scena prima
Un tubo dell’acqua, quello principale che collega il contatore alla casa, decide che la resilienza non è una virtù e si fessura. Un ruscello invisibile si fa strada sotto al pavimento del garage, trova la sua via verso un chiusino e lì scroscia allegramente. Chissà che avranno detto gli animali del sottosuolo di fronte a questa nuova meraviglia. Una cascata, finalmente ci hanno portato l’acqua corrente, è da molto che avevo fatto domanda ma nessuno mi dava ascolto. Un brulicare di certo si è spostato mentre, vorticosa, la rotellina del contatore girava giorno e notte. Se l’acqua va altrove, la casa ne è priva, o quasi, la logica porta all’ascolto, al pensiero che qualcosa sta accadendo nel sottosuolo. Che fare? Non è una domanda politica, anche se in parte potrebbe portare a considerazioni sull’economia e sulla rispondenza alle urgenze: si cerca un idraulico. Possibilmente un musicista dotato dell’orecchio assoluto, in grado di trovare dove la perdita si è originata. Tralascio le telefonate e le segreterie telefoniche, alla fine un amico mosso a pietà accetta di venire. E qui nasce la prima domanda filosofica a cui bisogna rispondere: dove si trova il punto di attacco della condotta principale con l’impianto della casa ed esiste una chiave d’arresto che possa isolarla dal flusso che sta deliziando gli animaletti del sottosuolo?
Il tempo passa e l’acqua scorre, le indagini diventano convulse, disperate, sconsolate. Infine la pratica prevale sull’idea platonica di attacco generale. Con il mio desolato consenso, viene autorizzata la ricerca seguendo i tubi. Voi non sapete quante mattonelle si possono rompere per seguire un tubo, come si può scarnificare una parete, cosa sia l’autopsia di un impianto che di certo ha i suoi anni ma poteva vivere allegramente ancora per molto. Esistono degli attrezzi che facilitano il lavoro e pur nella responsabilità etica dell’esecutore sono efficacissimi nel seguire le tracce. Veri segugi i martelli demolitori, non hanno questo nome a caso. Incapace di sostenere questa nuova forma di scultura in negativo, il proprietario si allontana e si raccomanda al buon cuore dell’idraulico.
Dopo un giorno di ricerche l’araba fenice viene trovata e naturalmente era nel posto più impensabile che potesse essere immaginato: a mezza parete sopra un termosifone. Nel frattempo due carriole di mattonelle e detriti assortiti sono stati portati fuori casa. Il loro trattamento meriterà un discorso a parte. Trovata l’origine della vita, il resto prosegue in fretta e in meno di una giornata l’impianto è ripristinato, l’idraulico e il suo assistente, salutano, il proprietario ringrazia, immagina che si portino via i detriti accumulati nel giardinetto, ma ciò non è possibile perché bisogna consegnarli in una discarica particolare e lo farà il muratore che metterà a posto.
Scena seconda
Abbiamo l’acqua, le cascate sotterranee sono arrestate, gli animali ctoni saranno insoddisfatti ma protesteranno per loro conto al loro acquedotto oppure, indignati, cambieranno di casa. Oltre all’acqua, abbiamo due cumoli di detriti vari, Scilla e Cariddi, alcuni tubi a pezzi, manicotti vari, stoppa in notevole quantità, potrebbe uscirne una parrucca bionda, una verga di tubo da 3/4 di pollice di circa quattro metri, mezzo sacco di cemento idraulico e coperture varie per tubi in poliuretano (sulla natura del polimero mi affido alla mia vecchia scienza). Tutto questo se non assomigliasse a un deposito di detriti in una strada secondaria potrebbe essere un magnifico esempio di arte povera che ingloba parte del tronco del ciliegio. Un pezzo da collezione difficilmente riproducibile che se portato in Biennale potrebbe facilmente occupare un angolo di un padiglione come opera prima.
