Scurisce l’aria, a onde lunghe, progressive. I fiori del mandorlo sono una macchia che scivola dal rosa al pallido bianco. Un’idea della notte. La stessa che si sprofonda nell’acqua. Che diventa fredda e si cela per gelosia di altra vita: misteriosa minaccia nel suo buio. Sulla riva onde lunghe muovono piccoli sassi e sabbia, spostano conchiglie. Le regalano alla terra e le riprendono. Incessanti e quiete. Il cuore si sintonizza col rumore che diventa suono e s’acquieta. S’accontenta della riva e dei sogni che in essa arrivano già franti: rimasticature d’eventi accaduti. Da ricomporre in nuovi disegni.
E non si ferma il moto mentre l’aria si fa fresca e si gonfia di profumi. Di odori forti. Lì c’è una casa, un’attesa e una luce calda, mancano solo i passi per raggiungerla. Poi tutto ridiventerà normale. Persino la quiete scomparirà d’incanto lasciando un brivido che caccia l’ultimo freddo. Quello ingiusto perché non desiderato, perché non avvolto in un abbraccio. Perché rammenta una solitudine non appresa.
La notte entra per le finestre aperte ad accogliere la luce, entra scurendo gli angoli, smussando le asperità dei ragionamenti e vorrebbe assomigliare all’acqua, ma di essa conserva solo ciò che piano muta. E si cela nel profondo d’ombra. Rinquatta come bestia che cerca il sonno e la protezione della tana.
Il buio avvolge gli ultimi luccicori d’una porcellana, spegne un riflesso sul vetro molato degli specchi. Si stende, riposa, avvolge. Entra dentro, sussurra che poi ci saranno i sogni, il sonno, l’interruzione del pensare e del dover fare.
In cielo le stelle compongono i loro alfabeti. Da giorni non passano più aerei, resta il silenzio che si sovrappone al vecchio tacere delle cose a sera. Sono onde di silenzio e d’oscurità che il cuore ora apprende e teme per quell’oscuro che non ha nome, ma è gorgo e vertigine di sé che si esplora di rado perché è come fondo che non si vede, come le erbe silenti nel fiume che si muovono sinuose alla corrente, come ciò che s’acquatta tra esse e gioca a rimpiattino con la percezione.
Avere coscienza d’ogni cosa ci è già stato tolto, è rimasta la nostalgia di un’assenza che dev’essere scoperta: si crede contenga felicità quiete. Consapevolezze. Non è così il conoscere che guarda nel buio dentro, ma il pensiero è oltre la riva che carezza il cuore, oltre lo scuro che ora ha invaso le stanze, oltre gli occhi che si chiudono cercando.
La notte
entra piano dalle finestre
e così il mandolo fiorito
rassicura, sussurra
che ci saranno sogni
e poi il riposo
pausa di pensieri
e del fare.
La notte
contiene felicità
quiete
S’addormenta, il fiume
l’acqua che sveglia
piega i piccoli steli
e li culla.
Il pensiero è oltre la riva.
La notte
è la culla delle stelle
alfabeti e arabeschi
che indicano
vie, strade
di ritorni e speranze.
E arriva la coscienza
muta
delle cose.
mM
(dalla lettura è nata la poesia)
Che bellezza. Marta, grazie e ancora grazie ❤️
❤️❤️❤️
Con tre cuori cosa posso rispondere se non arrossire. Ma tu non mi vedi. Benvenuta ❤️
E’ accaduto ed è una specie di miracolo,poteva accadere solo su un blog ( ne restano sempre meno) ma non su tutti. La scrittura vera, profonda, quella seria che nasce da un’armonia che ognuno di noi possiede dentro senza saperlo è contagiosa: così Marta ha scritto una lirica perfetta e Mozart ha aperto orizzonti ancora più ampi. Tu hai un gran merito in questo caso Willyco spero te ne renda conto. Arrossisci e ricorda questo momento.
Come non potrei non arrossire per le tue parole. Scrivere su un blog è comunicazione ormai tra pochi amici e Marta ha regalato una sintonia preziosa.
Come il tuo cogliere e sentire che si può andare oltre le parole è per me cosa preziosa. Grazie Vincenzo.