ciao come stai?

Ciao, come stai? Qui la giornata è uggiosa, con molti pensieri, il tempo si sbriciola e assomiglia molto all’indifferenza che esso ha per le cose degli uomini. Pesa questo periodo in cui i progetti diventano piccoli, anzi scompaiono e hanno orizzonti temporali che non dipendono da noi. Essendo le giornate fatte di incombenze e consuetudini, scopro che mi addormento per non pensare, ovvero per entrare in una realtà diversa. Questo non costruire che sembra figlia dell’uggia nella sua definizione di noia mista a inquietudine, sembra una risposta ad una sorta di impotenza che si è scordata cosa deve fare e ne ha la sensazione ma non la forza né il ricordo preciso o la voglia.

Diversa la condizione di chi deve e penso a te nel nel tuo vivere non facile, e che intuisco, comunque pieno, tra figli e lavoro. Così sento che i miei sono problemi da poco, i progetti si sciolgono nel raccontarli e la stessa società è distante e imbelle nel mutare, così da generare per davvero una voglia di cambiamento. Però ho bisogno di fare cose, di esprimermi, e se la scrittura diventa un esercizio in cui cerco di mettere verità e sentire, cerco altre forme del comunicare. Prima ho ripreso in mano la macchina fotografica. La fotografia per me, è una delle tante cose di cui mi accontento, pur avendola amata e ancora amandola, del succedaneo di uno smartphone. Gli attrezzi, esigono impegno e attenzione, ragionamento, non basta il colpo d’occhio alla Cartier-Bresson, bisogna costruire e allora mi concentro sull’inquadratura, sul particolare, sul significato che le cose assumono per me come luoghi del vedere e della memoria. Guardo siti di fotografia e ne sono affascinato. Vedo che le persone, che a me piace fotografare, sono trasfigurate in immagini che restano. Come se ogni opera fosse davvero corrispondente a un’idea. Questo mi fa sentire inconcludente persino nei miei poveri tentativi in quest’arte apparentemente tecnica ma in realtà appartenente al comunicare profondo.
Ci sono troppe cose attorno e troppi pensieri e sento che dovrei acchiappare il vivere silente e confuso di questa stagione, per farlo più mio. Trasformare in spazio la necessità di silenzio e di distanza, togliere le troppe parole prive di contenuto e lasciare che prenda forma in poche piccole attività della mente, una nuova comprensione di sé. Una clausura senza porte che non siano quelle del bisogno di riordinare e dare importanza a ciò che accade.

Ho capito una cosa che dovrebbe essere banale e che ci riguarda ma che forse è una modalità della vita. Penso alle amicizie che si sono succedute e che ora rarefanno, anche con coloro a cui, in un determinato tempo, siamo stati molto vicini. Accade a tutti credo e certamente tra persone che sentono il bisogno dell’altro, che poi questa vicinanza si faccia meno forte e infine diventi solo un pensiero. Un pezzo di vita vissuta. Lo so che è naturale sia così ma capisco che accettare che lo sia, mi toglie qualcosa, mi fa sentire sbagliato nelle meccaniche delle relazioni. Ormai sono passati gli anni in cui saltavo da un pensiero al successivo e questo cercare di capire il bisogno di comunicare diventa più forte.

A Natale e Pasqua, un tempo, a casa, si scrivevano cartoline che compravamo nelle bancarelle delle piazze, c’erano immagini allegre di villaggi pieni di neve o di pulcini ansiosi di uscire dal guscio, e le parole erano sempre le stesse, una richiesta di com’era la salute, una finta ansia di vedersi presto, i saluti e gli auguri. Ti sembrerà strano ma questo filo esile e retorico, una fatica che mi veniva assegnata, teneva assieme persone distanti con DNA collegati, affetti tenui e ricordi antichi che affondavano in molti decenni precedenti. Quando si è gradatamente smesso di scriverci le vite si sono slegate e sono volate come palloncini lasciando al caso e alla buona volontà di comunicare le notizie su come davvero andavano le vite. Poi più nulla, come si fossero sciolti i vincoli che tenevano assieme storie e famiglie. Dobbiamo arrenderci a questo processo che ora sembra accelerare e se succede con la gran parte degli antichi amici, dispiace accada alcune persone, poche, che ciò che sembra una legge sui rapporti interpersonali sia così ferrea e che tutto si riduca al fatto di chi prenderà l’iniziativa per scrivere o fare una telefonata. Nell’epoca in cui non è mai stato così facile comunicare i rapporti diventano ancora più labili, si condensano in bolle e piccoli grumi che poi si dissolvono nel gran solvente della miriade di sollecitazioni da cui veniamo attratti. Così non so davvero di te e tu non sai di me ed è un discorso interrotto che ha lasciato molto da dire.

È un pensiero forse egoista, ma credo che le persone che restano siano poche e che questo dipenda da noi.
Fuori il tramonto ha dimostrato la sua capacità di rendere bello l’inquinamento, ma nei prossimi giorni il tempo peggiorerà e tornerà il grigio e il freddo, com’è giusto sia.

Buona serata e che la tua vita sia piena di presente che si fa futuro.

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