Questa è la mia visione, ma non quella dei coabitanti che premono perché dentro e fuori si passi dall’arte povera alla normalità delle pareti senza sculture alla Giacometti, alle mattonelle nei pavimenti e nella doccia, alla otturazione di alcuni artistici fori frastagliati che attraversano le pareti. Inizia la ricerca del muratore piastrellista. Questa specializzazione, ovvero quella del manutentore di muri, pavimenti, tetti, è diventata rara come quella dei filatelici o dei numismatici. Ognuna di queste persone, spesso non giovani, hanno una lista lunghissima di appuntamenti, minuti contati e devono trovare ciò che necessita al loro lavoro a disposizione. L’arte di chi ricostruisce è una rarità e ho avuto la fortuna di cercare la persona giusta solo per un paio di mesi. Ha fatto il sopralluogo, ha esaminato con occhio critico la vivisezione dei muri e dei pavimenti, mi ha fatto alcune domande a cui ho risposto con parole vaghe e comunque non soddisfacenti. C’erano mattonelle avanzate 20 anni prima del pavimento, e quelle per la doccia esistevano ancora? Poi altre piccole notizie su cui ero assolutamente impreparato, ovvero se e dove erano le prese d’aria del locale caldaia, anch’esso toccato dal martello demolitore, se esistevano altre linee acqua, ecc.ecc. Ha scosso la testa, chiesto una matita e su un pezzo di cartone mi ha scritto cosa dovevo procurare, la quantità e la pezzatura. Ha osservato qualcosa sulla possibilità di realizzare un mosaico con i pezzi di mattonella e sul fatto che gli idraulici dovrebbero fare gli idraulici e lasciare ai muratori il compito di demolire con il minor danno possibile. Insomma mi ha fatto capire che dovevano intervenire contestualmente e alle mie deboli considerazioni sull’urgenza, ha nuovamente scosso la testa dicendo quello che avrei risentito. Quando si fa così si può anche demolire la casa. Andandosene si è portata via l’opera di arte povera e questo mi è sembrato di buon auspicio.
Scena terza
Con il mio pezzo di cartone e alcuni campioni di mattonelle mi sono messo alla ricerca di qualcosa che assomigliasse ai desiderata del muratore piastrellista. Qui la vicenda prende un verso, nel senso di strada, imprevisto. Primo. Non sapevo che la vista di mattonelle datate e del racconto dei fatti accaduti nonché del probabile futuro, potessero suscitare sentimenti ed emozioni così diverse nei miei interlocutori. Secondo. Non avevo nozione che la logistica delle mattonelle fosse una branca della topologia e avesse a che fare con la teoria delle probabilità. Andiamo per ordine.
Il primo magazzino di mattonelle era sfavillante di luci e colori, affollato da giovani coppie che volevano cambiare bagni e pavimenti o addirittura pareti con il meglio della produzione di Sassuolo e dintorni. Naturalmente la commessa e il proprietario del negozio seguivano questi clienti avvolti dal dubbio e proponevano soluzioni diverse su campionari pesantissimi. Sistemati tutti in circa un’ora, ovvero lasciati alle difficili scelte per la vita, il proprietario è venuto da me e alla vista delle mattonelle e alle mia domanda se era possibile trovare qualcosa di simile, ha dapprima scosso la testa, poi ha chiamato dal magazzino, un paio di persone che potevano avere la mia età e ha cominciato a discutere con loro sull’età delle mattonelle, sul produttore (fallito), sullo spessore e qualità ottica del rivestimento. Mi sono sentito come un archeologo che porta un frammento del mosaico di epoca imperiale scoperto e che vorrebbe ricostruirne un pezzo. La discussione proseguiva tra loro, e sembrava interessante perché ogni tanto uno dei tre mi prendeva la mattonella dalle mani e disquisiva con gli altri. Alla fine mi hanno dato una serie di conclusioni interessanti, ovvero che almeno due delle mattonelle erano già introvabili all’epoca in cui erano state posate: un residuo di magazzino. La terza mattonella semplicemente non esisteva più nel formato, nel senso che quella misura era stata dichiarata fuori da ogni mercato possibile e nessuno, sottolineo nessuno, neppure in Cina, la faceva più. Il proprietario mi ha poi detto che il loro lotto minimo era di dieci scatole, mentre a me ne serviva meno di mezza. Sono stati gentili, i due più anziani continuavano il discorso rammentando la gioventù, il proprietario mi ha sorriso e mi ha dato la mano, come si fa adesso mettendo le nocche e non i palmi. Sono uscito contento, era ormai notte e attorno la zona industriale era piena delle luci rosse degli stop, aleggiava un vento fresco che mischiava l’odore del luppolo fermentato della birreria, con gli scarichi dei camion dell’est. Il camino dell’inceneritore fumava allegramente in fondo al viale. Però avevo un altro indirizzo, dall’altra parte della città e mi sono avviato.
Scena quarta
Trovare un magazzino in quella che era stata una zona industriale abusiva, sorta dopo un bombardamento lungo una ferrovia e ormai semi abbandonata, era un’impresa, ma alla fine il navigatore ha vinto. La porta del magazzino era semichiusa e il tutto era avvolto in un flebile chiarore che veniva da un ufficio a lato dell’ingresso. Sono entrato con le mie mattonelle e il pezzo di cartone. Forse ero al buio e non mi vedevano ma per un tempo non breve nessuno mi ha badato e un signore con il cappotto e il cappello, discuteva ad alta voce con una signora, forse l’impiegata, seduta vicino a una stufa elettrica e che ogni tanto batteva qualcosa su una bellissima Divisumma Olivetti, strappava il pezzo di carta e lo mostrava indicando le sue ragioni. La scena era appassionante, mi sembrava di essere finito in un film neorealista. Alla fine, battendo sui vetri, mi hanno visto e il signore con il cappello mi ha fatto segno di attendere. La discussione è proseguita fino a un momento in cui è sembrato che avessero trovato un accordo e mentre l’impiegata ha iniziato una lunga serie di operazioni, il signore con il cappello è uscito. L’esperienza precedente nel negozio sfavillante, mi ha fatto cambiare approccio e ho cominciato raccontando la storia del tubo.
