scipione

Ormai c’è questa abitudine di dare un nome non solo agli uragani, ma anche alle condizioni meteo particolari e pare che stiamo scivolando nelle mani di scipione, ossia un gigantesco risucchio di temperature dai deserti del nord Africa che arroventeranno l’Europa e l’Italia nei prossimi giorni. Una decina di gradi in più per questa pianura padana che già spara sul granoturco e le culture l’acqua che ha, ma che non sa prevedere o vedere ciò che l’attende per il futuro. Terra di fiumi, di temporali, di grandine e di sole cocente, con nevi e ghiaccio d’inverno, ora si chiede, la pianura, cosa accada che altera il suo succedere di stagioni e di cieli. Oggi era grigio, ma ieri e l’altro ieri non c’era una nuvola. Mi è tornata a mente una visita in Palestina di parecchi anni fa, quando la mattina mi alzavo e guardavo il cielo di un azzurro intenso, senza neppure una nube, le prime mattine ero contento, poi cominciavo a sentirmi a disagio e pur percorrendo da Gaza a Nablus il territorio, mi sembrava che oltre alla minaccia sospesa per aria ci fosse una angoscia lieve ed inespressa. Non c’era minaccia di pioggia, faceva caldo, ogni incontro era in ambienti in cui c’era aria condizionata.

Dovrei aggiungere che la presenza di armi, esercito, milizie un po’ ovunque accresceva l’idea che ci fosse una disgiunzione tra la natura e i monumenti, spesso bellissimi, il cielo, la pioggia, il verde, l’erba che non c’era e invece altrove cresce spontanea e s’ingrassa dei nutrimenti che stanno nell’acqua. Quello che capivo allora erano le anomalie dei “mari” interni che si svuotavano a vista d’occhio e quelli che addirittura sparivano. Dov’era il mare di Tiberiade, quello in cui pescava Pietro, se ormai era poco più che una depressione umida. Un ministro palestinese mi disse: la prossima guerra la faremo per l’acqua prima che per la terra. Ciò che capivo allora è la stessa sensazione che provo adesso quando vedo le secche del Po, le isole che emergono in mezzo al fiume, la sabbia che si lascia prendere dal mare che ormai risale per decine di chilometri la foce e insterilisce ciò che tocca perché il cuneo salino ha bisogno d’altri alberi e altro verde.

Guardo il cielo grigio che gronda umidità, ma non piove e aspetto scipione che farà lievitare il prezzo del pane, della verdura, della carne. Abbiamo chiuso gli occhi e comprato condizionatori, ci siamo chiusi in fortilizi che restano gabbie e non migliorano l’ambiente esterno. Se i soldi delle ristrutturazioni a fini energetici fossero finiti in nuovi bacini di raccolta per le acque di prima pioggia, se i livelli delle falde fossero stati tenuti come preziosi e non inquinati dai nostri rifiuti, allora anche scipione sarebbe più clemente, ma abito in una regione dove tre province e oltre un milione di persone si è bevuto con l’acqua del rubinetto gli PFAS prodotti da una azienda che oltre a inquinare con i propri scarti vendeva prodotti destinati a essere irrorati sulle culture agricole. Quindi doppio inquinamento, protrattosi anche oltre l’evidenza. Ora li abbiamo nel sangue un po’ di quei composti chimici, e quelli che abitano vicino al patrimonio UNESCO delle colline del prosecco avranno altri composti nel sangue, perché comunque il prodotto irrorato non verrà mai recuperato interamente prima di finire nel ciclo dell’acqua.

Perché dovremmo preoccuparci di scipione che fa il suo mestiere, ovvero riempie i vuoti lasciati dai nuovi cicli delle alte e basse pressioni. Non ci preoccupiamo, come non pensiamo alla Siberia in fiamme o al permafrost che si scioglie. Sono le persone potrebbero riprendere in mano il proprio destino e il ciclo del clima, quelli che non hanno difese né condizionatori, quelli a cui l’acqua manca già da ora ed è inquinata. In fondo tutto questo non vedere, girarsi altrove è sintomo che la cultura del presente sta vincendo sulla specie, che il signore del mondo esercita la signoria contro se stesso e ignora, vuole ignorare, che ogni azione ha una conseguenza, solo che un tempo c’era modo di riparare ora sembra tocchi ad altri e chi siano questi altri non riesco a pensarlo. Le mie sono considerazioni che tutti conosciamo, banali nel loro incedere sulla carta e le stesse parole sono insufficienti per dare una speranza, una via d’uscita che non sia radicale. Mi resta la sensazione che ciò che stiamo trasmettendo ai nostri figli contenga una colpa grave, che non c’eravamo e abbiamo visto quando tutto questo è accaduto, allora davanti alla domanda : ma tu cos’hai fatto, resteremo muti perché abbiamo solo assistito e rimosso, quando ancora il destino non era scritto.

4 pensieri su “scipione

  1. Dici bene che la cultura del presente sta vincendo sulla specie e che più che mettere qualche cerotto qui e là nessuno (“grandi” e piccoli) vuole veramente salvare questo pianeta. Sono ottimista per natura ma stavolta la vedo proprio dura.
    Bell’articolo, scritto veramente bene.

  2. Grazie per la tua lettura “purtroppo” condivido la tua difficoltà a vedere segnali adeguati che affrontino il tema.

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