Come briciole si perde la perfezione per strada, l’idea era buona e si è franta nel modo giusto creando una silloge di specchi. Ciascuno rifletteva l’altro in una infinita ripetuta realtà e il tempo si fermava tra l’una e l’altra immagine, sospeso e in attesa. Non si capisce nulla? Meglio parlare del minuto che s’incontra per caso ( e non è mai per caso), un volto, uno stare, un mettere argine al pensiero che disturba. Tutto serve. Sapessi quanti cani devo tenere a bada e nessuno è mansueto perché ognuno difende un territorio ben preciso: l’urgenza. La sua urgenza. Così nel contenere, ti regalo un’immagine, la forchetta che affonda nella millefoglie. Fuori dell’ombrellone bianco il sole mangia i colori, ma qui la crema chantilly esce tenera di giallo, esce e si lascia raccogliere dalla punta della forchetta. Se non ci fosse un parlottare attorno si sentirebbe il crepitio della sfoglia che si frange, il profumo del caffè che attende, il gusto che manifesta l’imperio del senso. Che rimanda ad altri gusti e desideri, allegoria di specchi del pensiero. L’urgenza è tra il prolungare e il finire, che comunque s’estingue in un ultimo sapore, ma quel sapore durerà a lungo. Ecco che la perfezione lascia una scia ma si consuma, dev’essere consumata, non deve interpellare oltre la soglia della sazietà. E ancora un’immagine aiuta, è la lama di luce che si apre una strada netta, entra e si ferma, solo lo sguaiato aprirebbe intera la porta, chi conosce l’imperfezione propria, gode della danza del pulviscolo, se ne incanta, immagina e coglie vita dove c’è polvere. Fuori una tenda sbatte in sincronia col vento, ed ha momenti d’attesa prima di vibrare, come l’amore, potrei dire, che oltrepassa una riga e poi un’altra e infine ha un suo ritmare tumultuoso con lento accarezzare.