i treni passano, è la voglia di viaggiare che conta

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Ci si chiederà come nascono queste riflessioni che sembrano non avere un contesto e che, molto spesso, sono pensieri conosciuti, cose che ognuno di noi pensa. Nascono dall’osservare, conversare, dai racconti di altre vite che mi inducono a ripensare alla mia e così diventano un esame delle mie scelte e contraddizioni. Dirlo in modo assertivo può dare una patente saputella che non c’è, non ci sono verità assolute, solo il riesame di ciò che davvero significa il tempo, ciò che è agire e ciò che invece essere agito. E quanta felicità questo mi genera o mi sottrae. In fondo la triade: tempo, possibilità, felicità la si trova ovunque nella vita e come al solito bisognerebbe chiedersi cos’è che apre e cos’è che chiude, per capire se la felicità può entrare o meno.
C’è una notizia buona e una meno buona. Quella meno buona ci dice che le occasioni (e quindi le scelte) per quel futuro, proprio quello, ci sono solo una volta. Quella buona ci dice che si presentano in continuazione. Non sono le stesse, magari si assomigliano, ma saranno altre, comunque nuove. Chi preferisce aspettare indefinitamente è un indeciso o un perfezionista, entrambi condannati all’insoddisfazione. Chi prende tutto quello che passa è un bulimico che non gusta più nulla e non discerne. Chi a volte prende e a volte se lascia scappare l’occasione, è normale. Ma tutti siamo sollecitati da questo miracolo dell’essere sorpresi. La scelta è tra un essere presi da qualcosa che è un futuro concreto (sia esso immediato, prossimo o lontano) e comunque possibile, oppure rifiutarlo. La scelta è sempre binaria, le scelte a mezzo sono piccoli rifiuti. Poi le cose non vanno come si pensa, deviano perché altre scelte vengono fatte, perché le sorprese non necessariamente saturano il desiderio, al più rispondono al bisogno, ma ciò che accade è qualcosa, anche quando è stato favorito, che è in sostanza inaspettato. Chi non è meravigliato dalla possibilità ha già scelto, e di fatto non ha creato nulla di nuovo per sé. E questa è un’altra parte della scelta, ovvero la novità, ciò che ci può cambiare. Si dice che i treni non passano due volte, se così fosse gli orari ferroviari sarebbero inutili, ci sarebbe qualche scontro inevitabile, anche se sarebbe interessante andare in stazione e prendere il primo treno che incontra il nostro favore o desiderio. E il desiderio d’essere altri e il bisogno di nuovo, di viaggio dentro e fuori di sé, in misura diversa sarebbero soddisfatti. Se guardiamo bene, nessuno davvero è in grado di vietarci questa esperienza che confiniamo nel sogno. Pensateci e scartate una per una le impossibilità trovando soluzioni, vedrete che non è impossibile. Ma questo ci riporta al fatto che se quel treno, quell’occasione, non passeranno più epperò altri ne passano, cosicché la vita può essere intesa come rimpianto di ciò che poteva accadere e non è successo oppure come possibilità che succeda qualcosa che ci muta perché corrisponde alla nostra scelta e quindi a noi. Se vado in un centro commerciale, le scelte mi stancano, sono sollecitazioni multiple a desideri poco strutturati, sollecito il desiderio che non avevo, attraverso un essere attraverso le cose o l’apparenza. Se parto da casa e acquisto ciò che già desidero, una soddisfazione intrinseca mi prende. Non sono stanco, sono contento perché ho già un possibile mio futuro in mano. Uscendo dalla banalità dell’esempio, ciò che penso è che in realtà è l’uso del mio tempo che in fondo è in gioco e quanto di questo tempo corrisponde a ciò che faccio e scelgo. La scelta, il prendere quel treno è un uso forte del mio tempo che diventa vissuto, non un tempo che mi è fatto vivere da altro che non sento mio. Poi anche il nuovo diventerà abitudine, comunque non è più tale se non ha la capacità di rinnovarsi, di ricrearsi, di essere vivo, insomma. Però se considero che io uso il mio tempo attraverso le mie scelte e lo determino e da esso mi lascio determinare perché si conforma a me, anche attraverso il contrasto a ciò che non mi piace, che non mi si confà, comunque lo vivo. E’ allora che mi accorgo che il tempo cronologico conta poco, che il mio tempo è ciò che scelgo, che le occasioni continueranno a presentarsi e che io potrò vederle e scegliere se esserci o meno. Ecco questo mi pare che sia davvero una meraviglia e che che nella sua gratuità, ci chieda unicamente di vivere approssimandoci a quello che davvero siamo, a coincidere e a godere di noi, del molto che abbiamo e riceviamo in continuazione.

7 pensieri su “i treni passano, è la voglia di viaggiare che conta

  1. Penso che la felicità sia parte di noi e che possa trovare una via di espressione in determinate circostanze. Penso ai bambini, che sono felici quando soddisfano elementari necessità ( il mangiare, il gioco, l’amore dei genitori). Noi “adulti” siamo uguali : abbiamo poche necessità che però tendiamo a voler complicare. In realtà penso che il treno sia ancora li, ad aspettarci, con la sua porticina spalancata e le poltrone comode per il lungo viaggio che ci spetta.
    Evviva i viaggiatori 🙂

  2. Di certo possediamo l’attitudine ad essere felici e, credo, molte felicità diverse che si possono attivare. La felicità nativa dei bambini possiede una qualità che dovremmo mantenere e cioè che essa non ha limite, che si può ripetere oltre che continuare, diciamo che i bambini possiedono la capacità di meravigliarsi e di sperare senza limiti.

  3. La possediamo anche noi, magari sepolta da detriti di esperienze e delusioni, ma c’è .

  4. Ciao Willy, c’è sempre profondità in ciò che scrivi. La meraviglia allegra o malinconica che si prova quando si vede un treno. Allegro al suo arrivo malinconico quando se ne va. La felicità è una vocazione che da senso a ogni cosa. Perderla è un pò morire.

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