Gentile Signora o Signore, le allego il mio curriculum aggiornato pensando a un suo possibile mutare d’ opinione nei miei confronti. Non penso ad una collaborazione lavorativa perché non vedo come potrei esserle utile, resto ancora un sognatore che pratica sport senza speranza d’olimpiade. Devo anche aggiungerle che pur mutando nel mio vivere modalità, credenze e abitudini, anche in conseguenza dell’ investigazione nei miei luoghi comuni, mi sono rimasti degli ideali fissi che mi rendono poco malleabile nei confronti di chi pratica l’ opposto.
Ho qualche passione, che magari le spiegherò meglio, ma purtroppo per lei, non potrebbero essere utilizzate per fini con qualche valore d’economia. Insomma se potessi sinteticamente definirmi, le parlerei di un uomo che pratica inutilità e che non pensa di trarne vantaggio. Però non costo poco e sono pure difficile. Quindi se non è interesse reciproco avere un rapporto di lavoro, ovvero una subordinazione, cosa può essere conveniente a entrambi?
Mah, può sembrare una bella domanda, ma se pensa che perseguire l’ arte della conoscenza possa essere in sé piacevole e sufficiente, una convenienza reciproca ci sarebbe. E non perché io pensi di poterla conoscere più di quanto lei voglia e quindi darle informazioni su di sé e neppure perché sia interessante in assoluto avere maggiore conoscenza della mia maniera di ragionare sul mondo o su come lo vedo, ma piuttosto perché si dovrebbero avere degli interessi che non rientrino negli schemi codificati del presunto buon vivere, e che questi, uscendo dalle cerchie e dalle abitudini, diventano importanti per rinnovare quell’ immateriale DNA dei pensieri che alla fine si fossilizza e ci impoverisce. Quindi non è semplice verificare un interesse, ma può essere conveniente e allora la cosa non si ferma perché l’ altro, nell’ ascoltare, diventa lo specchio di noi e ci mostra le nostre resistenze, le povertà accanto agli eroismi raccontati, i lati pieni di buio che accuratamente occultiamo sotto pennellate di luce. Pensi che potrei, raccontandole qualche mia bizzarria, far intuire alle dita dei suoi pensieri, lo strato di felicità sorgiva che lei occulta sotto innumeri doveri, oppure l’ infelicità che si annida nel non essere come si era sognato, o ancora la leggerezza che accompagna un colore se questo esprime un’ emozione. Potrei continuare parlandole dell’ amore che quando s’acqueta diventa tiepido e sicuro per stanchezza, oppure dire dei rifiuti che mascherano le convenienze sotto il dispiacere, ma non ho né capacità né meriti particolari che potrebbero farle prevedere un risultato. Sarebbe un caso se accadesse per calcolo, anzi dovremmo entrambi diffidarne come cosa poco vera e posso solo dirle che essendo lei una persona che suscita in me interesse, l’ ascolterei volentieri anche quando mi raccontasse qualche transitoria scarsa verità. Del resto ascoltare lo si fa sia ascoltando l’ interlocutore ma anche quando si parla e si giudicano come confacenti o meno le proprie parole. Le preciso che non ho soluzioni e neppure consigli, non sono un esempio e, come le dicevo, non ho neppure grandi qualità che possano servirle. Coltivando un sorridente dubbio anche l’ autostima non è un granché, però non ho molti confini e mi sono costruito la casa nella terra di nessuno dove si cerca di non appartenere, questo ha comportato che essa sia un luogo di passaggio, di riflessione, di consultazione e costruzione di mappe.
Dovrei parlarle di questo mio interesse per le mappe che non ha nulla di scientifico, tanto che non di rado mi esercito nel tracciare congiungimenti tra luoghi inesistenti, che magari un po’ esistono visto che sono nei miei pensieri, però inverificabili perché non hanno distanza, se non per prossimità o lontananza, insomma tracciano più una mappa dei desideri, dei sogni, delle pulsioni, piuttosto che un insieme definito, che sarebbe quello che di solito si chiama un progetto, ma non è così perché questo si svolge nel suo farsi e non si conclude. Quindi niente priorità, tempi, successi e fallimenti, tutte cose che lei conosce bene e che anch’io ho praticato e pratico, e che a un certo punto purtroppo mi sono sembrate insufficienti per descrivere davvero ciò che sono.
Mi sono chiesto a suo tempo, se esistevo per davvero nella soddisfazione di un consenso ricevuto considerato che solo io conoscevo sia la fatica che i limiti di ciò che era stato realizzato. E mi chiedevo se i fallimenti potevo attribuirli solo alla congiuntura, al convergere delle volontà negative che avevano altri interessi rispetto ai miei oppure se ero io che non essendo all’altezza non avevo vinto? Mi chiedevo questo eppure sentivo che non era davvero così determinante rispetto ai pensieri più profondi che si riassumevano nel domandarmi: era proprio quella la vita che volevo. In realtà penso che quando il mondo si è rivelato non adattabile ai miei sogni e alle cose che ritenevo davvero importanti in quella fase della vita, ho rallentato la passione e fatto subentrare il dovere.
