la grande bellezza

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Mi racconti di come la città sia scivolata dalla speranza alla disillusione, di come la bellezza si sia velata, nascosta in sé, retratta per sdegno. La spazzatura che si accumula, la metro che si ferma, gli autobus senz’aria condizionata e l’impressione di un’ anarchia da rotta che induce il pensiero dell’abbandono. Ma chi non può andarsene, chi è affezionato alla bellezza. Chi la sente come propria motivazione, compagnia, sorella del vivere, che può fare se non oscillare tra la protesta che arrossa il viso e sbotta nelle parole poco ragionate di chi subisce un torto e la rassegnazione che, al pari della bellezza, ritrae in sé, attende tempi migliori; in fondo contando sul fatto che l’evidenza abbia infine una ragione?

Ti confesso che, distante e quindi poco addentro alla meccanica dei ricatti che indubbiamente si sono instaurati generando impotenza, sarei propenso al decidere forte, uscendo dall’infingardaggine, magari per poi pentirsi, ma almeno aver fatto qualcosa per mutare ciò che sta attorno, e quindi sé. Un paio di mesi fa, a Napoli, capitale anch’essa derelitta e conservata solo nelle parti in cui la bellezza deve mostrarsi perché evidente, visitai al museo archeologico nazionale, le collezioni classiche dei Borboni, ad essi giunte o per scavi a Pompei ed Ercolano, oppure attraverso l’eredità dei Farnese, e di quella statuaria imponente mi restò l’impressione, assieme allo stupore per tanta bellezza creata, che solo un tempo si potè conservarne l’idea del goderne, del mostrarla, dell’indicare l’assenza di misura proprio portandola a cultura, a meraviglia. Ciò che serviva ai potenti per magnificare sé, serviva poi a tutti, per cui l’appartenenza ad una città, a un luogo, a una stirpe, generava rispetto e cura, mentre ora, che in piccolissimi interessi s’era dissolta l’idea d’ essere partecipi di un tutto, emergeva una sciatteria e un disprezzo del bene comune che alla fine generava il brutto. Non è forse questa una delle idee che abbiamo della bruttezza, veduta nell’incuria di sé, della propria immagine, della possibilità d’essere anche per altri e non solo per sé? Per questo, quando mi racconti delle tue giornate faticose, sento il limite di un Paese che non trova una via d’uscita alta, che non crea un orgoglio e una cultura adeguata al tempo, ma si perde nella furbizia e nel tornaconto. Neppure i potenti sanno essere tali e si valgono di mille piccoli interessi che non sanno dominare e sono da essi ricattati. Quindi non il diritto e il giusto, ma l’abuso, il privilegio e la furbizia elargite che poi si riversano su chi è più debole e non può difendersi.

Di questo ho tristezza, come della spazzatura che si accumula agli angoli e penso che noi tutti diventiamo rifiuto nel perdere dignità, nel non usare fermezza e mano dura contro i furbi che nel privilegio sguazzano. Si corrompe un’etica, se mai c’è stata, del bene comune e con essa, dal basso, si compiono tante piccole sopraffazioni. Questo non tollero e, seppur distante, ti capisco. E sento come un ferire noi tutti il continuo non affermarsi del diritto, ma dell’abuso. Io spero ci sia una via d’uscita, lo spero per tutti noi e non per quelle frasi fatte che dicono che il pesce puzza dalla testa, ma per la convinzione che senza uno scatto d’orgoglio smotteremo anche noi in una china dove l’essere stati sarà solo ricordo e tristezza per non aver saputo, voluto, potuto.

4 pensieri su “la grande bellezza

  1. C’ho messo un “mi piace”, Will,
    ma solo perché condivido con te lo sdegno, l’amarezza, la tristezza e l’indignazione per la trascuratezza delle _nostre_ ricchezze, della _nostra_ arte, delle _nostre_ bellezze che ci sono invidiate da tutto il mondo.
    E pure perché ben pochi si vogliono assumere responsabilità di decisione (anche se sono pagati saporitamente per farlo), ben pochi vogliono prendere posizioni anche scomode spesso, ma necessarie e vitali e perché tanti altri mancano di competenza.

    Invece sembrano andare avanti solo i furbi ….
    😦 😦

  2. L’etica del bene comune c’è stata, c’è stata.
    Ma ora non vedo che una tristissima corsa a razzolare le ultime macerie, ognuno per sé.

  3. Il bene comune e la sua cura è la differenza in questo mondo in cui sembra non ci sia più una destra e una sinistra. La cura del bene comune è di sinistra.

  4. Credo che la cura del bene comune, Will, sia di tutti quelli che condividono e sentono l’importanza dei valori positivi e inalienabili della persona e della dignità umana e che sono alla base della convivenza e della tutela di tutto ciò che è (o dovrebbe essere) condiviso da una collettività e dai cittadini in quanto membri di uno stato:
    libertà, rispetto delle persone, memoria, arte, cultura, storia e beni ….

    Aperta parentesi:
    In questi tempi “moderni” manca (o meglio è scomparsa) la cultura del senso civico; è quindi indispensabile un lavoro di miglioramento del senso civico in Italia, condividendo questo arduo compito tra famiglia e scuola.
    Chiusa parentesi.

    Per quel che mi riguarda ritengo che la cura del bene comune possa (e debba) essere trasversale e comune a qualsiasi ideologia o idea politica.
    Che poi lo sia è un’altro discorso… 😦

    Un sorriso e un augurio di una bella domenica Will
    ciao
    Ondina 🙂

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