Le si era rotta la macchina e Louise aveva appena fatto più di 2 km a piedi a 13 gradi sotto zero. Arrivata a casa, suo marito Tiny, stava armeggiando con una stufa rubata e non la guardò neppure.
Lui non si era nemmeno preoccupato di quanto erano freddi i piedi e le mani di Louise.
Lei, aveva acceso il forno, cercando di cacciare il gelo che le toglieva ogni sensibilità e con il calore i tessuti cominciarono a far male. Piangeva sommessamente.
” Vuoi un Kleenex?” aveva domandato Tiny.
“Voglio la separazione” aveva risposto lei.
(Tom Drury, La fine dei vandalismi, NNE)
Poi il libro continua ed è un bel leggere che consiglio. Mi soffermo sulla disattenzione che è incompatibile con l’amore, con lo stare assieme, con l’avere davvero qualcosa da dirsi.
Divago da queste parole che sono l’esame di qualsiasi vivere comune: avere qualcosa da dirsi, implica attenzione, lettura sbagliata o giusta del pensiero, preoccupazione, affetto. Sono affetto da te, si dovrebbe dire, non sono innamorato di te (e di me). Sono affetto dalla necessità del tuo benessere, dai tuoi errori che non vedo e dalle qualità che solo io scorgo. Ma questo muta, si diluisce e diventa altro se manca una educazione ai sentimenti, e non importa sia raffinata, basta che l’attenzione ci sia e il bene dura. Comunque vada la vita. Per questo dovremmo pensare e dire: ti vedrò sempre, non diventerai mai invisibile per me. In fondo un poca di attenzione è naturale, è cortesia, l’altra attenzione che si aggiunge è quel progressivo dare splendore a ciò che conta. Se non mi vedi, non conto nulla per te. Magari non è vero ma nella grammatica dei sentimenti, vedere l’altro è indispensabile e solo l’essere visti fa cadere il pudore, altrimenti non ci si mostra, si chiude pian piano la confidenza ( con fidare, significa credere nell’altro) e resta la forma, il corpo, finché dura ed è interessante.
Siccome sono contorto, divagante e âgé, finendo il libro e guardando il calendario, ho pensato a 29 settembre di Battisti Mogol, la più famosa canzone del ’67. Cantata innumerevoli volte, maestra di comportamento per una generazione, col suo racconto di un tradimento light. In fondo la tentazione del nascondersi la presenza dell’altro è in agguato ( seduto in quel caffè, io non pensavo a te), ma non è questo che conta, sono invece le parole recitate da una sola parte a essere sbagliate. Parole che pur con tutti gli stereotipi di quegli anni non sono diverse adesso: l’uomo che prima si smarrisce (di colpo lei sorrise), che percorre immemore l’avventura, ma poi si sveglia, soffre e infine sceglie la sicurezza dell’amore consolidato. Storie come tante, ma allora nessuno si chiese che fine avesse fatto la ragazza del sorriso. E infatti scomparve, divenuta trasparente. E neppure adesso lo si chiede troppo. In una educazione sentimentale invece, la trasparenza non è ammessa perché la trasparenza è dilagante e muta in ipocrisia e se rinserra le domande in una certezza di scelta, non le risolve. Nella disattenzione non è importante solo il fatto che fa diventare cosa un’altra persona ma l’accadimento, il risveglio e il pensare a te dopo. Cosa cambia in un’autoassoluzione che evita le domande? Nulla, riaccadrà. Se quella canzone divenne famosa era perché parlava di ciò che accadeva -e accade davvero- e lisciava il pelo nella moralità della scelta. Non si poteva pretendere troppo da una generazione che cominciava appena a parlare di sesso, ma non ancora della persona. Si sarebbe dovuto iniziare ad approfondire se l’amore era avere qualcosa di profondo da dirsi, e non il possesso dell’altro e quando il sentimento finiva cosa accadeva. Invece come per Tiny si cominciava dalle lacrime e dal vuoi un Kleenex, mentre era il corpo che si stava gelando per disattenzione.
Mi piaceva molto 29 settembre cantata dall’Equipe 84, perché diceva che se si sbaglia non casca il mondo, però mancava un passaggio ed era: purché si veda l’altro.
Il calare dell’attenzione vero l’altro è connesso al finire del rapporto, oppure all’errore che si fa spesso di dare l’altro per scontato, ma l’epilogo è sempre lo stesso!
Buon fine settimana 🙂
Dare l’altro per scontato significa che si è capito tutto. Questa è la supponenza che uccide la comunicazione è il rapporto.
Grazie Silvia, buon fine settimana 😉
Dare l’altro per scontato.
Quando l’altro da il massimo, tutta la fiducia possibile.
Supponenza e silenzio. Disattenzione, comodità a 360
Si é capito che si può giocare, si può offendere e tradire quindi per un….sorriso.
Per vedere ancora se si è capaci di conquista, se si è ancora portatori sani di emozioni, di stupore…in fondo eterni adolescenti.
Gran bella riflessione…
Che stragi, dietro i sorrisi
Un sorriso apre e ciò che entra dipende da noi. Mi piace particolarmente la tua definizione: per vedere se si è ancora capaci di conquista, se si è ancora portatori sani di emozioni, di stupore… In fondo eterni adolescenti.
Grazie Marta, buon fine settimana 😉