Cos’è moralmente un assassinio? Mi spiego meglio, se scientemente si lascia che una persona muoia, se non si presta aiuto potendolo, se si ritiene che la vita possa essere affidata alla clemenza del caso, se si assente a una politica o alle norme di legge che implicano la morte come probabile, come si può definire moralmente questo modo di pensare, di distogliere lo sguardo?
Questo è il momento di chiederci dove inizia l’umano nelle nostre società, dove i principi, ciò che sembra contraddistinguere questa epoca, non siano solo parole e contenitori vuoti di sentire.
Lo misuriamo nella difficoltà del cambiamento verso il meglio nelle nostre piccole società fintamente libere, e vediamo che non dipende solo dalla volontà di poche persone, ma ha la necessità di trovare un denominatore comune che ne giustifichi la fatica. Cioè essere contro ha dei costi fisici ed è una fatica rispetto al conformismo che assente, non ascolta, si volta dall’altra parte. Partiamo dal fatto che esistono certamente diversi modi di vedere la realtà, che il giusto è un concetto con una discreta relatività e che in un’epoca post ideologica forse dovrebbe essere più praticabile, almeno dialetticamente, ma che invece scivolano verso il pensiero unico. Ciò che troviamo di assoluto in una fotografia, in un testo magari diffuso attraverso questi mezzi immateriali, ha però una forza che supera la barriera dell’indifferenza. Il dolore delle donne e dei bambini, il sangue degli innocenti, i morti sulla spiaggia o tra le rovine, la narrazione delle infinite angherie che uomini infliggono ad altri uomini riesce a colpire per poco tempo le menti. E forse per pochi minuti subentra il sospetto che il mondo in cui viviamo abbia un’ingiustizia diffusa e profonda. Così quando guardiamo il lavoro senza speranza di riscatto di persone immerse nel fango, quando vediamo le città che affastellano catapecchie in cui si ammassano persone, quando si sente il racconto del cammino di fuga dalla fame, dalle persecuzioni di uomini che portano con sé bimbi e donne che sarebbero solo cose se rimanessero dove sono nati, qualcosa in molti si muove. Per poco ma si capisce che questo mondo che viene distrutto per mero profitto, ha in sé qualcosa di profondamente ingiusto. Il povero, il perseguitato, l’annegato, la violentata, l’ucciso dovrebbero maledire, raccontare del loro dolore e rendere tutti responsabili perché indifferenti. E forse lo fanno, forse questa maledizione rende ciechi e inani, guasta il mondo e la vita, rende vana la bellezza, impedisce di cambiare e porta alla distruzione. Non voglio pensarlo, voglio pensare che la somma delle ingiustizie ne generi la coscienza, che il dolore non sia sprecato, disperso occultato, che ogni amore, ogni benessere, ogni tranquillità debba considerarlo per restare tale. Voglio pensare questo perché quella parola: maledetti, non aleggi dove viviamo e neppure altrove, altrimenti non ci sarebbe nessun cambiamento e per le nostre città, nazioni, continenti non ci sarebbe speranza, perché l’indifferenza è il peggiore dei contagi e non ha cura.
Mi sa che hai colto il senso della questione molto bene… a cosa corrisponde lasciare che una persona muoia, anche solo per distrazione, a cosa corrisponde?
Bellissima riflessione. Parole dure che colpiscono. Credo che un periodo di silenzio, riflessione e ridefinizione personale almeno (lo dico per me) sia necessario.
Il pensiero dominante sembra essere debole , anche il cuore debole l’ insieme mi mi riferisco alle persone comuni come me sembra confuso tra realtà dell’attimo tragica e immagini che girano nella nostra mente . Abbiamo tempo di fermarci anche se stiamo viaggiando in auto .
Chi non soccorre e lascia morire un essere umano non è mica umano … Perché non scatta istintivamente la reazione adeguata ?
Ovunque si trovi il poveretto se sono in grado devo e voglio soccorrere chi sta morendo . Se non sono in grado chiedo aiuto , subito !
Riporto la parte di un articolo o di un ‘intervista di Pier Paolo Pasolini ,che trovo preveggente e pertinente :
“C’è un’ideologia reale e incosciente che unifica tutti: è l’ideologia del consumo. Uno prende una posizione ideologica fascista, un altro adotta una posizione ideologica antifascista, ma entrambi, davanti alle loro ideologie, hanno un terreno comune, che è l’ideologia del consumismo. (…) Ora che posso fare un paragone, mi sono reso conto di una cosa che scandalizzerà i più, e che avrebbe scandalizzato anche me, appena 10 anni fa. Che la povertà non è il peggiore dei mali, e nemmeno lo sfruttamento. Cioè, il gran male dell’uomo non consiste né nella povertà, né nello sfruttamento, ma nella perdita della singolarità umana sotto l’impero del consumismo”.
Scusa l’invadenza ma è venuta giù come una cascata d’acqua… bravissimo Willy, grazie
Serve a tutti
La mia risposta è che l’umano oltre la prossimità e l’affinità sta sfuggendo dalla morale comune
L’umano è annegato. È morto fingendo di non esserlo.
Si Willy l’umano è sfuggito oltre il proprio naso , certi momenti penso anch’ io che galleggi a testa in giù . La sola sensazione questa che mi fa girare la testa . Ciao
Non so che dire Francesca, penso che bisogna resistere a tutto quello che ci rende insensibili, che è contro tutto quello che si è raggiunto come percezione di umanità.
Si sono d’accordo penso che non bisogna proprio mollare ! Bisogna abbandonare tutto tranne l’essenziale … Restare vivi fa parte dell’essenziale ! 🤗🥀🥀🥀