Posted on willyco.blog 31 ottobre 2015
… Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. … (P.P.Pasolini, Corriere della Sera, 14/11/1974
I chierici hanno sempre tradito. Non tutti, ma molti pur avendo capacità di discernere, intelligenza, strumenti per capire, collegare, esercitare la profezia logica che dice cosa accadrà a tutti, si sono astenuti. E si astengono, perché il potere corrente paga, mentre quello futuro è un cattivo pagatore. Gli intellettuali non esercitano la loro forza e lasciano che l’equivoco trionfi. Non è compito dell’intellettuale avere una verità assoluta, quello è lo spazio delle fedi, suo compito è insinuare il dubbio, far emergere la contraddizione, smascherare le verità apparenti, colpire il parlare vuoto, mostrare i fini celati. Insomma svelare il vero volto del potere. Invece viene scelto il conformismo di massa, il lisciare il pelo al potente di turno contro l’evidenza e l’intelligenza. La coerenza, non è un problema della politica, né del potere, è un problema di chi capisce, di chi non confonde intelligenza con furbizia, sostanza con affabulazione, disegno con improvvisazione. Chi ha questo potere ha una responsabilità e una scelta, deve non mentire a se stesso, nello scegliere la strada comoda con consapevolezza, come pure nell’alternativa di seguire la strada scomoda del rivelare, del dire. Insomma non relativizzare per giustificare la propria incoerenza.
Lo stesso compito ce l’ha chi si oppone al conformismo di massa. Chi sceglie di essere minoranza senza protezione, senza diritti particolari se non quello di poter dire liberamente. Mi si dirà: ma chi impedisce di dire, siamo in un sistema democratico dove tutti possono affermare la loro visione della realtà. Apparentemente nessuno impedisce, solo che il messaggio si distorce, non si veicola, non raggiunge i destinatari. L’informazione è parte del potere e il suo uso libero è uno dei problemi della democrazia. Non crescono le idee se l’informazione non da a tutti la stessa voce, pur consentendo di parlare. Una persona afona non eviterà mai che si cada nel precipizio. Un tempo ci si distingueva tra apocalittici e integrati. I secondi possono vantare il fatto che nessuna apocalisse globale è accaduta, nonostante le previsioni dei “gufi” di allora, ma se ci guardiamo attorno, pur senza apocalissi globali, molto è accaduto. Il fatto è che viene attesa una catastrofe immediata mentre quello che invece accade sono piccole deviazioni, frane delle regole condivise, dell’etica dei beni comuni, disfunzioni, e tutto viene inglobato, accettato come risolvibile dalla tecnica o da un demiurgo di turno. O da entrambe le cose.
Il potere si adatta e si riproduce usando ed essendo usato. Un libro di pochi anni fa, si chiede perché i potenti delinquono, la risposta è disarmante e piena di protervia, sostanzialmente mettono alla prova la loro impunità, il loro potere. Aggiungo che possono contare sul conformismo che consente loro di mutare il senso comune della morale pubblica. E si fanno beffe del potere di voto, perché lo piegano, lo incanalano verso soluzioni a loro conformi.
Davvero non è accaduto nulla in questo Paese, dalle stragi denunciate da Pasolini e dall’atto d’accusa verso il potere di allora? Davvero tutto era consequenziale e non modificabile, passando per tangentopoli e la rivelazione della corruzione diffusa? Il berlusconismo era necessario per mutare in meglio il Paese? Davvero non c’erano poteri occulti, mandanti? Mandanti è una parola che l’intellettuale ha il compito di nutrire di fatti e di nomi. E lo stesso compito ce l’ha chi è contro il potere e il modello di società che questo attua. Dire e non tacere. Dire sapendo che non si ha la verità, ma il dubbio e il dubbio è eversivo. Solo il potere vanta la realtà e la verità, ma non sono quelle dell’esperienza di ciascuno. Ebbene, in direzione ostinata e contraria, non è un vezzo, ma un dovere di chi vede, di chi sa, di chi può collegare le cose, dare sostanza ai fatti. Essere contro e intelligenti ha un prezzo, sempre. Sia che ci si conformi, sia che si decida di dire ciò che si vede davvero.
Non mi piace chi giudica, chi chiede conto, però vorrei poter rispondere così alla domanda: ma tu cosa hai fatto? dov’eri?
Posso dire di aver vissuto, con le contraddizioni, con gli abbagli, con le verità incomplete, ma non ho taciuto.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l’altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l’ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l’opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch’essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch’essi hanno deferito all’intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l’intellettuale viene meno a questo mandato – puramente morale e ideologico – ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell’opposizione, se hanno – come probabilmente hanno – prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono – a differenza di quanto farebbe un intellettuale – verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch’essi mettono al corrente di prove e indizi l’intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com’è del resto normale, data l’oggettiva situazione di fatto.
L’intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso – in questo particolare momento della storia italiana – di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l’intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che – quando può e come può – l’impotente intellettuale è tenuto a servire.
http://www.corriere.it/speciali/pasolini/ioso.html