Scrivo molto. Non come vorrei, né quanto vorrei. Mi piacerebbe che lo scrivere fosse la mia principale occupazione, ma non può essere così, e allora è fatto di ritagli, di fogli che svolazzano, di agende, di pensieri affidati al notes dello smartphone. Scritti, dimenticati, ripresi, ritornati, scomparsi. Pensavo che un blog fosse un modo per trovare persone che hanno lo stesso interesse, che scavano dalle loro parti e confrontano ciò che trovano. Un tempo lo era ora non è più così. Nel mio blog vengono pochissimi amici affezionati. Spesso mi piacerebbe sapere di più di loro. Chiedergli come vivono, come stanno davvero, parlare di impressioni, esperienze, vite. Poi mi rendo conto che questo mondo troppo spesso avvicina in modo strano il sentire ed è raro lo scambio.
Mi accorgo anche che altri passano per curiosità e scompaiono. Credo sia destino di chi scrive non sapere nulla di chi lo legge. Quali interessi suscita. Perché si è interrotta una lettura o cosa si è pensato di un raccontare che sembrava svagato. Sembra spesso un discorso che avviene in un solo senso. Per dare misura delle storie virtuali basterebbe pubblicare i whatsapp o gli sms che si susseguono. Qualcuno l’ha già fatto e ci ha ricavato due o tre libri, ma è un parlare diverso che sempre chiede e dice come si sta, cosa si pensa. E’ il momento e ad esso manca qualcosa: il contorno e la profondità. Manca il divagare, la confidenza di un’amica, il pensiero malinconico che non lascia, il particolare di una chiesa che non sarà mai vista da chi legge eppure ha suscitato curiosità. Come del raccontare il sudore d’una notte d’estate, o il canto dell’allodola prima che filtri la luce dalle imposte socchiuse, il sogno dal quale si è appena usciti, il rumore sommesso che arriva da una finestra vicina con sospiri e rumori d’amore. Tutto questo si può raccontare ma non racchiudere in poche parole.
Scrivere è un bisogno, un peso immateriale positivo che equilibra l’anima. Scrivere è essere ciò che si è, un gomitolo di aspirazioni, di ricordi, di attese, di delusioni e felicità improvvise. Dalla vita con il suo filo che corre ne è uscita una palla, un gomitolo con cui qualche gatto gioca e sembra fingere di capire.
In realtà continuerò a scrivere anche se non so che ruolo abbia nella mia vita. Nel gioco della psicanalisi ad un certo punto mi sono accorto di aver compreso parecchio di me. Potevo allineare tutte le manchevolezze, sapere da cosa si erano originate, ripescare gli incontri che mi avevano impaurito, cambiato, e quelli che mi avevano reso quasi felice. Ho visto l’origine profonda e quella banale di alcune malinconie, ho intravvisto il sauro che dorme dentro, dove si arriva a fatica e mai senza pagare pegno. Ho interpretato sogni, cambiato qualche piccolo atteggiamento e infine mi sono accorto che all’analista non avevo più nulla da dire perché parallelamente era andato avanti un discorso sulla carta che si era originato ben prima e che continuava per suo conto a interpretare, cercare, mettere in fila. Ci siamo salutati neanche tanto bene, voleva continuassi, ma non avevo più nulla da offrire che mi desse un senso differente ed era una consapevolezza profonda, come quella del non dare consigli, del considerare che i pesi si portano da soli e si lasciano nel giusto posto . Per me quel posto era la pagina, la penna, le parole che si formavano e venivano da una fonte comune che si era arricchita per strada, ma era sempre quella. Quella fonte ero io. Con tutte le emozioni raccontabili e non dicibili, con le manie piccole e grandi, le paure e gli scatti improvvisi di felicità. Ero io nel momento in cui camminavo senza meta facendo le stesse strade, nei pensieri che avevano il ritmo del passo, nei desideri e nelle delusioni. Ero io negli errori piccoli e grandi commessi, nel senso di fallimento rispetto alle grandi attese. Ero io che mi perdevo e che accettavo ciò che mi sembrava grande e alto, tanto da farne un pensiero che poi lo portava a terra e lo rendeva comprensibile, fattibile. Ero io che mi cercavo nell’inutile perseguito con acribia determinazione.
In questi giorni ascoltavo la lettura della Coscienza di Zeno e pensavo che il flusso ininterrotto di pensieri, con cui vedeva la vita mettendoci la giusta ironia, non gli toglieva la necessità di raccontare il sentire e così faceva Grace Paley nei suoi racconti in cui si guardava vivere. Di questi esempi ce n’erano a migliaia e tutti avevano scritto per una necessità che precedeva il bisogno di avere lettori, di sentirsi bravi e che quella fonte, di cui parlavo e che tutti abbiamo, si disseccava solo quando si era inutili a sé. Per questo ancora scrivo e continuerò a farlo, non per i lettori che vorrei mi parlassero ma per quella solitudine del parlar dentro che viene compensata o da qualche persona che arriva al cuore e non ha bisogno di bussare oppure dal far uscire le parole che dicono come e cosa si è. Parole come sangue che fluisce e circola in un corpo più grande, un dentro e fuori di se stessi che è l’abbraccio che posso dare a me stesso e al mondo.
