un segno

Con parole altisonanti o sommesse, verticali od orizzontali, capaci di rigare un vetro o una superficie polita d’acciaio sicché poi lo sguardo non possa non curarsene e il dito voler percorrere la rigatura, sentirne il flebile rientro, la sbavatura del limite e il freddo che in esso incespica, così ogni sera ci parlano.

Un segno la riga, lo striscio. Un’attrazione che vede la rottura di un ordine, d’una unità che distrae attraendo. Distrae dall’usuale, dal previsto, sgretola il concreto, la massa del reale che si scompone e in più piccoli pezzi interroga, ma ormai è solo frammento, parte della domanda. Che poi essa è una e come l’assenza riempie, non si espande: è già piena di sé, di significato, di futuro intriso di presente. Una parola a scelta da far scendere o salire, non importa, l’universo , il nostro universo, non ha un alto e un basso, solo un prima che diventa un dopo e spiegazza le vite e il pianeti come lenzuola in cui qualcosa deve avvenire. Oppure qualcos’altro. Non importa. Così la domanda si riduce a una parola. Perché. Quando. Dove. Cosa. Domani. O si frange nel balbettio che precede il silenzio, perché chissà quant’altro s’annida nel noi collettivo e nella risposta conosciuta e difficile. Una risposta fatta a brani dall’archetipo di belva, dal profondo che non vuol cedere.

Basterà? Sarà sufficiente ridurre un poco, rallentare, cambiare qualcosa che non costi troppo all’abitudine, all’idea del prima? Ci sarà un’età dell’oro per chi non l’ha mai vissuta? Basterà ci siano nuove regole, perché i delicati meccanismi che portano a costruire un orologio o una locomotiva, che fanno seminare a un contadino povero dell’Egitto o dell’India del cotone, facendolo crescere, raccogliendolo in balle e consegnandolo a un treno, a una nave che lo porti a filare, a tingere, farne tessuto e poi ancora portandolo altrove a tagliare, cucire, diventare altro prima d’essere infine prezzo, guadagno, uso e ancora straccio e fibra da sfibrare per altro essere. Basterà mutare di poco tutto questo oppure non basterà più?

E la parola che ha rigato vetro e acciaio sarà sufficiente a segnare l’intelligenza e il cuore di un solo segno che faccia capire? Aprirà nuove strade per ricomporre in diverso modo quel perfetto orologio del produrre che dimentichiamo, segna il tempo già passato e dove pagano sempre le altre specie, il pianeta, il povero, il debole. Ci sarà un futuro che ci riguarda dove ciò che è di tutti non viene accaparrato da pochi, usato, rivenduto, ripreso e alla fine sperperato e tramutato in veleno nella catena che non si ferma mai?

È questa la fase due o è solo il prolungarsi dell’eterna prima fase che mai rimette in discussione se stessa e che dei segni non si cura finché non è il segno a diventare prepotente e a pretendere il dovuto? Ecco, questo non so, anche se so che cambierà e il dopo non sarà il prima.

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