Sempre più spesso ci viene chiesto di uscire dalla sicura conchiglia delle abitudini, è il nuovo che ha una sua urgenza perché già preannuncia che poi puzzerà di stantio. In questo starebbe il cogliere l’occasione.
Non so voi, ma spesso mi sento inadeguato alla possibilità e allora attingo alla sconsideratezza oppure cerco di fare sapendo che l’errore è compreso in ciò che farò, ma sono cosciente del senso del limite.
Per questo mi sorprendono i sicuri di tutto, quelli che salgono qualsiasi asperità: o sono tanto bravi oppure hanno perso la nozione del dubbio. Sembrano intrisi di quella che sembra essere costante novità, il farsi senza traccia in una infinita serie di sensazioni che non muta davvero e non fa proprio il nuovo ma lo considera già vecchio nel momento in cui si manifesta, quindi trascurabile e transitorio. E questo presunto nuovo è già abitudine, privo di vero cambiamento. Invece penso che l’unico modo per vivere tutte le età mantenendo la capacità di stupirsi, sia quello di far proprio ciò che non ha riferimenti, che non ricade nella consuetudine e che per questo ci spinge a mutare.
Non è forse questa la giovinezza ossia la perenne sensazione di non essere adeguati e al tempo stesso la voglia di inglobare in noi il mondo? E questo sentirsi inadeguati non è la spinta a superarsi per quanto è possibile nel fare, insoddisfatti ma anche onesti del dire il proprio limite? L’inadeguatezza e il cogliere l’occasione stabiliscono un equilibrio tra coscienza e volontà, non diventano arroganza, eppure procedono. Dovrebbero essere qualità di chi si trova ad avere potere, invece accade di rado, pare sia meglio seppellire il nuovo con il nuovo. Definirlo vecchio, incessantemente finché non verrà uno davvero nuovo a seppellire l’ultima arroganza.
I sicuri di sé in ogni tempo e in ogni luogo mi “puzzano” sempre. Perché in realtà, dietro a quella sicurezza io ci percepisco immobilismo, incapacità di evolversi. Sono quelle persone che vanno avanti con il pilota automatico senza riflettere sulle cose.
Che poi, c’è anche da dire che, ammettere di essere stati inadeguati, non è facile. Presuppone consapevolezza.
Sempre illuminante quello che scrivi.
Sento puzza di arroganza in chi è senza dubbi. Certo ci sono gli adeguati buoni, quelli che fanno le cose con la modestia del sapere e la curiosità dell’innovare, ma non alzano la voce, spesso non dicono e lasciano all’evidenza il compito di raccontarli.
Grazie E. per quanto scrivi e dici.
Elogio dell’inadeguatezza… … …
Singolare e bello il rapporto tra coscienza e volontà!
A volte capita anche a me. Soprattutto quando incontro persone molto diverse di carattere soprattutto se aggregate in gruppo.
Tutti siamo inadeguati per qualcuno perché tutto dipende dal nostro modo di essere che non può andare a genio a chiunque. Ciao.
Pensavo al mio sentirmi inadeguato Lady Nadia, alla mia coscienza del limite. Non posso andare a genio a chiunque, facendo politica in passato, oppure nel lavoro ho sperimentato spesso la condizione del solitario. L’alternativa è il gruppo e il pensiero comune, adattandosi. Si fa, non si fa, dipende. Però sentire l’adeguatezza è anche un riflettere su quello a cui viene chiesto d’essere conformi, ecco questo del conformarmi è qualcosa che faccio con difficoltà.