considerazioni apolidi

Indignarsi non basta più. È la premessa, ma senza fatti, gesti, pensieri che permangono, l’indignazione è sterile. Non muta nulla. Il disagio è fisiologico, l’indignazione è il primo tentativo razionale di dare un nome ad esso e il potere comprende l’uno e l’altra.

Un vaso è stato rotto da qualche parte, la cosa mi/ci riguarda. Quando uso il noi penso a persone che non conosco, che non accettano ciò che è acquiescenza o cinismo. Non sono neppure attendisti, l’ha da passà ‘a nuttata, l’hanno considerato una impotenza transitoria per riposarsi, ma le idee non mutavano, restavano forti per cambiare.

Effettivamente non so a chi parlo e così parlo a me stesso. Immagino che ci sia qualcuno che cerca il massimo comun divisore sociale e questo signore non mi piace. Meglio quello che persegue il minimo comune multiplo. Aritmetica di base per una società di atomi, di molecole difficili, ardue nei legami. C’è una chimica del tenere assieme ciò che è giusto? Pensateci perché è necessaria. Se non c’è il giusto condiviso, l’amore e il bene sono difficili, inefficaci a lungo andare. Le società indifferenti trasferiscono l’indifferenza nei rapporti personali. Non mi interessa dell’altro e a poco a poco starò con te per utilità, bisogno, difficoltà a rompere il legame giuridico, ma non per amore. Quando fanno quelle grandi manifestazioni sulla famiglia, ci pensano a questa carenza di valori comuni? Ci pensano che per preservare l’amore nella loro famiglia equilibrata e partecipe, è necessario non essere ingiusti con l’amore degli altri? Ci pensano che il giusto è fatica, è differenza, è gesto e indignazione perché qualcosa viene tolto ad uno, e quindi a tutti ?

Un vaso è stato rotto, ma era rabberciato alla bell’e meglio, ci pareva sano e invece non era. Quando ci si indigna si sente il limite del passato, della propria importanza e possibilità: è un dare cappocciate al soffitto in cui ci siamo confinati. Occorre qualcosa in più, il cielo per non sentirsi soli. Per questo penso al noi, senza conoscere se ci sarà qualcuno che ha le mie stesse insofferenze.

Non sono gli amici a josa, neppure il cicaleccio inane, ci sarà qualcuno che prova lo stesso bisogno e non si arrende. Come in quei giochi da bambini, in cui uno diceva all’altro, pensando di averlo vinto: ti arrendi? Allora, alcuni, tanti, abbiamo imparato a rispondere no, non mi arrendo…

6 pensieri su “considerazioni apolidi

  1. proprio così SoloG, ma è un gioco a somma zero e questo non si vuole capirlo: ciò che togliamo ingordamente, ci verrà tolto 😦

  2. Fu apolide Ulisse quando congegnò il duo cavallo di Troia? No. Mai lo fu neppure con l’inganno. Sempre abile di sctittura Willy. Te lo riconosco tutto. Ciao, Mirka

  3. Immagino che parli di quello che è sulla bocca di tutti.
    La famiglia non va tenuta insieme solo con le apparenze ma con l’amore e il rispetto, comunque essa sia formata.

  4. Pensavo a quello è non solo, newwhitebear , amore e rispetto, hai perfettamente ragione, riguarda ogni coppia voglia condividere vita e scelte.

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