non se ne esce

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Uno ne esce o non ne esce. Non dipende da lui o almeno, non da lui solo. Oppure dipende da lui e non ne ha voglia, volontà, perché star male poco è meglio che niente. È il niente che assale, che sgrana la vita. Mica siamo rocce. E poi si sgranano anche quelle e diventano ciottoli e sabbia di fiume. Giocano con le trote fino al mare, poi con i cefali mentre l’acqua spinge con dolcezza verso il buio.
Non ci si deve sgranare al buio:le cose diventano più grandi e minacciose, il tempo si allunga troppo e non serve a nulla. O almeno a nulla che non metta inquietudine, e cosi non se ne esce. Meglio dormire e pensare che la sabbia torna a riva e si ricompone nei castelli che fanno i bambini. E che luccica di quarzi e ametiste quando la luce è radente. Prima che l’acqua si riprenda tutto. Anche i castelli, i pensieri, e i ricordi. Pochi quelli. Ma mai la bellezza. E siamo vivi.

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