Fuori il cielo è diventato color piombo. Ha anche la stessa consistenza. Solo le nubi verso occidente sfrangiano al giallo. A chi conosce un po’ di chimica qualitativa viene da sorridere perché i sali di piombo sono rivelati dal giallo e l’aranciato. Intanto cumuli nembi, incuranti delle spiegazioni sui colori, si sono caricati di lampi, e adesso tutto si sussegue con quel timore atavico che lega l’uomo alla folgore. Finita la festa di saette, alcune vicine, sarà la pioggia ad avvolgere strade e case.
Tutto consequenziale, prevedibile, si può essere persino grati del rumore sul tetto e del brontolio che s’allontana. Evidentemente, non c’è nulla da capire, basta sentire e vedere.
Nell’uso delle parole, ben più pericolose delle saette, c’è un senso che appartiene a chi le dice. Chi ascolta, non di rado, manifesta una prevedibilità che coincide col desiderio. Si vorrebbe finisse in un certo modo la frase, il racconto, oppure capire così tanto da coincidere con la testa di chi ha scritto. Ma questo è il caso migliore, perché la maggior parte ascolta o legge distrattamente: non vuole fare fatica. Per questo non si deve spiegare, evitare le glosse che peggiorano l’incomprensibilità. Pensate ai vostri anni scolastici o ai libri complicati, chi leggeva davvero le noiose note a piè di pagina, o peggio a fine volume, spesso più oscure del testo e soprattutto quando si leggeva, quell’andare avanti e indietro non peggiorava forse l’attenzione, rivelando i buchi e l’ignoranza pregressa?
C’era però un fatto piacevole in tutto ciò, l’attenzione sviava verso angoli inattesi, poco spieganti, ma interessanti e fecondi. Spesso emergeva l’idea che superata la fatica quei pensieri così freschi e nuovi sarebbero stati ripresi, che qualcosa di originale sarebbe nato da quello che si comprendeva più o meno. Non andava così, ma l’impressione che qualcosa di utile fosse nato dall’incomprensione restava.
Per questo bisogna accettare l’oscurità. Anche propria. Perché è feconda e perché le parole nel migliore dei casi sono imprecise. E poi non si vuole davvero dire tutto, ma ciò che conta è selezionare chi è curioso, e può diventare complice. Cioè talmente vicino da interagire con le nostre presunte oscurità.
E per questo penso sia meglio non dare caramelle agli sconosciuti, le masticherebbero, impazienti, chiedendone altre. Una caramella come una nube, non si spiega, ma che fine farebbe la dolcezza di ciò che davvero si vuole condividere?
a proposito di enigmi, meglio il primo o il secondo brano? 🙂
Personalmente preferisco il primo, buona serata 🙂
Anch’io. Buona serata a te, Silvia 🙂
Urca, qualche caramella ogni tanto la lasci nei nostri blog. E allora GRAZIEEEE!😊
Bella riflessione.
Mi aggrego, anche a me piace il primo 🙂
🙂 Enigma surclassa le pump e circonstances dance. evviva
non c’è battaglia 😉 non c’era nemmeno da chiederlo!
Grazie a te, Nadia, per il molto che regali, sono ammirato dalla fantasia e dalla voglia di tradurla in parole.
Per poter scegliere avresti dovuto mettere due musiche simili, più o meno. Queste due musiche sono agli antipodi e son molto belle entrambe.
La seconda mi piace perché è più coinvolgente, trascina …sentire un orchestra è sublime
La prima, tranquilla, rilassante va bene la sera quando si resta con sè stessi.
predichi bene ma razzoli male :d Non dare caramelle agli sconosciuti ma tu scrivi dei post per i tuoi anonimi lettori 😀
Bando alle ciance scherzose. La parole possono far male di più di una saetta, perché la saetta illumina il cielo e sparisce, le parole colpiscono l’anima.
L’autore è lo stesso, Marta, sono sue musiche con finalità diverse, la seconda è apparentemente magniloquente e gioiosa, quasi un inno, quello che con abusato aggettivo, si dice solare. La usano perfino per i matrimoni, però… se ci si chiede cosa ci sia dietro quell’idea di patria allora le cose sono meno evidenti.
È il significato di ciò che è solare diviene superficiale.
La prima ha già nel titolo l’enigma, però parla di variazioni ed è paradossalmente più esplicita. La preferisco per il suo intimo interrogarmi, ovvero quanto sono vicino alla soluzione di me, alla mia coincidenza?
La mia tesi è che nulla sia veramente esplicito e ciò che è appariscente non porta con se meno fraintendimento ma ciò che dichiara di interrogarsi è più sincero.
Hai ragione Newwhitebear, ma relativamente perché questo posto è frequentato, prevalentemente, da persone che considero amiche. Come si può essere amici in questi luoghi in cui non ci sono obblighi. E di molti di loro leggo ciò che scrivono, cerco di capire tra le righe come sono, di vederli dagli indizi che disseminano di sé, quindi per me non sono anonimi. Qualcuno lo conosco di persona e se ha avuto pazienza con me, sono meno enigmatico. In fondo c’è una selezione naturale perché ci si frequenta tra affini, gli altri se ne vanno.
La parola ferisce o risana, come ogni utensile rivela l’animo e il momento di chi lo usa. Mi piace l’uso preciso delle parole e questo, anche quando ferisce, rivela attenzione per chi ascolta.
Assolutamente profondo. Da applausi il penultimo capoverso!
Grazie Alessandra 🙂
ma ciao! io non riesco a sentire i brani… ma le parole o i silenzi a volte sanno fare tanto bene e altre tanto male.,… io vorrei una caramella ora pero… uff!
Benvenuta Alessialia:-).
I due brani sono di Elgar: un pezzo delle variazioni Eligma (nimrod) e l’altro è l’inizio delle pomp and circonstances. WordPress non collabora con youtube a volte.
I silenzi hanno un loro linguaggio molto significativo 🙂
i silenzi sanno fare male… o sanno regalare forti emozioni!
grazie!