Con la morte di Fidel Castro, finisce il novecento perché ci è nato. I millennials non l’hanno nemmeno assaggiato questo secolo breve e lunghissimo. Sono finite le ideologie, non tutte, è rimasto il capitalismo. Sono finite le passioni pubbliche, collettive, annegate in piccole pozzanghere di soggettività. È emersa la solitudine, il dominio della tecnologia, l’eclissi della conoscenza. La politica rimane sempre più nuda e si inchina alla finanza, ai poteri forti e senza nome.
Un oceano di parole investe ciascuno di noi, connessi, non si sa a cosa e a chi. Sempre più virtuali e disperati in cerca di fisicità che durino, che abbiano un senso si è prigionieri del presente. E il nuovo stranamente soccombe davanti al vecchio che comunque un’ impressione di solidità l’aveva. Il sogno era coniugare le libertà individuali con quelle collettive, fare della terra un mondo di possibilità e portare la serenità nella politica. È questo il dio che è fallito: il pensiero di un destino collettivamente positivo e individualmente felice.
Con Fidel Castro finisce la generazione del ’68, finiscono le battaglie per le libertà altrui, subentra la consapevolezza che le proprie sono precarie quanto mai, che il mondo si avvia verso una stagione fatta di contrapposizioni e di muri. Colpito a morte il romanticismo finisce con le sue deviazioni sanguinarie; un acuto si è levato nel teatro, è stata cantata un’ elegia dell’uomo, del primato dell’ideale, della libertà, ma la platea era vuota. Che faremo senza passioni, se i cuori non batteranno più forte resterà solo la commiserazione. In fondo il ‘900 è stato il secolo delle grandi vittorie dei piccoli contro i giganti, è stato il secolo di Stalingrado, del Piave, della battaglia d’Inghilterra, dei pacifismi e delle suffragette, dei maquis e dei partigiani. È stato il secolo degli anarchici a Barcellona, della resistenza a Praga e a Budapest, delle disselciate strade di Parigi. Un resistere e riprendere fino alla vittoria spinti da cosa, se non da un ideale collettivo, sbagliato, crudele, ma forte e saldamente poggiato sull’idea che il futuro migliore e di tutti, era possibile. La lunga battaglia di Fidel Castro esemplificava questa vittoria dei molti, del popolo, contro la dittatura. Non era forse romantica la vita del Che, quella dei descamisados che finito il compito in patria, andavano in Bolivia o in Angola a portare un progetto di liberazione?
Molte idee erano sbagliate, ma i dittatori del ‘900 non sarebbero stati sconfitti se quelle idee non avessero tenuto. In fondo le dittature erano anch’esse figlie di quel secolo che compiva la glorificazione della borghesia, del capitale e della tecnologia applicata alla guerra. Nascevano dal connubio tra una visione dello stato e dei popoli che prometteva benessere e ordine, terra e sangue, ma usando l’arma della conquista, portando la differenza e la superiorità degli uni rispetto agli altri nel dna del potere e facendone una volontà di potenza. Il ‘900 ha contenuto i contrari, le idee si sono espanse sino a entrare in conflitto con le coscienze. Spesso, hanno vinto le seconde producendo nuove idee, nuove provocazioni. Quando gli assiomi delle ideologie penetravano davvero nelle menti, si generavano gli anticorpi e altre passioni accompagnavano la distruzione dei paradigmi delle prime. È accaduto ovunque, dalla politica alla scienza, dall’economia ai diritti individuali, dalle libertà formali a quelle concrete. Poi il secolo si è affievolito, la libertà ha cessato di infiammare i cuori sostituita dal benessere, le grandi scoperte sono diventate meno decisive della tecnologia, la stessa ragione si è relativizzata ammettendo come prassi l’ossimoro.