Qui forse è meglio che riferisca il dialogo.
io. Si è rotto il tubo principale dell’acqua in casa e per trovare l’attacco hanno rotto quattro pavimenti diversi, sto cercando le mattonelle per riparare al danno.
Signore con il cappello (Scc). E non ha venduto la casa? Doveva vendere la casa, sua moglie adesso avrà il terrore che si rompano tubi da altre parti. Venda la casa.
io. Non posso vendere la casa, anche se volessi adesso assomiglia a un campo di battaglia.
Scc. Faccia uno sconto al compratore, ma venda ne guadagnerà in salute. Non dica che non l’ho avvisata. Meglio vendere.
io. Ma queste mattonelle (mostro quelle che ormai mi sembrano lacerti di una miseria antica) proprio non si trovano o almeno qualcosa che assomigli.
Scc. (prende le mattonelle) Queste hanno almeno 35 anni e almeno da 30 anni non le fabbrica più nessuno. Se io le do qualcosa che non assomiglierà mai a questi colori, sua moglie ogni volta che le vedrà si lamenterà. Venda la casa, ascolti me, la venda ed eviterà il divorzio. Il divorzio costa, sa…
io. Non posso vendere la casa (mi viene da ridere, la situazione è diventata allegra, mi sembra di vivere dentro una commedia dell’arte), non può proprio aiutarmi con qualcosa che assomigli a queste mattonelle?
Scc. (guarda con sguardo critico le mie mattonelle, ne estrae alcune dalle scatole che si sovrappongono ovunque, me le mostra) Lei di quante mattonelle ha bisogno? (sente le misure scritte sul cartone, sorride) Cerchi di seguirmi nel ragionamento, io devo ordinare a Sassuolo, quattro scatole di mattonelle diverse che assomiglino alle sue. L’ordine viene evaso in un mese. Le sue mattonelle vengono caricate su un pancale, insieme ad altre che ho ordinato io, o altri di questa città. Il pancale viene caricato su un bilico da 16 metri perché le mattonelle pesano e si deve riempire un camion per diminuire i costi. Il camion viene guidato da un camionista dell’est, perché non si trovano più autisti in Italia. Questo autista che conosce un po’ di strade, fa sempre lo stesso giro. Parte, si ferma, scarica, riparte, va nella città successiva e ricomincia. Tutto di corsa perché deve finire in giornata, non gli pagano la notte fuori. Gli ordini piccoli come il suo, una volta su due vanno a finire nel posto sbagliato. E secondo lei, io dovrei cercare dove sono finite le sue mattonelle? Ma non ci penso neppure e così le ordino di nuovo e spero arrivino dopo un altro mese. Lei le pagherà il doppio, sua moglie non sarà contenta. Venda la casa.
io. Non posso vendere la casa, non posso tornare senza mattonelle, mi aiuti con qualcosa che ha in magazzino.
Scc. Va bene (estrae alcune mattonelle che assomigliano alle mie, cinque hanno una misura enorme che giustifica dicendo che più grande è la macchia meno si vede. Il tutto lo mette in una scatola e me la infila sotto braccio) gliele regalo, mi pagherà un caffè quando vende la casa. Perché, vedrà, prima o poi la vende.
Sorrido, saluto il signore con il cappello, lo ringrazio ripetutamente. Torno a casa felice e allegro.
Conclusione.
Il muratore dopo un paio di settimane, ha rimesso a posto muri e pavimenti, ha brontolato in silenzio e la casa ora ha un fascino nuovo che mia moglie non condivide appieno. Forse ha ragione il signore con il cappello, meglio vendere la casa che aggiustare un altro tubo.
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Ammappete certi ,”piccoli disastri ” mettono a subbuglio il proprietario ! Anche la moglie , nel susseguirsi dei fatti ci si cala nella situazione e viene da borbottare … È il caos …poi ho sorriso perché il dialogo tra te e il negoziante mi ha divertito . E va bene arrivi baldanzoso ma dopo due settimane di fatica …di fronte ad una casa quasi nuova dai ragione al negoziante ! E sono scoppiata a ridere … ahahah Vendesi 🏡 !!!
Bo ,chissà …
Bel racconto, io da qua mi sono divertita. Tu dubito ,perlomeno ,durante i lavori in corso
Caro Willy buona fortuna e buona notte 🌌🤗
Ormai è fatta, ma non è stato semplice, oppure se era semplice non c’era divertimento. Buona notte Francesca 😊😴
È semplice crederti amico caro 🥀🥀🥀; è andata ! Grazie per avere condiviso con noi l’accadimento . 😉