Di notte correvano sul tetto strane zampe. Sembravano tante e fitte quanto può esserlo l’attenzione sull’orlo del sonno. Come correvano? Alternate, sincrone, oppure come i cavalli mordendo e spingendo sul terreno di paglia. Cercavano notturni pasti di sangue, oppure ondeggiavano, scavando semi col becco? Le scimmie gridavano, gli uccelli rispondevano tra loro, commentando. Così finiva la stanchezza in un buio relativo, pieno di luminosi rumori. Noi siamo onde, tutto è onda, tutto vibra finché non arriva il sonno e la coscienza si trasferisce altrove. Poco distante c’era il deserto, oltre la palme, dove pian piano s’impicciolivano e diradavano gli alberi che diventavano tamerici e acacie minuscole. Poi c’era un basta e solo distanza senza nulla a cui attaccare lo sguardo. Per questo forse sembrava non esserci nulla in quel pieno di polvere e pietre, perché non c’era dove fermare gli occhi e vedere.
Il deserto è un colore e una polvere, è il macinare di infinite zampe, è l’opera di scarabei instancabili e di capre sparite. È una pista che non si vede, ma che per altri è nitida di segni. È il letto fossile di un fiume che attende un acqua che non arriva. È una distanza senza misura, è il rumore che si spegne e diventa fruscio. È roccia che si sgrana, fuoristrada puzzolenti, dromedari ancora più puzzolenti, stracci sfrangiati che sventolano fieri del loro colore, ombra che ribolle di caldo e il freddo che assale immediato con il cadere della luce. Il deserto è qualcosa che dorme e non si sa quando si svegli, è uno strisciare intravisto, è l’insieme ordinato delle orme che si sciolgono. È un fuoco che illumina i volti e gela le spalle, è un’ infinita distesa di parole, di sorrisi smozzicati, di volti color ambra. Il deserto è la scoperta indifferente delle rovine di ciò che c’era, è l’ergersi di una duna infinita di vento, è la somma di tutte le dune prima conosciute. È un terreno che sembra pietra, una corsa verso una cresta, un nulla che si riempie di silenzio.
Sul tetto di paglia e lamiera, di notte correvano animali e nessuno stava zitto. Avevano tutti un nome che io non conoscevo, ero sotto una grande città aerea e senza uomini. Dormivo nella cantina del mondo; di un mondo così sconosciuto che solo il giorno e la notte erano comuni. Dormivo assieme alle zanzare fuori dalle zanzariere, alle mosche che si posavano e riprendevano a volare, al sudore che cresceva verso la luce, fino al canto del muezzin all’alba. Non sapevo cosa dicesse, il muezzin, ma era dolce e deciso, ammutoliva le zampette, i gridi d’uccello, il vociare delle scimmie. E in quell’intervallo di silenzi e canto, l’ultimo sogno spariva nella consapevolezza.
Fuori il nulla si travasava nella polvere che pareva sabbia, di certo si staccava qualche molecola di vecchie argille dai palazzi in rovina, e persino il marmo s’arrotondava levigato dal vento. Che ci faceva il marmo nel deserto, mi chiedevo, e fantasticavo dell’energia di antichi abitanti sepolti dove ora sembrava esserci solo colore. Ma andando vicini alle pietre si sarebbe vista l’umidità penetrata negli interstizi che asciugava nel sole che cresceva, e le piccole vite che s’interravano in attesa del caldo. L’ aria si colmava di presenze, oltre le jacarande e le palme, c’era il deserto, le piste, le dune infinite e il nulla che mai c’era stato davvero, il nulla che era presunto e però entrava dentro assieme allo stupore di essere comunque in un limite. La soglia di un mondo in cui si poteva essere sguaiati o silenziosi, si poteva correre o camminare, si poteva fare qualsiasi cosa perché era indifferente la volontà degli uomini, al più si poteva trovare un accordo, ma era lui, il deserto, che dettava le condizioni. E non c’era il nulla, ma un mondo così pieno di vibrazioni e di colore d’una sola lunghezza d’onda da assorbire tutto, era l’alternativa al conosciuto, il buio nella luce. Era un mondo in cui serviva una mano che guidasse, un occhio che vedesse, Era la differente vibrazione della terra.
“Il nulla fatto sabbia del deserto” è l’espressione che ho usato ieri nel mio post.
E non mi meraviglia che tu abbia usato “il nulla” per descrivere un luogo così pieno.
“Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.” (Antoine de Saint-Exupery)
Infatti Josè le tue parole sul nulla mi avevano riportato alla mente sensazioni passate eppure ancora vive. Grazie 😊
Che pezzo ragazzi! Mi è arrivato tutto questo deserto!
Complimenti infiniti.
Grazie Lady Nadia, è così pieno di bellezza il mondo. Che sia una buona giornata 🙂