La timidezza allena e costringe ad una sensibilità maggiore. Poi nella vita s’impara a sopperire quello che l’istinto non regala e ciascuno ha i suoi piccoli schemi per mascherare il tratto timido che resta. Ma ci sarà un canale in più, sempre attivo, che valuterà parole, gesti, silenzi considerandoli specchio di chi li compie. Il timido, anche se mascherato, prende sempre sul serio la persona e ciò che gli viene detto e fatto. E pensa di capirlo oltre l’apparenza. Ad esempio, ci pensa anche in relazione al gesto educato, visto che il cripto timido tiene in gran conto l’educazione. Nel ringraziare sente, allenato dalla timidezza, il gesto dovuto, quello affettato, quello sentito. Naturalmente avverte ancor più l’assenza del gesto. Tra un gesto che è sinonimo di buona educazione, il rendere grazie per abitudine e un gesto sentito c’è una distanza che è coperta dal sentimento ed è questo ad essere avvertito. Se all’educazione viene unito il rapporto con l’altro, sparisce l’affettazione e il gesto dovuto, resta la percezione di un riconoscimento reciproco. E questo ha grande valore per chi ha frequentato la timidezza.
Tutto questo sentire è presunzione? Questa parola ha cattiva fama, anche se è il mezzo che nasce dal difendersi: si presume per prevenire. Allora usiamo un termine più in voga e positivo: intuizione. Quel canale in più che ha la timidezza è intuizione, ovvero anticipazione di ciò che è ancora latente. O ancor più, tentativo di comprensione profonda inerme. Avere qualcosa di positivo a disposizione per capire non esime dall’errore, diciamo che rende sensibili e attivi, e non è poco nell’età dell’indifferenza.