Come muta il tempo e come resta uguale. Traggo auspici da pensieri che ricorrono e capisco che i ricordi sono una moneta con due facce. Una consola e racconta d’aver vissuto, l’altra è un sovrapporsi di esperienze dove ciascuna precisa e modifica le precedenti. La seconda, pur aperta indica una strada con molte soste e poca luce. Come accadeva nelle mie passeggiate notturne quando il comune abbassa le luci e le ombre diventano morbide e solide, allora sembra si sussurri nell’aria che è tempo di tornare. Abbiamo i ricordi e le cose. Ci sono quelli bravi che si liberano di tutto e ricominciano indefinitamente la vita oppure, maniaci dell’ordine, mettono a posto il poco conservato cercando di far collimare il nitore esterno con la necessità di un equilibrio interiore. Tu di che specie sei? A cosa appartieni e cosa ti appartiene che ti identifica e accompagna? Non serve una risposta se essa non è una liason d’âme, perché solo questa consola, parla oltre le parole. Ho capito che non serve, non basta scrivere, scandagliare dentro, cercare di capire. Anche comprendere la radice dell’inquietudine non basta perché ci sarà sempre una condizione che ci farà vedere chi e cosa siamo se qualcuno ha voglia di guardarci. E allora si scopre ciò che è fuori posto, quello che è sfuggito dall’apparire, perché di questo si tratta nel mostrarsi, nell’essere in ordine per gli altri mentre poco o nulla si rivela della lotta interiore. Com’è l’amore al tempo del Covid, quali artifizi usa per celare le proprie paure e come esso unisce o divide? In questa ansia di normalità accettiamo che ciò he è mutato sia tale senza una ragione che lo certifichi e neppure immaginiamo cosa occorrerebbe mutare davvero perché anche l’amore fosse adeguato al bisogno che ne abbiamo, non solo noi, ma il mondo. Vecchi vestiti frusti e dignitosi non bastano a rendere onore a un passato che non insegna e a un futuro che non apprende. Sono un anello di una catena che non lega (al più potrebbe farlo con me ma non avrebbe alcun senso, prigioniero di chi?) e che riassume storie, sensazioni, ricostruzioni difficili e che ormai sono muta narrazione oppure lampi, frames di un manoscritto sdrucito e disperso per mancanza di cura. Per questo ancora l’amore mi interessa, perché vedo in esso la linea di una umanità di singoli che evolve e sia esso virtuale, fisico, sperato, consumato, la sua storia racconta la necessità minuta e il grande bisogno collettivo. L’amore al tempo del covid sembra uguale mentre è radice che si fa strada in noi. La terra è la roccia impongono fatica e regole ma non sono impenetrabili, solo che bisognerebbe (pessima parola che si attribuisce alla necessità di far luce nelle nostre vite attraverso quelle altrui) capire sino in fondo perché non l’ordine delle cose, ma noi ci pieghiamo. Perché non inizia una nuova esaltante stagione in cui l’amore personale ha valore collettivo e così muta la società, il mondo ne viene risanato e la speranza sconfigge il buio. L’amore al tempo del covid è l’occasione offerta all’amore precedente perché esso sia un moto di cambiamento, una nuova stagione di pensiero e azione, lo scandaglio di nuove felicità in cui non arenarsi. A chi ha la propria casa interiore in disordine, l’occasione dell’innocenza e del nuovo che finalmente diradi la confusione in cui l’umanità sembra immersa. Una confusione che non produce pensiero forte, che s’accontenta di abitudini e toglie significato alle parole che dovrebbero mostrare la nostra essenza e la gioia del progredire. Per questo, penso, siamo – e sono- afoni oppure pieni di luoghi comuni. Soli e disordinati mentre mettiamo a posto l’ennesimo oggetto che si ostina a trovare una posizione diversa mentre in realtà interpella il nostro amore. L’amore al tempo del covid è analisi multivariata, che ha soluzioni diverse, è fluido con moto lamellare che ancora non ha trovato la sua strada ma sa dove andare e con chi farlo, è tempo senza orologio, possibilità felice, volo di uccelli che sente la stagione, cuore che non ha timore e se vede che la confusione è somma sotto il cielo, allunga la mano e sente quelle dita che assieme alle sue mutano il futuro.
Dici bene quando scrivi “chi e cosa siamo se qualcuno ha voglia di guardarci” , solo chi veramente sa guardarci sa, chi lo fa senza superficialità. Purtroppo di superficialità è pieno con o senza COVID.
La superficie è lo schermo per ogni verità, per ogni amore, per ogni conoscenza vera, guardare oltre essa genera un legame, questa è la scelta: volerlo o meno.