Troppo facile riflettere sulle elezioni cercando colpe e capri espiatori, francamente mi interessano poco i riti dei congressi, la distribuzione delle responsabilità, le analisi che alla fine lasciano tutto com’è. Il vero cambiamento sarebbe che chi ha perso cambia mestiere e torna al suo lavoro vero nella società: la politica non è un lavoro ma un servizio. Non accadrà perché nessuno vuole mutare se stesso, rinunciare ai privilegi e davvero capire le ragioni della sua sconfitta. Ci sono motivi che non si discutono nei talk show e nei salotti, ma che si riassumono in due parole: adeguatezza ed esercizio estenuato del potere. Chi non capisce chi è il suo elettorato, chi non è adeguato all’evolvere degli eventi, chi si racchiude nel potere che la funzione genera anziché sul buon esercizio di essa, alla fine verrà sconfitto dalla realtà.
Sulle cause della crescita della destra, sul disfarsi dei partiti è tutto, o quasi, noto. Nessuna cosa in politica è improvvisa ma si addensa per tempo, lancia segnali che se non vengono raccolti mutando, prefigurano l’avverarsi delle profezie. Già le profezie oggi si chiamano sondaggi e si gonfiano delle loro ragioni, sino a far smarrire il profondo senso che fa mutare d’opinione le persone, dimenticare le conseguenze dei gesti che verranno originati dal voto. Da cosa nasce cosa, in politica come ovunque, soprattutto se manca un’educazione pubblica ad essere non gestore di un potere, ma un civil servant della casa comune. Farebbero molto meno timore le idee se esse fossero collegate alle soluzioni che rispettano la dignità di tutti. Questa del servire è bene supremo della politica, che si unisce alla lungimiranza nel vedere il benessere comune adesso e innanzi. Se ciò non accade non è per la giusta contrapposizione delle idee con cui quel benessere deve essere realizzato, ma per l’esercizio distorto del potere rispetto ai fini enunciati. Conculcare gli uni per far prevalere le ragioni degli altri non è il governo della polis ma il suo contrario, è la divisione tra chi detiene il potere e chi subisce. I cittadini diventano sudditi. Ma i cittadini vorrebbero, e a volte pensano, che la politica dovrebbe essere soluzione ai loro problemi e servizio alla società comune. La differenza tra l’io e il noi è il grande spartiacque dell’essere civil servant e della distinzione tra destra e sinistra.
Sarà così il prossimo governo, con le sue nere reminiscenze e i compromessi con il passato, oppure ci penserà la realtà a riportarlo sulla necessità. I fatti e ciò che accade dentro e fuori il Paese, sono discriminanti per chi si appresta a governare. Lo sapremo presto perché tre questioni vitali minacciano la società e la minaccia sarà più grave per chi è più debole. La guerra in Europa con le sue conseguenze crescenti sia economiche che di esistenza fisica per interi popoli e quindi come il potere verrà adoperato per favorire la pace prima dell’abisso. La questione del lavoro e del reddito che originano povertà e diseguaglianze crescenti ormai trasversali tra le età, dove nulla è più sicuro e il futuro non si costruisce come una proiezione del presente ma come una precarietà portata a condizione perenne. Il disastro ambientale in atto, le sue conseguenze sul clima e sulla possibilità di una vita normale in tutto il Paese. La siccità, le inondazioni, il surriscaldamento e la scomparsa di vaste aree fertili, mettono in discussione il produrre e il risiedere.
Su questi temi è possibile che le soluzioni siano al servizio di tutti, che non si operi attraverso i privilegi e che il potere sia un servizio e non una manifestazione di potenza e di servaggio? Attenzione e conoscenza sono l’esatto contrario dell’arroganza e della sufficienza. Questo vale per chi ora ha la maggioranza e per chi ha perso e deve capire come mutare se stesso per non diventare inane appendice di un potere che si nutre di se stesso e diventa violenza.
