Ci si confronta con la densità dei sogni, li si chiama passioni. Si trascura ciò che suggerisce la logica del relativo e si fornisce loro credito. Non sono forse i sogni, e quindi le passioni, che ci liberano da una realtà ripetitiva, che mettono a posto l’oppressione delle consuetudini, che prefigurano una vita differente da quella che ci raccontiamo come interessante ma non è priva di noia?.
Quante volte nel ricordo o nel ripetere stanco emerge quel totalmente differente riferito all’occasione perduta, al dovere eccessivo o solo all’ignavia e all’infingardaggine che accompagnano i codici dell’essere sociale .
A volte, colti dall’entusiasmo per qualcosa di nuovo che ci prende, in uno slancio di bonomia verso noi stessi, chiamiamo amore ciò che nel gradiente degli amori avrebbe un colore rosa, magari acceso, ma non quel rosso semaforico che ci riporta alla decisione di fermarci e ripartire differenti. Sorridendo, allora, ci raccontiamo storie. Con gentilezza e con la credibilità che riserviamo ai bambini quando la logica non ha solidità mentre incombe la necessità. Di dormire, di mangiare, di fare e soprattutto di non fare. Del resto il bimbo che è in noi attende paziente ma esigente, che gli raccontiamo non solo come va, bensì come andrà a finire e ci tira per la giacchetta, dicendoci: ancora, racconta, dimmi.
Di questo muoversi nel confine di ogni attesa, la passione ha un ruolo formidabile, trasforma le cose e il possibile, rende il tempo e la vita paralleli alla realtà che si ripete.
Abbiamo bisogno di passioni, per crescere, illuderci, fallire e riprovare con le gote rosse d’eccitazione e paura. Ne abbiamo bisogno come delle corse mute a perdifiato, del verde inatteso e solitario, del suono d’una voce amata quando la notte diventa buio d’anima. Abbiamo bisogno di passioni e di follia, per volare e per guardare stesi nell’erba, il cielo. Ne abbiamo bisogno per pensare che tutto muta in noi mentre il corpo funziona come un orologio. In ritardo o in anticipo non conta, ma oltre il tempo banale di una cosa costretta, di un fare non voluto, di una noia da sconfitta preannunciata. Vogliamo essere attori dei nostri gloriosi fallimenti, a questo e a molto altro servono le passioni.
Profondissima riflessione su ciò che distingue i vivi dai morti.
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Grazie Lavinia, penso che senza passioni si fa un torto alla vita