Troppe parole contiene l’ira,
accenti e rossori inutili,
enfasi che si disperdono con tracce sanguinanti.
Troppe parole contiene il silenzio dell’ira,
che non si spegne e non acquieta:
dov’era tutto questo nero,
questa nube gravida che chiude l’intelletto?
Non basta l’ingiustizia,
e neppure il rifiuto basta a dare un senso,
alla bocca di belva che s’è aperta
ed ora ha sete d’una assoluta ragione,
senza compromessi
e tiene a testimoni i consenzienti.
Degli altri non importa né ragione,
o umana esistenza, seppur per molto o poco.
È questo il buio senza fine dell’ira,
o del calcolo in essa può essere dissimulato,
e tra l’iroso vero che poi s’acqueta e pente
o il furbo ipocrita che eccita
e nasconde il braccio e la parola,
preferisco il primo che se stesso usa e consuma
mentre l’altro manipola coscienze e verità.
Per questo esso sia d’umanità, anatema.