di notte

Uno schiocco, si scarica la tensione d’un ferro, sembra un campanello lontano, scricchiola, intanto, il legno dei mobili nel buio cremoso e gonfio che dilata misure e percezioni. Si stiracchiano le cose e la casa, ii  risveglio annaspa, vorrebbe tenere il sonno che ancora s’aggrappa agli occhi chiusi.

Cos’è stato? L’orecchio si tende, interpreta, distilla le inquietudini dell’oscurità.

Il buio contiene, bisognerebbe ricordarlo, ma di notte il ricordo non ha nulla di solido. Il suono sembrava. Era qualcosa d’incongruo, potremmo accedere le luci, verificare. A volte lo facciamo scacciando il sonno, altre volte si tende l’orecchio, si socchiudono gli occhi e ci si accorge dei tanti chiarori che contiene la notte. Se si ha un corpo amato vicino lo si cerca. Basta toccarlo, è un approdo di calore e tenerezza per non annaspare ulteriormente e ci si acquieta. Oppure s’implora il sonno di rimettere pace, di scacciare i pensieri e questa realtà strana e paurosa che non è veglia, che altera i sensi e il sentire. Non desideriamo il sonno della sentinella, vigile e senza riposo. Di certo non lo vuole chi l’ha praticato e neppure chi ne ha vaga conoscenza. Desideriamo scivolar via da quella realtà diversa che inquieta e tornare nel sonno che rassicura, che è altro e ci contiene.

Il camino si stiracchia con le ultime braci e borbotta, gli armadi raccontano l’artrosi dell’essere sempre in piedi, un sussurro scivola tra le pareti. È il vento degli sfiati che la notte respirano l’aria esterna, ma sembra un alito fresco. O, forse, in queste case ricche di vite, sono le possibilità un tempo lasciate cadere con noncuranza, come lo svestire prima dell’amore, e ora giacciono apparentemente mute sui tappeti, ma sussurrano vite che sono proseguite altrove mentre il sonno le inghiotte e, a modo suo, racconta.

 

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