Oggi ho letto un testo, bello. Era bello e tenero, parlava delle persone in questi giorni. Delle persone che si riconoscono, dei condomini immensi che si riscoprono pieni di persone, di vite, di bisogni. Non solo rumori, assemblee per trasformare le porte in fortilizi, ma parole scambiate, piccole necessità, premure per sconosciuti. Parlava di una realtà che s’illumina negli smartphone, nei tablet, ma che improvvisamente alza gli occhi e rivede un vicino. Non una porta ma chi ci sta dentro. Mi è sembrato bello perché era positivo, non si fermava al lamento, anzi non si lamentava per niente. Neppure parlava dei tempi della normalità.
Ho pensato, ma qual è la normalità? Perché ci serve un evento per alzare gli occhi e nuovamente vedere e sentire chi ci sta attorno. Questa è la parte malata sul serio di questa società, lascia perdere chi è appena oltre un pianerottolo, chi ha un orario diverso. Non vede e preferisce il rumore alle parole, al capire.
C’era profumo di pane in casa e ho pensato a quando si fa un dolce e se ne offre al vicino. A quando si condivide e a un certo punto le età si confondono, restano i bisogni. Diversi, con urgenze differenti, ma sono sempre una carenza di qualcosa. E ho pensato ai sogni. Ne ho avuti molti. Ancora ne ho. A quanti ne ho condiviso, di quanti ne ho parlato prima di tacere. Di questi sogni poi si è avverato altro, che non era da buttar via, ma era il terreno per altri sogni. E così sono stati i fallimenti che hanno contato più dei silenti successi. Sono stato fortunato, felice, triste, malinconico e chissà quante altre cose. A quante persone davvero l’ho detto, che pure non erano distanti, che potevano capire?
E della mia piccola pazzia, ho lasciato trapelare solo a volte il lato allegro, l’ho condita di troppe parole perché si nascondesse nelle malinconie di tutti. Ecco che assieme al riso si sarebbe potuta condividere la malinconia e i biscotti. Quelli che faccio bene, per mangiarli assieme. E tutto questo senza che ci fosse un evento per alzare la testa, per spingere verso l’altro con allegra sollecitudine.
Di questa parola vorrei tenere il senso dentro e dopo questi giorni: sollecitudine allegra. Un po’ pazza, leggera, tenera, ma sollecitudine per chi vive attorno e sogna. Proprio come me.
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