Il mio piccolo aereo di carta per suo conto non vola,
s’ appoggia svogliato sul vento, e neppure si sforza.
Uccello senza senno, è immeritato custode di folate,
che lo spingono ovunque, cullato dal caso
È la stanchezza d’aver udito troppi canti viandanti,
d’aver visto il tempo che andava senza ritorno,
oppure è stata l’ebbrezza del nuovo che guarda e non si posa.
Lui vola ma il mio è sogno di vecchi piloti,
divenuti elica che scava nel cielo,
e sfida la sorte nell’ebbrezza d’una nube,
chiedendosi lieto se ci sarà ancora una carta in più per la vita.
Perdono i vecchi piloti,
mentre ruotano col passo dell’elica,
e il loro bicchiere resta nei bar degli aeroporti ;
solo le sfide impossibili non han vinte,
ma lottano con forza di vecchi,
stanchi e sapienti, quanto basta, per beffare il caso,
almeno il poco che basta.
Intanto il mio aereo di carta non impara a volare,
s’ appoggia al vento,
gode d’un vento caldo che profuma d’estate e d’autunno
e non merita affatto.
Ma non posa e con le rondini parla la sera,
nei campanili s’infila di notte,
e il mattino m’attende scherzando
su chi davvero ha imparato a volare.
Strabella !!!
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Che cara che sei, Lavinia 🙂