il vento, le foglie rimaste e i rami tracciavano sui muri e sulle imposte. L’intorno ne veniva ingentilito con un’ inquietudine leggera, come se il mondo delle cose si muovesse per suo conto e senza gli uomini avesse vita propria. Un mescolarsi d’ombre e colori privi di lucentezza toccava ora l’una, ora l’altra casa, finestra, terrazza, albero, siepe. Si vedevano le cose della vita domestica abbandonate: una scopa, uno stendino vuoto, una tenda estiva dimenticata, degli scatoloni di cartone messi in un angolo. Tutto si trasfigurava da oggetti con una funzione a cose e diventavano parte di un insieme di esistenze con le loro scelte e dimenticanze. Altre luci dialogavano con quella più forte che faceva da proiettore. Sembravano avere vita propria luci gialle o rosse di interruttori, luci più distanti che non si vedevano e illuminavano dal basso la bruma della notte, luci che filtravano da imposte malchiuse, tracce e insiemi da cui veniva un chiarore diffuso che si spandeva e non arrivava ai tetti.
Ognuna di queste case conteneva storie, stanze dedicate al sonno, sogni che si dipanavano e narravano storie che avevano a che fare con il giorno non con la notte. Il mio sogno era una di queste storie e ora sembrava così semplice e poco enigmatico nel suo rappresentare timori e desideri che ne comprendevo il senso di un discorso interrotto con me stesso fatto di cose e possibilità lasciate in disparte. Il tempo per i sogni non esiste, hanno una vita che esigerebbe la riapertura della nostra e un nuovo svolgersi, non un passato ma solo un futuro.
Con uno sguardo ho ricompreso il cielo e le luci della notte e riaccostata la tenda il mondo si è fatto piccolo, caldo, domestico, con le sue piccole luci che ora ricevevano forza dall’oscurità. Un guscio in cui si svolgeva non poca parte della mia vita e ciò che è esterno si fermava chiedendo di essere compreso, meditato. non solo l’io, ma i tanti che da notizia diventavano sentimento. Tornare a letto e riprendere il filo della notte. Dialogare con me chiedendo lumi sul sentiero da percorrere e ringraziare per le cose che vedo e sento. Ringraziare per i particolari che discutono sulla grandezza dei miei problemi e ne danno una dimensione. Così riprendere il sonno.