In fondo non ci obbliga nessuno ad aggiungere parole al ringraziare. Forse l’insicurezza di non essere creduti. Oppure la misura che percepiamo insufficiente e che vorrebbe trovare il giusto aggettivo, quello assoluto che corrisponde al sentire. Ma se abbiamo un briciolo di sensibilità, se riusciamo a vederci per come siamo, dobbiamo ringraziare.
Con molta consapevolezza del limite, penso alle passioni che sono nate da una donna e che senza di essa non sarebbero nate. Il limite è proprio questo, non è possibile fare a meno della generazione primigenia, del parto che poi evolve e cambia facendo finta di essere tutto nostro. Se tutto nelle vite, alla fine, si riduce all’assenza o presenza di amore, se il bisogno, anche in chi cerca la solitudine, ha sempre elementi femminili ci deve essere qualcosa che non è scritto solo nei cromosomi e questo non può prescindere da un confronto: esisto, penso, vivo perché qualcosa di femminile mi ha generato e accompagnato. Questo femminile mi accompagna pur non capendolo appieno, mi aggiunge perché mi mette dentro alla dolcezza della vita. Ma come si fa a ringraziare dell’impalpabile che ci avvolge, come si può ringraziare di una necessità, di gesti che hanno il vero della natura anche quando sembrano frutto di ragionamento. Nella parte femminile che abbiamo ricevuto non c’è solo la materialità di un dolore condiviso nel nascere, non c’è solo la ricerca di un dialogo col mistero che genera l’amore, non c’è solo l’impossibile coincidere che alimenta la meraviglia e il timore di non capire mai davvero, c’è qualcosa di grande che si riferisce a un aver ricevuto e ricevere inatteso, senza contropartita. È per questo che il ringraziare diventa insufficiente e il discorso dovrebbe essere sostituito dal gesto quasi muto, dal dire quell’amore che si declina in poche parole e dentro un abbraccio più lungo, più sentito e abbandonato a Lei. A Lei che si abbraccia e ci accoglie e ha bisogno di bene e di amore come noi, eppure ne ha sempre più di noi. Ogni giorno in cui si sta assieme. Comunque. Finché dura la nostra intelligenza e il ricordo di ciò che siamo e di come saremmo infinitamente più poveri e disperati senza quell’amore che continuiamo a ricevere. Da una donna, dalle donne della nostra vita.
Una dedica bella e delicata 🙂
Grazie Silvia, è un ringraziamento alle donne che ho conosciuto, incontrato, amato e che mi hanno insegnato a capire che l’ uomo senza di loro ha molto meno della metà del cielo.
Grazie 🙂
A te grazie Sabrina 🙂
Un post delicato e memore … parole che toccano il cuore ! E’ il tuo stile, Willyco. ed è – per quanto ne penso io – il modo migliore per festeggiare le Donne della tua vita … della nostra vita ! 😀
Il pezzo che ci hai linkato, il Volver di Carlos Gardel, è meraviglioso, amico mio !
Un tempo, composi anch’ io dei versi che m’ erano stati ispirati da un Tangheiro da nave ! Nella mia visione, m’ ero immaginato un Tangheiro che, per professione, faceva ballare le croceriste dandole il meglio di sè ! Ebbene costui, si innamora di una bella giovane in vacanza … ma lei lo ricambia solo per il tempo del ballo, per poi dimenticarlo subito quando la nave del ritorno approda al porto !
@Silvia, la mia amica … l’ eccellente blogger che non di rado si affaccia qui da te, ne fece un link che mi parve assai bello … ed è questo !
A bientot …
😀
°°°
Che bello Bruno, complimenti a te per i versi e a Silvia per la realizzazione.
Grazie è un regalo 🙂
Grazie Will per le tue sempre belle parole,
buon inizio settimana, ciao
un sorriso
Ondina 🙂
Buona settimana per te, Ondina. Grazie per aver accolto ciò che sento e scrivo 🙂
❤
Ricambiato Marta :-*