(302) Vivaldi – Dixit Dominus (RV 594) – YouTube
fai bene a scrivere.. indipendentemente da te o dagli altri.. Alla fine dei conti anche quando scriviamo per noi, lo facciamo per gli altri e viceversa.. quindi nel gioco della specularità in cui tutti, si voglia o meno, siamo inseriti.. fa bene concedere e concederci parti di noi. A chi tu voglia donarle o a chi vorrà raccoglierle.. in entrambi i casi se ne uscirà arricchiti. Buona serata 🙂
Scrivere è un’antica compagnia e hai ragione, Giusy, comunque arricchisce. Certamente me che lo faccio e che lo considero il modo di portar fuori almeno in parte, ciò che capisco e scopro. Poi se qualcuno legge è ne trae qualcosa e questo è occasione di uno scambio ben venga. Grazie per la tua presenza 🙂
Come diceva Carmelo Bene “bisogna fare di sé dei capolavori”: solo che i capolavori vengono compresi da pochi. Però vale la pena, penso, lasciare, nel proprio passaggio, una lieve traccia di bellezza e sicuramente tu ci riesci, caro Roberto.
Tieni duro e continua a scrivere, se è quello che ti piace fare. Anche un solo lettore è un successo, anche un solo apprezzamento ogni tanto è un successo.
Chi scrive Lavinia resta in simbiosi con i pensieri che ha, si approssima in ciò che è, non ne sente la fatica e cerca un ordine che gli appartiene. Tutto il resto è in più.
Non saprei fare altro che desse le stesse sensazioni, Roberto. Certo se qualche volta arriva un apprezzamento ne sono contento anche perché penso che con qualcuno ho parlato. E se nasce un dialogo ne sono felice, a volte è accaduto, e le cose di cui parlo sono spesso ciò che vedo e sento, quindi non sempre semplici.
Fai bene a scrivere quello che pensi. Lo scrivi bene e si sente che sono parole che sono frutto della fatica di pensare con la propria testa.
Grazie Roberto 😊
A volte scrivere o disegnate è un colloquio con chi non c’è
Certo è con noi, in primis…ma vorremmo ci fosse qualcuno con cui liberarci anche delle piccole cose, dei pensieri, considerazioni, riflessioni
A volte, invece capiti ci si chiuda
Continua a scrivere, ti riesce benissimo
È vero Marta, spesso con quello che facciamo ci si rivolge a qualcuno. Anche più di uno perché i nostri pensieri li mettono assieme come si conoscessero. E quando parlo di condivisione di una comprensione che ci sembra particolare o unica, penso a quella o quelle persone che certo esistono e possono capire. Grazie per la tua amicizia Marta ☺️
Condivido molto di quel che che dici .Anche per me scrivere è un aiuto , un sollievo. Mi permette di superare la frustrazione per un lavoro che non amo e porto avanti solo per inerzia e responsabilità verso i miei cari. Solo perché, a 59 anni suonati, hai la sensazione di non poter essere utile a nessuno e allora devi solo accettare di una essere come sei. Però leggere, far parte del mio tempo, scrivere e discutere attraverso il blog è importante. Fondamentale direi. Anch’io non ho molti lettori ma un gruppo di amici sicuramente affezionati che danno, con la loro partecipazione, un senso a quel che scrivo e mi offrono compagnia e amicizia. Se potessi vivere di quel che scrivo sarei felice ma, ormai, preso come sono da tante cose e preoccupazioni ,non ci spero più e non ho manco la forza di provarci. Mi accontento allora del blog che, comunque, è una possibilità meravigliosa per esprimere quel che ognuno di noi ha dentro. Ti seguo sempre con piacere e con interesse e apprezzo quel che scrivi e la sensibilità con la quale ti esprimi. Un caro saluto a te, Fabio.
Caro Fabio, credo che abbiamo interessi comuni e che le vite, io ho parecchi anni più di te, abbiano tratti e modalità comuni che poi ognuno risolve come crede. Una cosa importante è avere un interesse forte che ci corrisponda. Per entrambi è la scrittura, magari unita a molto d’altro e se attraverso un blog, o in altri modi, si raggiunge quella comunicazione e partecipazione che permette di sentire che ci sono persone affini, allora la vita ne viene più ricca, più compiuta. In passato pensavo che le molte cose che dovevo fare avessero come elemento compensatore la scrittura ma poi mi sono accorto che quest’ultima aveva tempi e necessità proprie. Cambiava. la scrittura, il modo di vedere il mondo, consentiva di andare più in profondità. Spero che le cose che devi fare non siano troppo pesanti e che la voglia che ben si sente in quello che scrivi, di analizzare ed essere curioso del mondo, non manchi mai. Grazie per quanto scrivi e un caro saluto a te. Roberto