neanche un grazie

Dev’essere qualcosa che ha a che fare con l’attenzione, troppe cose sono date per scontate. Oppure è l’invidia che porta a scartare ciò che le dà fastidio. Forse è il giudizio, che ridimensiona e toglie dalla vista ciò che viene dato senza una pretesa particolare che non sia un gesto, un sorriso, un riconoscere. Come se tutto fosse dovuto, tutto insufficiente o peggio, non avesse valore e così venisse disperso nel consueto. Quante volte accade nei sentimenti che una attesa sia delusa. Non accade con i bimbi, sempre in grado di sorprenderti e anche se non capiscono ciò che gli viene dato, magari con sacrificio, nel loro bisogno immenso di amore e di protezione, la cura la restituiscono in gesti improvvisi di affetto e di tenerezza. Ma tra adulti dopo l’innamoramento, quando l’amore si trasforma, quando cominciano le piccole perdite di attenzione, il non vedere il valore di ciò che sembra abitudine e non lo è, allora già una piccola crepa si è aperta e ciò che era equilibrato non lo è più. 

E nel lavoro, l’attenzione in più, il gesto di responsabilità che supera ogni orario, ogni retribuzione quante volte viene preteso senza essere riconosciuto. Di quegli anni ho il ricordo pieno: le difficoltà del mercato, i debitori che non pagavano, il lavoro da trovare e le lotte intestine tra soci e poi nello stesso personale, a disfare ciò che con molta fatica era stato costruito. Discordie tra persone, errori inammissibili, piccoli interessi personali e la sensazione che un ambiente prima forte e sereno, si deteriorasse dal di dentro. Perduta l’idea di essere qualcosa di unico come sentimento comune, cosa restava? Lo stipendio a fine mese. E in un’impresa, come in amore, bisogna essere unici, non fungibili, perché questo è il valore aggiunto, l’unicità che si può mettere sul mercato assieme all’onore di fare le cose per bene.

E nella politica, dove è vietato essere ingenui, non avere un’attesa personale più alta del valore vero che si può dare, come ha funzionato? Allo stesso modo, perché serve essere parte forte di un’idea, perseguirla, ma anche avere i collegamenti, costruire le amicizie, le reti, mettere assieme il consenso. Non sono spesso le opere che determinano il successo, ma il racconto di esse, l’idea di una diversità perseguita come tratto proprio, come solitudine, non è apprezzata. Avere qualcuno a cui rispondere e a cui portare consenso, funziona molto meglio che impiegare tutta la propria attenzione e impegno per qualcosa che dev’essere fatto perché serve davvero. E raccontare la verità, naturalmente la propria e chi lo fa onestamente ne è ben conscio, non porta bene, anzi mette ai margini.

Anni di mazzate, silenti e sorridenti. Anni di confine, fino a dire mai più. Non si misurano così i fallimenti, ossia ciò che non si è fatto e si sarebbe potuto fare? C’è un sistema infallibile per capire come funzionano le cose: le richieste  di favori. Funziona ovunque per misurare assieme importanza e indifferenza, e quando cominciano a rarefare le richieste, significa che già qualcosa si è definitivamente rotto. Se tutto è dovuto, allora ci si misura con se stessi e ci si chiede dove si è costantemente sbagliato. Gli errori non sono mancati, le mosse sbagliate, qualche eccessiva fiducia in sé, ma alla fine credo si possa accettare di aver vissuto come si credeva opportuno, giusto, ciò  che invece è più difficile da accettare, e questo è in qualsiasi attività o sentimento si abbia, è che non ci sia neppure un grazie. Per questo, per ciò che in misura differente capita alla gran parte di noi, bisognerebbe ricordare che una gentilezza, un gesto gratuito restituisce qualcosa a qualcuno che, magari non a noi, ma ha dato e ha bisogno di sentire che non è solo. 

 

2 pensieri su “neanche un grazie

  1. Ma anche un semplice grazie significherebbe guardare ad altri che se stessi e in un mondo esmpre più egocentrico, quando non egoista, è “fatica” che la maggior parte delle persone (per fortuna non tutte) non vuole fare… purtroppo.

  2. Mi spiace che sia così, ma hai ragione: anche un grazie è un’attenzione e in questo mondo si è enfatizzato un io privo di altri che non siano utili. Ci sono epoche storiche che oscillano tra l’io e il noi, speriamo che la seconda prenda il sopravvento.

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