Prima la brezza allunga l’ombra,
si scurisce il verde, e la terra bruna dipana e abbraccia le radici,
nel cortile un suono di ringhiera che vibra,
e una campana:
che strano, il suono ora è quiete.
E tra rumore di stoviglie, sera.
Nello sfaldarsi dei soffioni,
e nella fragranza che si spande dalle fresie,
si coglie l’ordinato crescere nel tumulto delle vite.
Una finestra sbatte,
una, due volte, prima d’una voce che rinchiuda,
ma gli uccelli sanno d’esser nuovi,
nell’ incessante volo tra le case,
e in un piccolo vaso lasciato in disparte,
la menta racconta, incurante e folta,
che non è solo la primavera,
sono gli occhi che apprendono il senso da indossare,
leggono la traccia della notte che c’accompagna nel saperci un poco,
noi, imperfetti, e nudi,
dinanzi all’immeritato senza nome della vita.