il tempo del gatto

Se mettessi in fila le cose fatte, i fatti accaduti, i pensieri positivi e gli incubi, gli amori possibili e quelli reali, le emozioni provate e quelle rifiutate, ne verrebbe fuori uno scorrere arruffato, incoerente, che ha una direzione in forza di necessità ma che potrebbe rovesciarsi all’indietro come la cresta dell’onda che ghermisce e si ritira.
E tutto questo sarebbe il passato e quell’oggetto di maquillage che chiamiamo memoria? Pensò. Tutto questo gomitolo arruffato da un gatto, noi lo pensiamo lineare e consequenziale con un prima e un dopo? Ma che stupidaggine presuntuosa, pensò, che modo di semplificare ciò che in realtà è un fronte grigio e compatto che investe e sbatte a terra il presente mentre con dita da orologiaio scaviamo in questa massa apparentemente uniforme ed estraiamo ciò che potrebbe servire a una difficile gestione del presente. Insomma troviamo giustificazioni a ciò che accade come succede nelle famiglie deboli che cercano non la differenza per gli scapestrati ma qualcosa che ne giustifichi l’irrequietezza. E scavano nel passato alla ricerca di una similare anomalia, senza rilevare che l’antenato che poteva sfogarsi in Africa ed esplorare a piacimento oppure cimentarsi in una guerra delle tante che servivano a dare un senso agli imperi era si irrequieto ma anche seguiva una singolarità che in casa non trovava posto. E se non c’era qualche esistenza irregolare per la bisogna persino un monsignore, un prete di rango o uno storico erano utili purché avessero quel giustificare dell’essere controcorrente che sarebbe venuto dopo in se.
Ecco allora che il caso si riduceva a poca cosa, che il libero arbitrio era la scelta se conformarsi o meno. Che il sentimento giustificava il piacere o la sua negazione e in questa creatura così ricca di possibilità e imprevedibile, cosa veniva seguito, perché approvato, se non l’utile che pur si poteva estrarre. E per lui poteva essere vero, allora, solo la fuga nell’inutile come atto di ribellione senza futuro. Utile e inutile al medesimo tempo. Come il bicchiere di rosso bevuto con una occasionale conoscenza che si rivelava più del necessario nell’effetto dell’alcol, oppure nel mormorio delle parole che tracciavano segreti e risatine, nei tavoli vicini, o ancora nei particolari visti, nei colori, nei segni che sembravano preludere a qualcosa che sarebbe forse accaduto.

Di tutto questo ciarlare basso, di molto d’altro che non si poteva descrivere se non accettandolo in blocco come la pietanza cucinata di cui si riconosce profumo, consistenza e gradevolezza, ma non il singolo aroma mutato dal calore o la cottura improvvida o sapiente generata da distrazione o amore, se non nel risultato,  di tutto questo, pensò, si poteva solo dire che era quella particolare realtà che gli apparteneva. E non era d’altri che sua. Ricca o povera agli occhi di chi con distrazione la notava, quella realtà era ciò che possedeva e mischiava col passato e col futuro in un gomitolo multicolore e inutile. Un gomitolo privo di senso se non per il gioco del vivere. E allora si senti libero come un gatto, gestore di desideri che si appagavano o spegnevano ma così intrisi della sua gattesca natura da essere l’unica cosa possibile. Anche nella scelta restava se stesso, unico e irripetibile. E se lo ripeté per riempire d’aria i polmoni con questa consapevolezza: unico e irripetibile.

2 pensieri su “il tempo del gatto

  1. Sai,
    a me piacciono molto i gomitoli di lana colorata (pochi giorni fa ne ho trovati alcuni dimenticati in un sacchetto in un armadio dello scantinato);
    spesso, con infinita pazienza, mi sono trovata a districarne il filo che dispettosamente s’era intorcigliato. 😉
    Aggiungici che mi piacciono moltissimo i gatti, con le loro particolarità, con la loro sensibilità di mezzi stregoni, con la loro indipendenza, la loro quasi asocialità, “gelosi” e molto legati al proprio territorio, coccoloni a volte (il mio lo è moltissimo), che non si adeguano al volere altrui se non quando ne han bisogno e voglia loro.

    Sono certa che quel gomitolo arruffato non è banale, mai inutile, ma ricco e vissuto, unico e irripetibile (come ben dici), non omologato e fortunato nel possedere la libertà di un gatto.

    Questo m’è venuto, leggendoti, Will.
    Porta pazienza, va’ … 😀

    Mentre per fortuna sta piovendo (per metterci almeno una pezzetta ai problemi di approvvigionamento idrico per mancanza di neve sulle mie montagne), un caro saluto e un sorriso
    Ondina :-*

  2. Credo proprio che la vita sia un gomitolo e di certo i gatti sono i maggiori esperti del settore. Ne facevo persino con il filo elettrico per poi esercitare la pazienza. Buona serata Ondina. Anche qui piove ma è primavera è ci sta, anzi 😊

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