L’insicurezza non se n’è andata. Forse perché già prima c’era e nell’oggettività della pandemia ha trovato una sua espressione esterna ma è l’interiore che conta per capire la realtà. Tanto più c’è una comprensione profonda di sé tanto più la realtà si semplifica, mette in ordine le importanze e ciò che è complicato si apre in scelte binarie, o un sì oppure un no. La realtà resta interpretabile e fuggente, quando parliamo dello stesso fatto, e ancor più se si tratta di un ricordo, più persone raccontano realtà differenti eppure erano tutte sullo stesso posto, ma l’hanno vissuto in modo diverso. Sentire ed emozione hanno cambiato l’oggettività dei fatti che, alla fine, sembrano essere vissuti in un presente comune e sfuocato dove le certezze si fanno traballanti.
Perché non dovrebbe esserlo ora quando è l’esterno che ci bombarda di saperi che non sono tali e neppure consistenti, viene detta una cosa e il suo contrario e ogni giorno ha la sua verità. Così le speranze prendono il sopravvento sulle analisi e sul dubbio perché è meglio aver qualcosa da raccontare piuttosto che l’insicurezza di non sapere davvero dove andare.
Questo è il punto che forse destabilizza di più, non c’è un posto dove andare e quindi non resta che attendere e guardarsi dentro per capire cosa è importante per noi. E si torna alla grande divisione tra certi e dubbiosi, sapendo che le sicurezze possono essere dissimulate, negate, sostituite, accettate con fatalismo oppure annegate in uno stagno di presente che non offre idea di futuro, anche se ha il gran pregio di essere un incontro tra desiderio e piacere, oppure tra inazione e fatalità. Quindi il tempo dell’insicurezza, nobilitato spesso (dove si può) nel dubbio ci ricorda che questa nostra epoca felice è immemore dell’insicurezza costante delle stagioni passate, non ha percezione del tempo ma confida nella scienza e dopo averla maltrattata le dice di tirarci fuori dai guai.
Nessuno, neanche un vaccino, ci toglierà da noi stessi, dall’ipocondria crescente, dalle depressioni che serpeggiano, dall’attesa miracolistica di qualcosa che sistemata la pandemia sistemi anche l’economia. L’insicurezza assume il tempo che trova , l’uomo che trova e si adatta con gli strumenti che ha a un presente da tenere a bada. Si pensa d’essere immersi e in realtà si galleggia su una superficie fatta di stimoli. Una giostra dove si percorre con un trenino una finzione e tutto è insieme reale e falso, perché l’incertezza è in noi e lì si dovrebbe risolvere ed evolvere in una nuova serenità che mai abbiamo perseguito. Non ci siamo abituati, non ci è stato insegnato e ci servirebbe così ognuno s’arrangia come può.
Credo che anche le persone che ostentano sicurezza, in realtà, siano preda di una insicurezza profonda che non vogliono ammettere o riconoscere. L’essere consci della sua presenza in noi è forse il primo passo per attenuarne gli effetti. Buona serata a te.
Credo tu abbia ragione, l’insicurezza viene molto spesso dissimulata. Le fragilità come il coraggio sono la coscienza della propria misura, la società della competizione rende inutilmente sbruffone anche che ha timore e dubbi, ma pensa di non poterlo mostrare. Che sia una buona serata