Cominceremo presto a saggiare la realtà, a vedere ciò che si è creato, se il nuovo è quel civil servant che è rispetto del bene comune oppure esercizio della forza. Si partirà dalle cose semplici come i diritti civili, il welfare, la dignità delle persone, ma già da questo si capirà quale sarà il ruolo e la posizione del Paese sulle grandi questioni enunciate. Ciò che si fa si disfa, ma mai senza macerie.
Il punto è che tornare al proprio lavoro per chi ha perso è complicato, che mai l’ebbero un lavoro vero. Pure far politica è complicato che chi ne fece mercimonio non gradisce luoghi di discussione autentica, li indisse fuorilegge. Che fecero di case del popolo luoghi a birra a prezzo calmierato e gioco di bingo.
E ancora più complicato è tornare a un lavoro per chi è vissuto di potere e politica ma non ha lavorato mai in un ufficio, in una fabbrica. Gli darei volentieri dei corsi di formazione e inserimento nel mondo del lavoro, facendoglielo anche scegliere. E non sono pochi se si guarda la professione e il reddito di molti parlamentari.
…”Cominceremo presto a saggiare la realtà, a vedere ciò che si è creato, se il nuovo è quel civil servant che è rispetto del bene comune oppure esercizio della forza. “…
Analisi nitida e grave della situazione politica sociale ed economica.
Willy mio genero che ha sempre lavorato alla base della piramide già sta saggiando i primi tagli.
In pratica accadrà che chi lavora verrà in trasparenza, i laboratori saranno sempre di meno verrà tassato o gli verrà tolto il piccolo premio di produzione annuale .
Chi è sfaticato e disonesto si è sempre servito del reddito di cittadinanza pur continuando a lavorare in nero . Fatti salvi tutti coloro che ne hanno avuto bisogno mentre le caste politiche, i disonesti nullafacenti , i privilegiati continueranno a pesare sulle spalle dei lavoratori non potranno continuare a fare piaceri per avere oboli e a quel punto dovrebbero in teoria vivere del soldi già ricevuti immeritatamente … E se non li avranno .
Quando la politica non è neppure un mestiere cosa può diventare ?
Riguardo alla tua conclusione temibile e terribile ma molto realistica vorrei proprio non esserci più ,magari essere lontano … È troppo malvagia questa situazione .
Il mio lavoro da statale ,insegnante mi ha permesso una vita dignitosa e la possibilità di esercitare un mestiere molto importante e soddisfacente .
Ho fatto un unico tentativo di seguire la politica , con C. I. è durato un paio d’anni , ,. è seguito un rifiuto totale e definitivo .
Il mio intervento non è da esperta di politica potrebbero ancora esserci cambiamenti mossi dall’alto ? Che ne pensi …
Buon sabato
Buon sabato Francesca. I cambiamenti dall’alto non portano bene, sono sempre a tutela di qualcosa e qualcuno che ha potere e interesse. Gli unici cambiamenti vengono dal basso e dalle persone che rifiutano di essere suddite.
In Italia dopo le elezioni è sempre complicato capire chi ha perso. Vincono sempre tutti. Sul fatto che la politica sia un servizio civico, concordo. Va anche detto che per arrivare a fare il ministro, sarebbe bene aver fatto una discreta militanza politica, al fine di acquisire un minimo di competenze in ambito di gestione della cosa pubblica, nonché aver avuto anche un minimo di esperienza personale nel mondo del lavoro (i casi singoli di grandi capi di stato che sin da giovane erano dei visionari, sono solo eccezioni che confermano la regola). E poi non è come scrivono i professionisti su Linkedin: “hai fatto il CEO all’azienda tal dei tali, allora è scontato tu sia anche un buon ministro” non è assolutamente una corrispondenza univoca, men che meno biunivoca. Gli ultimi 3 governi, specie il terz’ultimo, si sono distinti per improvvisati allo sbaraglio, spesso senza né arte né parte nelle loro vite precedenti, che ora, dovranno trovarlo per la prima volta, un vero lavoro. Buona domenica Willy.