Siamo individui e popolo, ma non attraverso un processo di coscienza, bensì insieme con una prevalenza schiacciante dei primi: una somma di individualità concorrenti. L’umanità è divenuta essa stessa terreno di battaglia per l’individuo, una guerra permanente di tutti contro tutti. Con le passioni che s’assottigliano, anche i sentimenti diventano più precari: oggi ci si infiamma per l’uno, domani per l’altro e non parlo di amori ma di una precarietà del campo in cui si è. L’anomia, troppo spesso evocata nel finire del secolo, ora è parte integrante del processo che tampona l’isolamento con l’illusione del virtuale. Se ho tantissimi followers mi acconcio a loro, li devo tenere e mi adeguo al loro pensiero medio. Esattamente come fa in continuazione la politica e l’economia consultando le tendenze, le attese, le mode, intese come atteggiamento prevalente. All’umanità e ai suoi bisogni collettivi si è sostituito (sinonimato) il mercato, che ci vuole singoli, interagenti con l’oggetto del desiderio, mutevoli per necessità produttive. L’io si esprime nella scelta oggettivata e infatti il successo di mercato è il risultato di una lotta che piega i flussi di pensiero verso le cose. Le passioni hanno a che fare con i bisogni e né le une né gli altri possono essere mai completamente soddisfatti. In fondo è la loro bellezza perché inesausti spingono l’uomo in avanti. I desideri si saturano nella soddisfazione, digeriscono e si trasferiscono verso un nuovo pasto che dev’essere a breve per esigenze di produzione. I corpi perfetti praticano la bulimia del desiderio e non lo mutano in passione, si occupano del puntuale e non del contesto.
Finisce il romanticismo, il ‘900 breve e cruento, finisce un’epoca. E noi come vivremo nell’età senza orizzonte?
Hasta la victoria siempre comandante Fidel.
Si può cambiare la realtà con l’utopia di un sogno. Questo resta, anche nel navigare a vista, senza orizzonte
Abbiamo bisogno di sogni forti SoloG in grado di illuminare la notte.
Rimangono gli stessi ideali, almeno a me. Ti pare una cosa da buttare? Io trovo sia una cosa per cui lottare
Se rinunciassi sciò in cui ho creduto e credo, rinuncerei a me Diana .
Hasta siempre
L’ha ribloggato su Omologazione Non Richiestae ha commentato:
Quelli che si sono bevuti almeno una metà del secolo breve vivranno il poco che resta ricordando l’orizzonte amato. Quelli che sono arrivati poco fa probabilmente coglieranno solo sprazzi incomprensibili, altri più curiosi cercheranno di farsi raccontare ( Questo è il motivo del Reblog) ma nessuno saprà mai com’era il sangue che scorreva dentro quelle vene. E non c’è altro da dire. Ciao Will
Hasta la victoria siempre.
Un gran personaggio, un grande uomo politico nel bene e nel male; è stato fermo alla sua ideologia mentre guardava gli altri andare verso il nulla.
Certamente alcune sue prese di posizione contro gli omosessuali, per dirne una, non mi piacevano assai eh…
Hasta siempre e comunque.
Una bella riflessione Willy, come sempre la tua scrittura pacata riesce ad arrivare al meglio nell’animo di chi legge
Ciao
.marta
Mi rendo conto che abbiamo in qualche modo partecipato negli anni a una trasformazione del mondo.
I grandi protagonisti del secolo appartenevano al suo inizio o addirittura all’800. Comunque c’era una continuità con molte idee romantiche che forse non ha più lo stesso peso in politica è nelle vite collettive. C’è un cambio d’epoca che dura da tempo, quello che mi impressiona, e non voglio fare elegie di nulla e nessuno, è la scomparsa di portatori di orizzonti, di idee forti per cui impegnarsi e lottare. Magari non le vedo, sono miope è troppo attaccato agli ideali della mia giovinezza però questo orizzonte mi manca.
Vi ringrazio perché in qualche modo mi arriva una comunanza di idee e questo mi dà speranza, penso che ci sia un desiderio di equità e giustizia, di libertà che è silente ma c’è.
…come vivremo?… lo sapremo solo vivendo! Non vi sono altri modi. Bellissimo post… Buonanotte amico mio, è un piacere leggerti
Grazie Alidada, oggi ho vissuto a Venezia 😊
https://www.facebook.com/spinoza/?fref=nf
Castro non era immortale e se ne è andato infine … ma sono immortali i suoi ideali e resteranno vivi ! Ovunque ci sia sopraffazione dei più più forti contro i più deboli, ovunque ci sarà chi sfrutta ignobilmente un altro rubandogli la dignità a vivere, ebbene rimbomberà dal più alto dei cieli quel suo grido invincibile HASTA LA VISTA … SIEMPRE ! 😀