Ora le pongo una domanda che sarà utile se vuole proseguire la lettura e manifestare interesse: si chieda se è più vitale e importante la passione rispetto al dovere. E cos’è per lei il dovere? Non occorre mi risponda, se è arrivato sin qui, adesso è davanti a un bivio, o continuare a leggere e vedere dove vuole andare a parare questo noioso interlocutore oppure smettere e pensare ad altro.
Vede, se non è disposto a “perdere” tempo con me non credo ci possa essere interesse reciproco, perché come le dicevo innanzi, nell’interesse ci si specchia reciprocamente e lo specchio ci mostra l’ altro che conteniamo con i segni che la vita (non il tempo) ha scritto sul corpo.
Ma questa è una digressione, voglio tornare al tema del dovere e delle passioni, perché è essenziale per il mio curriculum: io ho seguito di più le passioni senza scordare il dovere, cercando un equilibrio tra loro. Questo a cose fatte mi ha fatto considerare che lì è la causa dei fallimenti perché le passioni dovrebbero prevalere in modo lampante, essere comunicate e mutare società e doveri. Ha fatto caso all’eclisse delle passioni nella nostra società? Non solo è palpabile ma ha portato con sé una denigrazione delle passioni collettive. Credo che questo giovi al predominio del mercato che propone passioni acquistabili e con una durata definita come il latte e le medicine, in modo da poterle sostituire con altre, egualmente acquistabili. Questo perseguire passioni senza scadenza mi ha collocato fuori dal moderno perché esse sono quella forma di inutile che non ha valore economico, che non è facilmente surrogabile e che è dialogo con se stessi, forma di compensazione, enfatizzazione delle domande e senso del tempo. Come capirà, queste sono passioni che non escono da una testa o da una casa, casomai cercano interlocutori particolari, ma ormai senz’ansia perché molto si consuma in solitudine.
Ora dovrei descriverle i miei tratti fisici. Sono entrato nell’età anagrafica degli anziani, anche se mi chiedo spesso cosa significhi questa parola. Forse la signora Fornero lo sa meglio di altri ma lei parla di numeri, mentre la mia età parla di un dialogo maggiore con il mio corpo, dice che avendo molto visto e provato ho una quantità non banale di ricordi. Se in questa anzianità c’è il senso di un rivedere, verificare e la curiosità che si accompagna alla necessità di meglio capire, allora è vero, sono anziano anagraficamente e mentalmente.
In compenso sono ancora alto 190 cm. Non c’entra ma è buona cosa, mi piace e credo mi sia sempre piaciuto anche se non mi ha mai dato particolari vantaggi, casomai qualche mal di testa accidentale, però mi ha regalato la consapevolezza positiva che gli altri non dipendevano dall’altezza, o dalla forza, ma da ciò che mostravano di essere un po’ oltre l’apparenza.
Mi piace trovare un equilibrio tra il mio stare con me e la necessità degli altri, non mi taglio del tutto la barba da quando questa ha cominciato a essere interessante, mi curo con qualche preferenza e piccola abitudine, ma credo che il fine sia lo star bene. E di questo vorrei parlarle per concludere l’ aggiornamento di questo curriculum. Star bene col proprio corpo, con ciò che si vede attorno, con tutti i propri sensi, con i pensieri che si fanno e non si dicono, non è cosa semplice perché c’è un grande ingarbugliare di stimoli, di priorità, addirittura di necessità, oltre ai desideri, che anziché puntare sullo stesso obbiettivo, divergono, affascinano cosicché alla fine si deve ricomporre la sensazione di benessere in piccole tappe. C’è insomma un accontentarsi. Lei si accontenta? Io no, perché ho scoperto che accontentarsi include una piccola infelicità e quindi il pensiero che questa sia la condizione del vivere. Certo, anche il non accontentarsi ha dentro l’ insuccesso e l’ infelicità, ma aspira alla pienezza e quindi, in fondo, persegue la felicità. Guardi che le parlo di un non accontentarsi che ha ben poco di materiale e che è riferito a sé; non ha relazione con i successi che vengono solitamente apprezzati. E neppure se ne cura, anche se oscuramente, in qualche modo li propizia. Insomma ciò che ci sta dietro è una diversità di sentire e di vivere che non si conforma. In questo vorrei davvero concludere il curriculum e lo faccio con due domande. Quanto di ciò che le viene proposto mescola la differenza con la rassicurazione della conformità a un modello, insomma quanto le lisciano il pelo. E la seconda domanda è su quanto nel tracciare vite e aspirazioni di altri ci sono le sue difficoltà. Provi a pensarci e mi sappia dire cosa e chi cerca, io non l’ avrò però la posso ascoltare e forse magari la capirò meglio, e questa sarebbe una comunicazione nuova.
Roberto trovo che quanto hai scritto sia splendido, di uno splendore che lascia estasiati.
Che cara che sei Lavinia. Grazie :-*
Scrivi sempre cose che mi lasciano senza parole. Ma leggendole sento il cuore colmo.
Grazie Roberto e buon anno! 😘
Buon anno Josè, che sia pieno di te e di cose bellissime che ti abbraccino. Grazie per la tua presenza bella. 🙂