Credo che la solitudine sia sostanzialmente incomunicabile nella sua essenza/sentire. Se ne vedono gli effetti come in una malattia, chi tiene a noi dà consigli giusti, assennati, medicine che aiutano a vivere, arginare, ma la guarigione è solo interiore, solitaria . E spesso non viene mai poiché passa, credo, attraverso una catarsi che scuote e muta profondamente, ci porta ad essere altro da ciò che in fondo siamo abituati ad essere. L’amore è un buon antidoto alla solitudine, il bene è un argine, ma penso che chi soffre di solitudine sia in realtà un solitario per condizione primaria e di ciò soffra senza saper bene come uscirne. Fa tentativi, si sforza, ma la solitudine interiore lo riporta a sé, a volte può sembrare anaffettivo perché non si lascia andare e limita il bene per sé anzitutto. Ma il bene lo conosce a menadito, per bisogno e contiguità ed è forse perché ne ha a troppo che teme il legarsi: non avrebbe limite. Comunque sia chi soffre di solitudine vera tende ad allontanare tutto ciò che minaccerebbe la solitudine di fondo, così non sta bene in nessun posto per troppo tempo e sopratutto capisce che ciò che prova è incomunicabile anche a chi gli vuol bene.
Un problema, non da poco per il solitario, è nel suo stancarsi di comunicare se non viene capito nel profondo. Gradualmente giudica esercizio inutile questo disvelarsi e scivola, o nel silenzio, o in comunicazioni meno emotivamente coinvolgenti. Bisogna tener conto che la frequentazione lunga con sé porta ad essere egoisti, narcisi ed esigenti, ma sarebbe sbagliato pensare che chi sente molto la solitudine frequenti la fascia alta dell’egoismo o del narcisismo, il solitario vorrebbe bastarsi, ma non si vede se non per riflesso ed anche quando cerca d’essere bastevole a sé introduce una critica severa verso di se stesso, un senso forte di insufficienza anch’essa incomunicabile.
Torri di pietra con molte aperture, quindi attenti al mondo, i solitari vivono nella società, ne sono dentro e al tempo stesso fuori, sperano di trovare il modo di mutare una condizione che è inquietudine e noia, assenza di pace. Eccedono, sono compagnoni, allegri, sorridono e dopo un po’ diventano riflessivi, la testa si perde altrove. Se si alzano e se ne vanno, non è per scortesia nei vostri confronti, ma stanno seguendo sé e questo li porta lontano, neppure troppo lontano, oltre una porta, tra le vie di una città, dentro una casa, un libro, in un bar affollato, comunque verso un silenzio che deve dialogare con chi sembra capirli, ovvero se stessi. Poi tornano, un giorno o l’altro tornano. E se non trovano chi li aspetta se ne fanno una ragione. Capiscono, i solitari che soffrono la loro solitudine, capiscono.
Non per niente hai messo le variazioni Goldberg,Gould al di là del suo essere insuperabile esecutore di Bach.
Forse,chissà che,non sia proprio il desiderio di brillare che compensino le paure segrete del solitario. Paradosso solo apparente,in quanto talvolta può sembrare raggiante,pieno di calore,carismatico e fiducioso,mentre la sua natura emotiva è quella di un bimbo ferito e quindi sospettoso. Demoni interni allora che si debbono combattere se si vuole realizzare quel destino luminoso che,il solitario sente gli appartenga.
Mirka
p.s. scusa la fretta ma mi son trovato questo post davanti agli occhi e di botto mi son fermata l’ho divorato senza per questo sentirmi dentro alla sintrome di Sthendal
Le corazze del solitario sono fatte di molte cose. Contrappeso alla pesantezza del cuore. Nostra compagna la malinconia. Impossibile la semplicità.
Il mio unico problema di stare da sola è la compagnia. 🙂
La vera libertà sarebbe poter stare in compagnia quando si vuole e per proprio conto quando lo si desidera, ma pare che le cose non funzionino così,
Ennò, non funziona così Will 😀
le persone mica sono un elettrodomestico da accendere o da spegnere a piacimento o qualcosa da far apparire o far sparire dalla vista quando si ha/non si ha voglia di condividere e di compagnia….
Le persone non si possono usare, vero, quindi se si vive assieme bisogna accettare anche quello che non ci va, fino al limite della propria natura, del possibile. La libertà a cui penso dello stare assieme e dello star da soli non prescinde dagli obblighi che ci si è assunti l’un l’altro finché non vengono sciolti, chiunque frequenti un solitario sociale sa però di cosa parlo. È un tema importante quello che sollevi Ondina, sopratutto riguardo alla libertà, lo riprenderò. Buon inizio settimana
Io attendo, riguardo al tema della libertà, Will, non scappo. 😀
Buon proseguimento di settimana a teeeee 🙂
Ondina
Bell’argomento Willyco. La solitudine a volte è una necessità. La vita quotidiana ci costringe a rapporti che molto spesso non scegliamo completamente (penso al lavoro) e la possibilità di passare del tempo in solitudine è rigenerante. Diverso è quello che io definisco isolamento, generato dalla paura di stare ancora male o dal non riuscire ad accettare i propri bisogni perchè giudicati sbagliati. Ma in quel caso c’entra poco l’esterno. L’isolamento è la conseguenza del nostro auto isolarci da noi stessi. Buona serata Willyco,
E’ vero la vita sociale ci costringe a relazioni formali, molte di queste sono imposte, anche quando sono positive. Poi la solitudine è qualcosa che o si sceglie o la si subisce, naturalmente preferisco la prima anche se non è sempre semplice, e in essa ci può stare pure l’autoisolamento. Dipende da come siamo fatti e di cosa abbiamo bisogno. Io sono un solitario sociale, mi sento isolato quando non ho la possibilità di comunicare anche se ne ho voglia. E’ vero è un argomento denso quello della solitudine, soprattutto quando sconfina nella paura di non essere amati. Buona serata A Te 🙂